morgendi Federico Scarpa

Durante i quattro incontri il Gruppo Recovery ha presentato gli otto punti della “Carta dei Servizi Orientati alla Guarigione”. Lungi dal voler essere un documento scientifico e definitivo, la Carta rappresenta uno spunto di riflessione certamente valido per valutare quanto un servizio sta facendo per guidare le persone e la popolazione verso una migliore salute mentale.

Gli otto punti della Carta discussi nei Centri di Salute Mentale di Trieste sono riassumibili in “servizi centrati sulla persona”, l’importanza degli spazi, lo stigma e l’oppressione interiore, il supporto alla pari. Altri punti sono “i farmaci”, l’“inserimento lavorativo e l’inclusione sociale”, rete sociale e persone significative e, per concludere, “la formazione per tutti”. A questi otto argomenti va aggiunta l’importanza dell’associazionismo, dell’advocacy e dei comitati etici.

Dire che un punto è più importante di un altro in un processo di guarigione/recovery sarebbe una grande bugia. Un servizio che non considera l’individuo e le sue esigenze, un servizio che non è in grado di progettare percorsi terapeutici sulla base della soggettività della persona non è un servizio efficiente. Un servizio efficiente ma che ospita le persone in spazi indecorosi non sarà mai in grado di fornire risposte adeguate. Allo stesso modo, fino a quando le persone verranno etichettate sulla base di pregiudizi, le loro possibilità di risolvere i problemi saranno fortemente menomate. Le persone hanno bisogno e il diritto di avere speranza. Ecco che il supporto alla pari diventa così uno strumento essenziale. Persone che sono riuscite a risolvere i loro problemi e che conoscono la sofferenza del disagio mentale possono essere di grande aiuto per coloro che stanno ancora attraversando la sofferenza della malattia. Il farmaco, che è stato un argomento molto controverso, è anch’esso uno strumento necessario, ma non si può pensare che sia la panacea.

Il lavoro è importantissimo per restituire non solo un ruolo sociale alla persona o un guadagno che è l’unico strumento di sopravvivenza in questa società. Il lavoro è sentirsi parte di un progetto e di un processo produttivo, è essere attivi, potersi esprimere. La rete sociale, è stato detto, siamo noi. Una persona in crisi, quando viene in contatto con un Centro, si presenta con la rete sociale completamente sfaldata. Ecco che diventa necessario per la persona avere a disposizione degli strumenti per ricostruirsi una rete. E’ a questo punto che il ruolo dell’associazionismo diventa fondamentale. Non si può immaginare che una persona possa emanciparsi frequentando unicamente un Centro di Salute Mentale, come non si può immaginare che una persona, dopo una crisi, abbia gli stessi ritmi della cosiddetta normalità. Associazioni frequentate da persone sensibili alle tematiche della salute mentale hanno anch’esse un ruolo di vitale importanza nei percorsi di salute. La possibilità di fare sport, musica, scrivere, viaggiare, rimettere i pedi nel mondo è assolutamente necessaria.

Altrettanto importante è la formazione. Sarebbe di grande aiuto la possibilità per le persone che hanno problemi di salute mentale poter partecipare a corsi di formazione per meglio capire il contesto in cui si trovano, per meglio capire cosa possono fare per superare le difficoltà e per poi essere in grado di trasferire le loro conoscenze derivate dall’esperienza a persone che si trovano ancora a dover affrontare problemi importanti. Utile sarebbe anche per gli operatori ascoltare la testimonianza di chi ha superato i problemi: potrebbe aiutarli a vedere possibili scenari che altrimenti non avrebbero avuto modo di vedere.

Da questa analisi deriva il fatto che c’è una profonda interconnessione tra tutti i punti della Carta. Tutti i punti sono importanti in diverse fasi del processo terapeutico, ognuno di questi punti, se realizzato pienamente, potrebbe rappresentare un momento di svolta nella ripresa e, perché no, nella guarigione. Siamo consapevoli che la parola “guarigione” non dovrebbe essere spesa per generare facili illusioni ma, come già detto in apertura, crediamo che tale parola non debba essere un tabù. Pensiamo che debba invece essere uno stimolo a fare di più, fare meglio, impegnarci tutti (chi cura e chi è in cura) a lavorare assiduamente per raggiungere, obiettivo dopo obiettivo, uno standard di vita dignitoso.

Questo mondo è in crisi, sempre più persone assumono psicofarmaci che vengono prescritti non solo dai servizi di salute mentale, ma anche dai medici di base. Viviamo un’epoca di forte disagio materiale e psicologico. Non sta a noi analizzare quali sono le cause che ci hanno portato in questa situazione, certo è che se non faremo tutti uno sforzo per crescere e migliorare anziché semplicemente tirare a campare, la società tutta si accartoccerà su se stessa e si trascinerà via anche quanto di buono è stato fatto nell’ambito della salute mentale. Ecco che crediamo che sia utile rilanciare e ridare dignità alla speranza, senza semplificazioni, non senza mettere in chiaro che i problemi si possono sì risolvere ma che saranno necessarie volontà e determinazione. Sarà anche essenziale la consapevolezza che, assieme ai medici e agli operatori, siamo in lotta con la nostra malattia e che non vinceremo senza fatica o senza l’umiltà di essere sempre pronti a metterci in discussione in nome del benessere nostro e delle persone che ci stanno intorno.

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