ronaldreagan-e1481161333952-800x508La chiusura dei manicomi

Di Allegra Carboni

Ronald Reagan, Governatore della California, viene messo al corrente della pesante condizione degli ospedali psichiatrici, da un lato come lesione del diritto, dall’altro come un investimento a fondo perduto, perché si tratta di luoghi in cui si consumano inutilmente risorse. Reagan è in effetti il primo a chiudere veramente gli ospedali psichiatrici, ma lo fa senza avere in testa nessun progetto: con la firma sul Lanterman-Petris-Short Act (LPS) riversa nelle strade decine di migliaia di persone provenienti dai grandi manicomi. Non sa nulla e non gli interessa sapere nulla di salute mentale, ma è convinto che l’ingente giro di denaro che ci sta dietro si può certamente risparmiare. Attua una deospedalizzazione, ovvero la chiusura degli ospedali psichiatrici, ben diversa dalla deistituzionalizzazione pensata a Trieste, un processo di cambiamento radicale incentrato sulla restituzione di tutte le possibilità e di tutte le risorse rimaste intrappolate dentro le istituzioni totali. Insomma, Reagan chiude i manicomi per motivi prettamente economici. Il fatto che i matti non stiano più nei manicomi ma per strada porta molti di loro in prigione: il carcere della contea di Los Angeles si trasforma così in un enorme centro di salute mentale, mentre si forma e diventa popolosa la categoria dei senzatetto. Le semplici ma buone intenzioni di Jimmy Carter, inquilino della Casa Bianca dal 1977 al 1981, furono tradotte in una legge sulla salute mentale che faceva ben sperare per il futuro, ma vennero spazzate via dallo stesso Reagan dopo la vittoria su Carter per la presidenza.

Nell’immagine: Ronald Reagan (Library of Congress)

[continua]

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