Di Mara Mazzola 

Giuseppe Tarallo, già sindaco di Montecorice (SA), primo sindaco verde d’Italia, promotore del parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano di cui è stato anche presidente e commissario straordinario(giugno 2001-febbraio 2008), è da sempre impegnato in tematiche ambientali, civili e sociali. Come il caso della morte di Francesco Mastrogiovanni, il “maestro più alto del mondo”. Dopo la sua morte, avvenuta il 4 agosto scorso, presiede il comitato di cui fanno parte anche il cognato Vincenzo Serra -il fondatore- e l’editore Giuseppe Galzerano.

Gli abbiamo rivolto qualche domanda sul caso specifico e in materia di contenzione.

1- Lei è coinvolto in prima persona nel caso di Francesco Mastrogiovanni. Ci può dire che cosa è successo?

La morte di Franco, avvenuta il 4 agosto dell’anno scorso, rischiava di passare sotto silenzio, inosservata e senza risposte alle ineludibili domande che essa poneva, di fronte al silenzio ‘tombale’, davvero sconcertante, di enti e autorità agli interrogativi che articoli di stampa ponevano, mi sono sentito in dovere di rompere il silenzio omertoso e porre pubblicamente delle domande a chi, ancora oggi, non risponde.

Franco era passato qualche giorno prima dal ristorante dei miei figli senza trovarmi e lasciando, insieme ai saluti, la promessa di un suo ritorno. A me è mancata questa sua visita e ho sentito questo suo passaggio come una ‘chiamata’.

Dopo qualche giorno ho appreso dai giornali che era morto in ospedale: inizialmente era stata fatta passare come una morte ‘normale’. Ne avevo provato dolore e dispiacere e mi dolevo del fatto che non ero riuscito a vederlo. In seguito, articoli di Antonio Manzo de ‘Il Mattino’ mi hanno allarmato. Si denunciano la modalità della sua ‘cattura’ (peggio che per un camorrista la cui presenza invece è indisturbata) … e l’impiego di carabinieri, vigili urbani e perfino la capitaneria di porto.

Si comincia a parlare di contenzione e di morte per  edema polmonare. Rimaneva però ancora ignoto il motivo della cattura da TSO.

Vado poi ai suoi funerali, che erano stati rinviati a causa dell’autopsia, e a cui partecipa una marea di gente compresi i suoi piccoli alunni che portano disegni in onore e memoria del loro ‘maestro più alto del mondo’. Cerco di capire da un suo parente avvocato cosa fosse successo e quale fosse stato l’esito dell’autopsia e mi conferma: edema polmonare; e già subito lo invito a verificare il nesso tra edema e contenzione. Comincio anche a chiedere notizie sulle motivazioni e le modalità del TSO, ma ancora c’erano poche notizie in merito e faccio rilevare l’incompetenza territoriale del sindaco firmatario dell’ordinanza (Franco residente a Castelnuovo viene sottoposto a TSO dal sindaco di Pollica e il TSO viene eseguito in altro comune, quello di S. Mauro Cilento dove si svolge la vicenda della ‘cattura’ comprese le 2 visite mediche di cui ancora, in quel momento, si sapeva  poco o niente).

In più ero personalmente colpito dal fatto che la morte di Franco fosse avvenuta a ridosso della commemorazione di Falvella, nel cui omicidio Franco era stato coinvolto nel luglio 1972.

A me è sembrato sproporzionato che a far scattare il TSO (eseguito il 31 luglio ’09) sia stato un fatto e un comportamento tutt’al più contravvenzionabile e sanzionabile  secondo il codice della strada.

2) Di quali materiali lei dispone che sono collegati o collegabili alla vicenda di Mastrogiovanni?

I materiali di cui dispone il comitato sono il video, i verbali ufficiali di CC e VVUU, la cartella clinica e le testimonianze da noi raccolte. Sulla base dei verbali abbiamo presentato un dettagliato e circostanziato esposto sulla vicenda del TSO e sul mancato controllo della direzione sanitaria sull’operato del reparto psichiatrico, confermato da dichiarazioni vergognose e inaccettabili di dirigenti.

 3) C’è un disegno generale dietro questa vicenda?

Per ora abbiamo opinioni e sospetti ancora non suffragati da riscontri o prove. Certo è che secondo noi c’è stato prima un uso illegittimo e improprio del TSO anche per le modalità e i tempi. Inoltre sia prima durante la cattura che il ricovero in ospedale c’è stato un accanimento che esige risposte e spiegazioni senza le quali non si capiscono le ragioni di quanto accaduto.

Se passassero certe proposte di legge, una in particolare, temo che quello che è accaduto a Mastrogiovanni possa diventare ordinario.

4) Come cittadini, malati cosa possiamo fare perché non si ripetano casi del genere? A chi rivolgersi?

Spesso i cittadini si accorgono, purtroppo, e intervengono a cose fatte. Sono utili quelle forme organizzative e di aiuto sul territorio a cui  un ‘malato’ può rivolgersi x richiederne l’intervento e il supporto, anche giuridico se occorre, per liberarlo da pratiche e meccanismi perversi di una psichiatria sempre più dipendente da indirizzi sovranazionali delle case produttrici di psicofarmaci o da una funzione di controllo sociale che gli assegna una società che si pretende ‘normale’ e pretende  di ‘normalizzare’.

