nwziztg4ngq2ma_o_josef-mengele-il-medico-di-auschwitz-3-5

Il razzismo di Stato nel Reich tedesco e nel Regno d’Italia: gli apporti delle ideologie del colonialismo europeo e delle scienze biologiche, Mantova, “Giorno della memoria”, 27 gennaio 2015

1- Colonialismo e pregiudizio contro le popolazioni di colore

Simone Weil nel 1943 scriveva:

“La natura dell’hitlerismo consiste proprio nell’applicazione da parte della Germania al continente europeo, e più in generale ai paesi di razza bianca dei metodi della conquista e della dominazione coloniali. Questo male che la Germania ha tentato invano da infliggerci, noi l’abbiamo inflitto ad altri.[1]”

La conquista del mondo intero da parte degli Stati europei è stata accompagnata dalla elaborazione di una parte importante del pensiero europeo “contrassegnato dalla prepotenza”: sensatezza, ragionevolezza sono state  negate a “primitivi”, neri, donne, oltre che agli animali. Ne fu esempio la  disputa di Valladolid  a metà del XVI secolo,in cui teologi convocati da Carlo V  discussero per dirimere la controversia circa la presenza o meno dell’anima negli indios [2]. Ne fu esempio il  botanico Carl Linnaeus (1707-1778) che  raggruppò le specie naturali in base alle caratteristiche morfologiche,  ponendo il genere Homo in cima al regno animale, suddividendolo in due specie: l’uomo «diurno», o homo sapiens, e l’uomo  «notturno» o homo troglodytes. A sua volta l’ Homo sapiens era suddiviso in 6 varietà,  in ordine decrescente di valore[3].

Nei secoli XIX e XX furono le scienze mediche, in specie la psichiatria, a impegnarsi a studiare le correlazioni fra patologie psichiatriche, appartenenza etnica, costituzione.

In Italia i predicatori e i precursori del razzismo del ‘900 furono molti, illustri e autorevoli. Cito i medici Cesare Lombroso, Marco Levi Bianchini, Giovanni Marro, lo zoologo Edoardo Zavattari,  il demografo Corrado Gini, il biologo Mario Canella, oltre, ovviamente, ai sottoscrittori del Manifesto della razza  come Nicola Pende, ai redattori e ai collaboratori delle riviste sorte dopo l’adozione delle leggi razziali come «La difesa della razza», « Razza e civiltà».

Cesare Lombroso, maestro del pensiero medico e psichiatrico del secondo Ottocento, nelle letture   sulle “razze umane”[4] tenute  nel 1865, a Pavia, affermò:

Se noi vogliamo proprio attenerci solo alle grandi differenze anatomiche, dobbiamo almeno distinguere tre grandi gruppi delle razze umane: il bianco, il nero, il boscimano. Del bianco sarà inutile parlare , come che i suoi modelli, più o meno eleganti, abbiano modo  di studiarlo ad ogni passo  nelle nostre città. […]; (quanto ai negri e alle negre ) ambedue vanno, sotto quella nera cute, fin troppo ricchi di ghiandole sudorifere, le quali emanano quell’odore particolare che troppo san distinguere i cani negrieri.

Ancora:

Lo sviluppo del bambino africano è tutto affatto differente dal nostro: […] le suture del capo, che da noi si saldano solo in tarda età, gli si ossificano prestamente, come nell’idiota e nelle scimmie […]. Lo stesso dicasi dello sviluppo morale: che il negro appunto come la scimmia, si mostra intelligentissimo fino alla pubertà; ma a quell’epoca in cui il nostro intelletto stende le ali ai voli più gagliardi, egli s’arresta  si ravvoltola in una scimmiesca e stupida mobilità, quasi che il suo povero cervello stesse a disagio in quel cranio allungato e pesante e si perdesse in quel difforme inviluppo di ghiandole e di ossa.

[…]

2-“Chi non è buono per il re non è buono per la regina”,

il debole genera il debole : norme  e pratiche eugenetiche in Occidente

Nel XX secolo la castrazione  dei pazienti  a scopo eugenetico, per impedire la procreazione di creature “tarate”, fu una pratica largamente diffusa, tanto che al processo di Norinberga contro i medici nazisti, la sterilizzazione dei pazienti ritenuti portatori di malattie trasmissibili per via ereditaria non fu  inclusa fra i crimini contro l’umanità: si sarebbero dovuti condannare infatti gli stessi accusatori e gli amministratori degli Stati nordamericani alla cui legislazione si ispirarono i nazisti a partire dal 1933[1].

