cover_dopo-venuti-a-triesteDopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970 (2015, pp. 240, illustrato, €16, Edizioni Alphabeta Verlag di Merano) è un libro scritto da Gloria Nemec, docente e ricercatrice di Storia sociale che ha affrontato in svariate pubblicazioni i processi collettivi che interessarono le popolazioni della zona alto-adriatica e i relativi lasciti di memoria. Il volume è corredato dalle due presentazioni di Peppe Dell’Acqua, direttore della Collana 180 – Archivio critico della salute mentale, e di Livio Dorigo, Presidente del Circolo di cultura istro-veneta ISTRIA, insieme al quale questo libro è stato realizzato.

Il lavoro di Gloria Nemec ha il merito di analizzare per la prima volta le fonti medico psichiatriche e mira a integrare il quadro dell’accoglienza cittadina, soprattutto nei confronti di coloro che fecero più fatica a riassorbire i cambiamenti, a superare le fratture della loro storia e le minacce alla loro identità. «In questo lavoro riconosco» – sottolinea Peppe Dell’Acqua, già direttore dell’ex OPP di Trieste – «una possibilità di conoscenza di storie singolari già incontrate in manicomio che qui trovano una collocazione in un respiro molto più ampio».

Trieste fu uno dei luoghi più investiti dagli spostamenti di popolazione che ridefinirono il quadro demografico europeo all’indomani della seconda guerra mondiale. La città fu attraversata e accolse migliaia – i numeri parlano di circa 300.000 persone tra la fine degli anni ‘40 e ‘60 – di soggetti diversamente spaesati e traumatizzati. In essa si addensarono esperienze di lutti, dispersioni e perdite multiple: delle persone, delle patrie, dei beni, delle passate identità collettive. Un percorso particolare vedeva il manicomio come possibile ed estremo approdo di questi esuli.

Mondi assai lontani come quelli della psichiatria asilare e dei giuliano-dalmati inurbati si incontrarono all’interno di un grande manicomio di confine: da un lato i fragili statuti epistemologici e i forti poteri della psichiatria, dall’altro l’arcipelago delle provenienze e delle variabili che indussero un’intera componente nazionale a spostarsi. Si scopre, e non è una novità, che di fronte al fallimento, allo spaesamento estremo, al dolore più insuperabile dell’abbandono, la risposta medico-psichiatrica sembra chiudere a ogni contraddizione. Le persone – uomini, donne, giovani e meno giovani – entrano in manicomio e una diagnosi psichiatrica finisce per cancellare la singolarità di quell’esperienza e di quelle differenti provenienze. Le storie, che di capitolo in capitolo emergono dagli archivi e dalle cartelle cliniche, restituiscono il drammatico passaggio da un prima da raccontare – una storia, una famiglia, una terra rossa, una barca – a un dopo ridotto, semplificato e racchiuso in una diagnosi.

Intercettare i transiti di una delle parti più diseredate del proletariato cittadino, nel contesto dell’abnorme crescita post-bellica dell’Ospedale psichiatrico provinciale, significa porsi il problema di come poté stabilirsi la relazione tra le grandi e violente crisi sociali e le condizioni storiche che favorirono l’internamento psichiatrico. Si capisce allora che quando si è di fronte ai grandi traumi sociali l’Istituzione diventa spesso un punto di approdo. Il grande trauma sociale non necessariamente va inteso come causa della malattia, ma certamente è causa dell’Istituzionalizzazione, che è quella che definisce la malattia.

Da sottolineare, infine, che la ricerca svolge un lavoro di approfondimento sui sistemi istituzionali di accoglienza di una quantità numerosissima di esuli che rischiavano di stravolgere gli assetti statici della Trieste dell’epoca. Il Governo Militare Alleato, prima, il Comune e la Provincia, a seguire, devono affrontare i problemi dei dormitori, degli alloggi, del lavoro, dell’educazione, delle scuole. Un’impresa colossale per i tempi con la costruzione di un welfare mai sperimentato prima. Anche l’aspetto sanitario mette a dura prova istituzioni, ospedali e in generale i luoghi di assistenza: bisogna pensare a forma nuove di sanità pubblica, a strategie di prevenzione e a come affrontare le malattie che minacciavano la popolazione. Il tema, riletto oggi, rileva tutta la sua drammatica attualità.

A disposizione del lettore anche una cronologia dell’esodo che ricostruisce in modo chiaro e dettagliato le date e i passaggi fondamentali di quegli accadimenti.

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