Peggio ancora quando è lo stesso Stato, e questo è un rischio molto attuale, che ai suoi vari livelli, vuole e richiede una società efficiente, omologata e obbediente.

Oggi il rischio concreto è che ci sia uno Stato, o meglio un  governo, che vuole una psichiatria asservita e una psichiatria obbediente e vocata a una funzione custodialistica.

5) Quale funzione ha la politica?

La funzione è quella di non considerare mai la psichiatria come instrumentum regni e di controllo sociale, ai vari livelli, dal locale al nazionale. Serve una politica che sa accettare diversità e conflitti e che non consideri le manifestazioni e i malesseri sociali e psichici come malattia, ma come disagio da curare non con la sedazione sia farmacologica sia fisica, ma con la ‘cura’ della/e persona/e all’interno di relazioni umane e sociali positive. La politica e le istituzioni hanno il compito di apprestare servizi di cura e assistenza psicologica volti all’integrazione e non alla esclusione-reclusione unitamente al mondo associativo e volontario che si muove in questo ambito e in questa direzione.

6) Le responsabilità vanno ricercate in una psichiatria che non riesce a rinunciare alla sua funzione custodialistica repressiva? Alle cattivhe pratiche? Alle colpe degli operatori?

Una società, uno Stato e istituzioni con apparati impregnati di culture e pratiche intolleranti, e perciò spesso intollerabili, favoriscono e tollerano una psichiatria custodialistica e repressiva e le sue pratiche aberranti e spesso mortali.

Il caso Mastrogiovanni dimostra che in questi reparti si instaura una cultura e una pratica repressiva e omicida che contagia tutti gli operatori: tutti accettano ed eseguono senza capacità di autonomia e di critica personale. Anche il giudice del riesame di Salerno non ha ‘scusato’ né accettato la giustificazione degli stessi infermieri che invocavano il solito dovere di ‘eseguire gli ordini’, ricordando invece che in capo a loro e alla loro professione c’è il diritto e il dovere di ribellarsi a ordini illeciti segnalandoli e denunciandoli.

Ogni singolo operatore deve sentire questa responsabilità altrimenti si rischia di cadere nella logica e nella pratica propria dei lager nazisti e totalitari.

7) La storia del “maestro più alto del mondo” può essere considerata un esempio di repressione psichiatrica come controllo sociale e discriminazione?

Il caso del “maestro più alto del mondo” è sicuramente un esempio di ciò ma, a mio parere, rischia di prefigurare ciò che potrà ordinariamente accadere a ciascuno di noi in caso passino proposte raccapriccianti e preoccupanti di modifica della legge 180.

8) Secondo lei come si potrebbe rompere lo stigma che continua a persistere nei confronti delle persone con disturbo mentale?

Fino a quando si considera il disturbo mentale come malattia, minorazione psichica e pericolo sociale sarà difficile, soprattutto quando cresce l’intolleranza e la paura (sia pure solo percepita) per tutti i diversi considerati sia inferiori che, di conseguenza, pericolosi.

Deve crescere quindi la cultura e la pratica della convivenza e della integrazione basate sul rispetto delle differenze e il dialogo.

10) Quali sono le responsabilità del contesto culturale? Come è possibile che accada una cosa del genere nel nostro paese?

La cultura del dialogo è stata da tempo sostituita dall’intolleranza e dallo spirito di confrontation. La nostra società è pervasa dai miti dell’efficientismo, del successo individuale e della ricchezza, del profitto, dell’utile – e ciò che è non è utile non serve, è da scartare. Come meravigliarsi se anche le persone, gli individui che non rispondono a questi requisiti siano poi considerati e trattati come inferiori e scarti umani.

11) In questi ultimi mesi la politica sta mettendo in discussione la Legge 180. Cosa ne pensa? È davvero necessaria una sua revisione?

Ogni legge può risentire del tempo e richiedere di essere rivista. Ma rivista come? A mio parere andrebbe rivista nella direzione auspicata dallo stesso Basaglia che all’epoca l’accettò come un utile compromesso. E oggi ci sono esperienze e pratiche diffuse nel nostro paese che possono consentire di rivedere  punti critici nella direzione giusta. Ma oggi, leggendo per esempio la proposta di legge dell’on Carlo Ciccioli che mira a stabilire “DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ASSISTENZA PSICHIATRICA”,  c’è da accapponarsi la pelle.

Siamo in uno Stato in cui la psichiatria svolge la funzione tipica dei sistemi totalitari. Lo stesso governo che mira a stravolgere la Costituzione mira in questo caso a costruirsi uno strumento di controllo sociale, culturale e politico formidabile degno di un regime che si fa bene a temere. In un momento in cui le carceri scoppiano ci si inventa un modo più spiccio e semplice di risolvere problemi  di ordine sociale, etnico o di disagio. Attualmente non c’è più spazio nelle carceri per i reati della Bossi-Fini (immigrati), della Giovanardi (drogati) o ex Cirielli (recidivi ladri di polli) e allora riapriamo i manicomi diversamente denominati, pubblici e perfino privati, in cui (de)portare questi soggetti senza la complicazione delle garanzie processuali. TSO e TSOP senza limiti che si ripetono di fatto in automatico e, se volontario, il ricovero diventa un contratto … a vita. Io spero che ci sia la forza e la capacità di tenere lontani questi rischi mortali per la nostra convivenza e la nostra democrazia.

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