Gli Stati USA avevano il problema del come gestire la presenza dei neri discendenti degli schiavi e soprattutto le migrazioni dall’Europa orientale e meridionale. Nel 1907 lo Stato dell’Indiana attivò la prima legislazione statale  per la sterilizzazione di malati mentali, minorati, criminali e deviati sessuali; tra il 1907 al 1935 legislazioni analoghe furono adottate da  27 Stati dell’Unione.

Negli anni ’30 in Europa, oltre alla Germania, adottarono leggi analoghe  il Cantone di Vaud, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia. In Svezia le sterilizzazioni sia volontarie che obbligatorie sono durate fino al 1960 e hanno riguardato  62.888 persone, 95% donne.

Perché le politiche “eugenetiche” fra le due guerre?

La risposta è che gli Stati europei si trovarono ad affrontare una situazione drammatica e inedita: alla fine della “Grande guerra” mancavano all’appello intere generazioni di  giovani maschi adulti sani morti nelle trincee. I loro nomi li troviamo ancora nei monumenti ai caduti che stanno nelle piazze di tutti i villaggi d’Europa. E l’Europa dovette gestire questa angoscia, questo lutto. Erano morti i migliori, mentre i maschi “scartati” alla visita di leva, quindi “geneticamente” meno dotati,  erano scampati ed erano ancora lì, magari da mantenere.

Leonardo Bianchi, clinico universitario e neuropsichiatra, parlamentare e uomo politico napoletano, relatore alla Camera dei Deputati nel 1904 della “legge manicomiale,” non un fascista,  nel 1925 nel suo libro Eugenica Igiene Mentale e profilassi delle malattie nervose e mentali, espose le ragioni a sostegno di provvedimenti eugenici:

“Dovere dunque, per i biologi ed i sociologi, […] assicurare una vita più forte e lieta alle generazioni future. […] Più fortunato è il paese il quale produce minor numero di deboli, di incapaci e di perturbatori della vita ordinata e laboriosa della nazione. […]

La guerra […] ha spazzato dalla faccia del nostro paese più che 600 mila giovani forti, ed altrettanti ne ha ridotti in salute e attitudine lavorativa […]. Noveriamo  […] nella nostra struttura sociale 28 mila ciechi, 27 mila sordomuti, 500 mila cronici, 500.000 indigenti; […] (dei folli) ne erano ricoverati intorno a 15 mila nel 1875; la cifra dei ricoverati oggi è più che triplicata. A questi bisogna aggiungere i folli non ricoverati,  un esercito di imbecilli, gli epilettici che valuterei a 100 mila, i deboli di spirito e gli uomini frivoli ed insignificanti,… i morfinisti, i cocainisti, i suicidi. […]

Non mi permetto di tradurre in cifra le spese che la umanità che lavora e che ascende sulla linea del­la evoluzione sostiene per l’altra umanità che di­scende sulla linea della dissoluzione o degenerazio­ne. […]

Prima di ogni altra cosa bisogna nascere bene. Nascere bene dipende in gran parte dal ben generare […]. La degenerazione può essere ridotta a proporzioni più tollerabili; gli uomini deboli e malati possono diminuire e gravare meno sul bilancio dei lavoratori[2].

E 10 anni dopo, il 1° settembre 1935, il Prof. Ploetz, nella Conferenza internazionale di eugenetica di Berlino,  confermava l’importanza della questione e proponeva il rimedio:

“Dobbiamo sforzarci di far fronte alla selezione negativa prodotta dalla guerra intervenendo direttamente sul piano dell’ eugenetica, ovverosia aumentando la percentuale delle sterilizzazioni”.

In  Germania era in applicazione da due anni la legge “Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie” adottata da Hitler a pochi mesi dalla sua elezione a Cancelliere. Era stata avviata una campagna per denunciare l’insostenibilità dei costi del mantenimento delle persone gravemente malate, erano stati istituiti i Tribunali di Salute Genetica  che autorizzavano la sterilizzazione coatta delle persone portatrici di malattie ritenute ereditarie, schizofrenia, psicosi  maniaco depressive, ma anche da epilessia, e poi ciechi, sordi, persone con deformità fisiche, alcolisti recidivi. È stato calcolato che fra il 1934 e il 1945 circa 400.000 persone siano state sottoposte a sterilizzazione coatta.

