openarmsDi Luigi Benevelli

Mantova, 17 agosto 2019

Nella triste, lunga vicenda della nave Open Arms, bloccata da giorni al largo del porto di Lampedusa, è apparso un nuovo inedito protagonista: il dottor Francesco Cascio, medico responsabile del Poliambulatorio dell’isola. I mezzi di informazione hanno riportato che egli avrebbe dichiarato che delle tredici persone sbarcate perché bisognose di urgenti cure, almeno secondo i medici del Sovrano Ordine di Malta che le avevano visitate sulla barca, una sola avrebbe avuto bisogno di trattamenti sanitari perché affetta da otite; gli altri dodici sarebbero stati bene. Il nostro valoroso Ministro dell’Interno ha subito commentato il referto del dottor Cascio come prova dell’attitudine degli operatori delle organizzazioni umanitarie a sparare bufale senza fondamento.

Io non sono a Lampedusa e non posso incontrare i migranti in questione. Però ritengo lecito e corretto chiedermi: cosa ha cercato il dottor Cascio nei corpi dei migranti?

Osservo che il dottor Cascio ha declinato il concetto di malattia secondo rigidi, esclusivi criteri anatomici e biologici. Almeno così a me pare. Se è così, allora egli ha ignorato del tutto la dimensione della sofferenza psicologica e della compromissione della salute mentale, presumibilmente assai elevate, in persone, specie minori di età, che vivono da tempo grandi disagi e pessime condizioni della vita quotidiana.

Sappiamo che la salute mentale è parte integrante della salute e del benessere, come si evince dalla definizione di salute che si trova nella Costituzione Italiana e nella Carta fondativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità.

Non c’è salute senza salute mentale.

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