(ph by Nicola Vicini ©)
(ph by Nicola Vicini ©)

di Peppe Dell’Acqua.

L’incontro di Trieste di fine mese (vedi), segnerà una data storica: la fine del manicomio criminale in Italia, l’ultima istituzione totale psichiatrica. Chiude un ciclo di lotte e di impegno. La grande nave sta affondando ma già da tempo navigli, flottiglie, imbarcazioni pirata si profilano all’orizzonte.

Mi propongo a partire da oggi di pubblicare articoli minimi con il fine dichiarato di tentare di ri-attivare interesse all’interno di tutta quella comunità di persone che siamo e che in un modo o nell’altro si muovono intorno alla “questione psichiatrica”, nel contrasto alle persistenti istituzioni totali (e sempre rinascenti, i navigli all’orizzonte), per ampliare margini di libertà e diritti, per promuovere emancipazione e possibilità. Non vi nego che ora più che mai a fronte di iniziative culturali e politiche di associazioni, di gruppi di cittadini, di tante persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale, che pure accadono, faccio fatica a sentire un luogo di riconosciuta convergenza. La sorprendente fine, a 140 anni dalla nascita, del manicomio criminale restituisce forza e fiducia ai movimenti per il cambiamento.

Malgrado le temperie governative, sicuramente scoraggianti, credo sia venuto il tempo, di affrontare la questione delle politiche per la salute mentale, e delle culture, e delle organizzazioni, e delle risorse. La legge 81 e la fine, degli Ospedali psichiatrici giudiziari è certamente un successo per tutti noi e, una volta di più, la conferma che i DSM con i loro (tanti e bravissimi) operatori, convenientemente motivati, possono affrontare queste e altre sfide. Vedere l’ultimo internato lasciare l’istituto dimostra che bene o male esiste un sistema di salute mentale di comunità; e che ancora e molto si dovrà investire per vedere realizzati nelle pratiche cambiamenti ulteriori, e urgenti. Malgrado debolezze, distorsioni e miserie umane e operative.

La chiusura di un cinquantennio di impegno antistituzionale vede ora un primo grande traguardo; nuovi e difficilissimi obblighi ci attendono. Le discussioni e le contrapposizioni sulla questione OPG, malattia mentale/incapacità/ pericolosità, servizi, politiche, organizzazioni hanno disvelato le posizioni e le argomentazioni delle psichiatrie correnti, e prepotenti, che, seppure note, mai erano apparse con tanta evidenza. Da queste discussioni tuttavia, si è aperto anche un canale, spero utile, di confronto reale. Chi sa, vedremo.

Le cose della salute mentale nel nostro paese vivono momenti difficili e, benché siano evidenti le buone leggi, gli impensabili mutamenti istituzionali, le culture critiche, le isolate buone pratiche e il generoso impegno di tanti operatori e cittadini, il rischio della prepotente occupazione del terreno da parte delle psichiatrie del cervello, dei farmaci, delle pericolosità, delle contenzioni è, quanto mai prima d’ora, una presenza inquietante. Ma è soprattutto l’assenza di un confronto partecipato all’interno della nostra comunità che mi inquieta ancora di più. La mancanza di un pensiero critico che aiuti a orientarci, a collocarci, ad affermare fuori dai luoghi comuni, il senso e la ragione di una scelta di campo.

Avverto nel presente la distruzione e la perdita di risorse vitali e di grande potenzialità trasformativa: i giovani, per esempio, che si avvicinano curiosi, entusiasti e umanamente coinvolti, rischiano di entrare in luoghi vuoti e insensati, di dover accettare come trattamento “scientifico”, e perciò indiscutibile, la contenzione, le porte chiuse, le telecamere, le prescrizioni eroiche di psicofarmaci, gli abbandoni.

Devono imparare prima di tutto a tenersi distanti!

Non intravedo movimenti, associazioni, politiche capaci di avviare una svolta, verrebbe da dire una scossa, uno shock, ribadire una scelta di campo. Lo stesso forum per la salute mentale, così com’è, mostra tutta la sua difficoltà. Una scelta di campo urgente per chiamare a raccolta, per esserci finalmente, per la terza rivoluzione! Come ci invita a fare il nostro giovane amico Eugenio Borgna.

Ma è evidente che dovremmo su questo essere capaci di chiamare a un raduno, a un congresso, a un’assemblea, a un non so cosa .. e aprire a convergenze, a comuni solidarietà, a possibili organizzazioni…e non tacere più la nostra indignazione! Questi articoli minimi (e disordinati) voglio credere che ci aiutino a pensare, a lavorare e a sognare insieme.

(Tutti quelli che vorranno possono scrivere per pubblicare riflessioni, analisi, proposte al sito del forum salute mentale.)

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