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[Illustration by Skye Ali]

Editoriale del Forum Salute Mentale

Notizie di cattive pratiche, anzi cattivissime, ci vengono comunicate quasi settimanalmente, e molto più di frequente di quanto si immagini. Più spesso decidiamo di non parlarne, soltanto perché siamo ormai scoraggiati. Questi eventi, così disumani, dal legare al tormentare, dal soggiogare al seviziare, da trattamenti farmacologici che annientano a interminabili e inutili “percorsi psicoterapeutici”, sembra che ormai si perdano nell’indifferenza dei più. I venti Sistemi sanitari regionali e le più disparate e stupide pratiche psichiatriche che in tutte le regioni, un po’ qui un po’ là, si realizzano, non aprono ripensamenti. Le Amministrazioni regionali, i Direttori dei Dipartimenti di salute mentale, le cooperative sociali, indagati dalla Magistratura, si attivano solo per nascondere le prove, trovare buoni avvocati e aspettare che tutto finisca, al riparo di politiche sanitarie e di salute mentale che ormai hanno perduto ogni capacità di incidere e di cambiare. I fatti sono sempre gli stessi: fragili dispositivi di servizi pubblici, mantenuti in piedi soprattutto con la fatica e talvolta la passione di tanti operatori, costretti al fallimento e alla miseria, aprono la strada alla presenza prepotente del privato sociale o mercantile. Il più delle volte le differenze si sono ridotte al minimo. Quantitativi davvero cospicui di denaro passano di anno in anno dai bilanci regionali ai privati che vendono prestazioni, sempre le stesse. Un posto letto e poco altro, senza che sia possibile immaginare una progettazione diversa, un impulso alla rete dei servizi territoriali. Non possiamo dimenticare qui il lavoro prezioso e spesso innovativo di un privato sociale che resiste e non possiamo non vedere che accadono sempre le stesse cose. Sono notizie delle scorse delle settimane: un Direttore di Dipartimento dell’Azienda casertana è stato arrestato per peculato, avendo illecitamente appoggiato una cooperativa sociale per la gestione di residenze; il Direttore di Dipartimento della Asl di Pescara si è ucciso nel carcere di Vasto perché indagato per gli stessi motivi. Sempre soldi, tanti, che vanno al privato per mantenere in prigioni senza tempo centinaia e centinaia di persone con disturbo mentale. Accadono sempre le stesse cose: sono almeno tre anni che abbiamo tenuto un registro di tutte le incursioni e le indagini di Carabinieri e Guardia di Finanza in cosiddette “comunità terapeutiche”, come si definiscono negli appalti. Appalti che di fatto accolgono i fallimenti dei fragili e miseri servizi territoriali e delle tante persone, uomini e donne, giovani e meno giovani ormai “cronici gravi”, “autistici non più curabili”. Quanto accaduto in Lombardia non ci meraviglia, e in quella regione ce ne sono altre di situazioni simili, che se non indagate è soltanto perché qualcuno non trova una buona ragione per denunciare. Dove queste costose residenze sono più numerose, più fragili sono i dispositivi di salute mentale territoriale, e più frequentemente le persone rischiano di essere legate nel pubblico per poi passare a essere legate nel privato. O rischiano, dopo reiterate e inascoltate richieste di aiuto, di finire in carcere e nella lista d’attesa, come si dice, di una Rems. Crediamo che la frammentazione e le cattive pratiche siano diffuse ovunque, e faremo ormai molta fatica a rimontare. Se mai volessimo cominciare a provare. E adesso leggete la cronaca.

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Di Sara Giudici

[articolo uscito su Il Saronno il 13 aprile 2021]

Dalle prime ore della mattinata di oggi i carabinieri della compagnia di Busto Arsizio, con il supporto dei comandi territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal gip del tribunale di Milano, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 7 persone (2 agli arresti domiciliari, 2 all’obbligo di dimora e 3 sospensioni temporanee dell’attività di educatore di comunità e di ausiliare socio-assistenziale per 6 mesi), tutti gestori e operatori di una residenza per disabili di Cesate, ritenuti gravemente indiziati, in concorso fra loro, del reato di maltrattamenti aggravati continuati e, solo per sei di loro, anche del reato di esercizio abusivo di una professione.

Le indagini, che si sono avvalse anche di intercettazioni telefoniche e audio video ambientali, avviate agli inizi del mese di febbraio dalla stazione dei carabinieri di Castellanza a seguito di denuncia presentata da una operatrice socio sanitaria assunta a tempo determinato dall’onlus, hanno permesso di documentare che gli indagati, con responsabilità diversificate che vanno dall’anno 2017 ad oggi, hanno più volte maltrattato nove ospiti adulti affetti da disabilità psichiatriche accertate, sottoponendoli a quotidiane vessazioni e violenze, consistenti in ripetute offese, grida, percosse e strattonamenti, lanci di oggetti e acqua fredda, mancata somministrazione di pasti, nonché sottoponendoli a plurime punizioni fisiche e psicologiche fino a schernirli per i loro handicap, nonché impiegandoli in mansioni non loro spettanti come l’esecuzione di operazioni di igienizzazione dei locali (al riguardo è stata accertata l’assenza di stipula di un formale contratto con ditte del settore per le pulizie dei locali di pertinenza della residenza).

Non solo. Senza le previste abilitazioni professionali sono accusati di aver somministrato agli ospiti della comunità farmaci che, seppur oggetto della prescritta terapia sanitaria, sono stati, in talune occasioni, arbitrariamente modificati.

In particolare, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, con frequenza, se non eseguivano in maniera corretta gli ordini impartiti, le vittime venivano punite con pratiche ritenute “educative”: se non mangiavano in postura composta venivano obbligati a rimanere seduti con la schiena in posizione eretta, utilizzando un bastone inserito nella cintura e vincolato alla testa tramite une fascia, nonostante lamentassero dolore fisico; se al mattino gli ospiti della struttura non si alzavano dal letto con prontezza, veniva gettata loro addosso acqua fredda per svegliarli e venivano lasciati con gli indumenti indosso bagnati per ore; inoltre erano costretti a sostituire il pranzo con la colazione o a saltare completamente i pasti, rimanendo seduti a tavola ad osservare gli altri mentre mangiavano.

I carabinieri, con l’ausilio dell’Ats di Legnano, hanno anche provveduto a ricollocare tutte le vittime in una struttura idonea, ove riceveranno adeguata assistenza e le cure del caso.

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