Di Lorenza Magliano

Dalla fine degli anni 50, numerosi studi hanno sottolineato come i media diano delle malattie mentali un’immagine negativa, per lo più basata sui pregiudizi che vedono le persone con questi disturbi come pericolose, imprevedibili e inaffidabili.

L’amplificazione, spesso inconsapevole, di questi pregiudizi da parte dei media incrementa le difficoltà che le persone con disturbi mentali si trovano a dover affrontare, ostacolandone il ricorso alle cure e aumentandone il carico personale e familiare. Sull’opinione pubblica, questi pregiudizi contribuiscono a frenare scelte di politica sanitaria volte alla tutela dei diritti di cittadinanza delle persone che hanno, o hanno avuto, questi disturbi.

Tra le patologie mentali, la schizofrenia resta per l’opinione pubblica la più misteriosa e, anche per questo, più spesso il termine schizofrenia viene caricato di significati impropri. Gli studi condotti sull’uso di questa parola sui giornali, evidenziano come in una percentuale tra l’11 e il 58%, “schizofrenia” sia utilizzata non in riferimento al disturbo mentale ma per significare imprevedibilità, ambiguità, inaffidabilità. Ai significati metaforici, si aggiunge il risalto dato in cronaca a fatti violenti che coinvolgono persone con questa diagnosi.

E in Italia? Verrà pubblicata a breve sulla rivista Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology uno studio sull’uso del termine schizofrenia sui quotidiani italiani condotto dalla sottoscritta, ricercatrice della Seconda Università di Napoli nonché tra gli estensori della Carta di Trieste, in collaborazione con John Read dell’Università di Auckland (Nuova Zelanda) e Riccardo Marassi, giornalista de Il Mattino di Napoli. Nei 22 quotidiani analizzati da gennaio a dicembre 2008, “schizofrenia” è stata usata 1087 volte. Nel 74% dei casi la parola è stata utilizzata metaforicamente per descrivere o denigrare persone o gruppi non diagnosticati come affetti da questo disturbo mentale. In particolare, nell’85% dei casi il significato rimandava a imprevedibilità, incoerenza, o doppia natura (“il nostro sistema sanitario è schizofrenico. Lo stesso trattamento è rimborsato in alcune regione ed è a pagamento in altre.”, “è pura schizofrenia : le decisioni politiche a livello nazionale portano a scelte incoerenti in sede regionale”, l’andamento schizofrenico della Borsa”), nell’ 11% a eccentricità o bizzarria (“è una band che mette insieme blues, rock schizofrenico e pop” ) e nel 4% a pericolosità o aggressività (“ il personaggio schizofrenico di Joker in Batman[…] un pazzo criminale che assaltava le banche”). Nel 19% dei casi la parola veniva usata in riferimento a persone a cui era stata fatta diagnosi di schizofrenia. In questi casi, nel 56% dei casi si trattava di un articolo di cronaca: omicidi (49%) , fatti violenti (14%), crimini ai danni i di persone con questa diagnosi (28%). I dati di questa ricerca evidenziano come anche in Italia i media utilizzino “schizofrenia” soprattutto in fatti di cronaca nera, equiparando questa diagnosi con la violenza e alimentando, inconsapevolmente, il pregiudizio della sua pericolosità. Il fatto che il termine sia così spesso utilizzato con un’accezione denigratoria, d’altra parte, può contribuire ad alimentare i pregiudizi circa l’imprevedibilità e l’inaffidabilità delle persone con questo disturbo. Anche alla luce di questi dati, dunque, è evidente l’utilità della “Carta di Trieste”.

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