muroDi Gabriele Di Luca

Matteo Tenni (44 anni) è morto il pomeriggio del 9 aprile, poco dopo le 18, a Pilcante di Ala (TN). L’uomo, già noto alle forze dell’ordine, in base ad una prima ricostruzione, non si era fermato all’alt di una pattuglia dei Carabinieri. I militi lo hanno quindi inseguito fino alla sua abitazione. Tenni – già conosciuto dalle forze dell’ordine – è entrato nel garage e ha preso un’accetta che ha rivolto contro l’auto dei suoi inseguitori, tentando di aggredirli. Accanendosi contro il vetro della macchina – così la ricostruzione dei Carabinieri –,Tenni avrebbe ferito uno dei due militari. Una volta fuori dalla macchina, uno dei due avrebbe quindi impugnato la pistola d’ordinanza dalla quale è partito un colpo che ha ferito l’uomo a una gamba, recidendo l’arteria femorale e provocando un’emorragia letale. La Procura della Repubblica ha aperto un’indagine per omicidio preterintenzionale a carico del carabiniere che ha sparato.

Ma chi era Matteo Tenni? Un articolo del quotidiano L’Adige ne ricostruisce così il profilo: «Fino ai vent’anni fa la vita di tanti ragazzi, fra studio, musica e sport. Poi, la malattia mentale. Però non si cura, rifiuta di essere seguito da uno psichiatra, e soprattutto rifiuta ogni farmaco. Così, a detta di quanti hanno vissuto vicino alla famiglia. Da quel momento in poi, la sua vita si rivolge per lo più all’interno della grande casa di famiglia. A poco a poco perde i contatti con l’esterno. Nessuno tra i vicini sa di un suo lavoro o comunque di qualche attività. Matteo Tenni si isola sempre più. La faccia sorridente diventa sempre più seria, il fisico slanciato si appesantisce. Ultimamente si interessava delle varie teorie complottistiche.»

La testimonianza della madre – la quale ha peraltro assistito impotente alla morte del figlio – contraddice in parte questa ricostruzione: «Matteo era malato. Aveva una patologia psichiatrica — conferma la madre, che seguiva anche i corsi di mutuo aiuto per genitori con figli con disagio psichico — e in questi giorni non stava bene. Il giorno prima — racconta Annamaria — mi sono accorta che era più agitato del solito. Sono andata dal suo psichiatra per fargli presente che era scompensato. Gli ho detto che sono disperata, che dovevano ricoverarlo. Ma niente, sono uscita piangendo». E anche un mese prima la madre di Matteo avrebbe cercato invano l’intervento del servizio di Salute mentale: «Era tornato a casa con un occhio pesto, aveva fatto a botte ed era andato al pronto soccorso per farsi medicare. E così ho chiamato il maresciallo dei carabinieri per chiedergli un aiuto», per chiedergli di chiamare anche lui i medici per procedere con un ricovero approfittando della presenza di Matteo in ospedale. «Era d’accordo, anche secondo lui non stava bene. Ha chiamato, ma non c’è stato alcun ricovero» (Corriere del Trentino, 11 aprile 2021).

Ha dichiarato l’ex Senatore Manconi in un’intervista al quotidiano Corriere del Trentino del 16 aprile: «I Carabinieri sapevano chi era quell’uomo, e quindi erano a conoscenza del suo stato psichico: non era necessario inseguirlo fin dentro casa. Tutto poteva svolgersi in maniera diversa da com’è andata. Se poi diamo credito alla testimonianza della madre che sostiene che la reazione del carabiniere è avvenuta quando già i militari erano usciti dall’auto su cui Matteo si era avventato, ormai a distanza di sicurezza, l’errore fatto risulta ancora più grave».

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