Insieme all’eugenetica “negativa” impegnata nella sterilizzazione di massa, in Germania si sviluppò una eugenetica “positiva” impegnata nello studio degli ormoni femminili, dei gemelli e delle gravidanze multiple e nel programma Lebensborn (“fonte di vita”) per l’assistenza alle ragazze madri con caratteristiche razziali e genetiche positive, incinte di uomini dalle stesse caratteristiche.

Fu  Wilhelm Frick , il Ministro degli interni, a predisporre con grande efficienza la macchina e le procedure che resero possibile le pratiche eugenetiche del nazismo, istituendo una Direzione Sanitaria del Reich presso il suo ministero. Fu approntato materiale didattico e di propaganda per le scuole, gli uffici del partito e gli uffici pubblici.

Ne vedremo alcuni spezzoni

Frick istituì L’Accademia di Stato per la medicina, a Charlotten­burg (Berlino), dove si svolse la formazione dei nuovi ufficiali sanitari, dei medici scolastici e in gene­rale di tutto il personale medico statale. L’eugenetica divenne una disciplina medica fondamentale che trasmetteva la convinzione ottimistica che la steriliz­zazione avrebbe potuto addirittura eliminare le malattie mentali.

Seguirono nel settembre 1935 le leggi razziali di Norimberga “Per la protezione del sangue e dell’onore tedesco” che proibirono il matrimonio e qualsiasi contato sessuale fra ebrei e non-ebrei; definirono chi doveva essere considerato ebreo e quanto ebreo e chi no, privarono i 566.000 ebrei tedeschi dei diritti politici e della possibilità di ricoprire incarichi pubblici. Gli ebrei diventavano razza nemica. La  legge della salute nel matrimonio (Ehegesundheitsgesetz) promulgata un mese dopo proibiva il matrimonio se uno dei fidanzati soffriva di una malattia tra quelle contemplate nella legge per la sterilizzazione. Da allora le coppie dovettero presentare un certificato di idoneità al matrimonio per ottenere la licenza necessaria”. Tutto questo ci fa capire lo sforzo della stato a coinvolgere nelle politiche eugenetiche in modo capillare, intimo donne e uomini, l’intera popolazione.

Anche nell’Italia fascista la discussione e le scelte sulle misure da prendere a tutela della sanità della stirpe si svolse  alla luce del sole, era  pubblica. Da noi il “miglioramento della razza” prese la strada dell’eugenetica cosiddetta “positiva”,  non qualitativa ma quantitativa, pronatalista, popolazionista con l’esaltazione del “numero come potenza”, della virilità prolifica e della maternità feconda, del ruralismo: l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, istituita nel 1925 ne fu la struttura portante.

La medicina fu usata e si prestò a sostegno di una demografia espansiva a partire dalla tutela della salute e dall’educazione delle  giovani generazioni: all’ONMI  seguirà l’Opera Nazionale Balilla (1926), che confluirà nel 1937 nella Gioventù Italiana del Littorio. Furono varate norme come tassa sul celibato, esenzioni fiscali e assegni per le famiglie numerose, misure di polizia per combattere lo “sterile urbanesimo”, misure restrittive dell’emigrazione,  messa fuori legge  e repressione dell’aborto  e della contraccezione”.

Il  contributo della medicina italiana alle tesi razziste si ispirò al costituzionalismo fra i cui padri va annoverato  Achille De Giovanni (1838-1916), nativo di Sabbioneta, gloria mantovana,  fautore dell’importanza della predisposizione individuale, del come un individuo è fatto, valorizzando la componente ereditaria  nella causa e nella clinica delle malattie. L’impostazione materialistica e lamarckiana (trasmissione per via ereditaria dei caratteri acquisiti) di questa scuola fu alla base del biologismo che pervade le concezioni di Nicola Pende(1880-1970), che fu fra i firmatari del Manifesto della Razza.

La svolta razzista per l’Italia coincise con l’aggressione e la conquista dell’Abissinia nel 1935-36 e la proclamazione dell’Impero.  La preoccupazione  dominante era che il contatto, la vicinanza  degli italiani con individui appartenenti a “razze inferiori”  avrebbe esposto la razza italiana  alla corruzione del proprio patrimonio genetico e culturale:  di qui l’ossessione della lotta al meticciato, l’introduzione del reato di  “lesione del prestigio di razza”, la discriminazione degli ebrei.

Nella seconda metà degli anni trenta si susseguono numerosi provvedimenti legislativi , tesi a combattere  i pericoli di inquinamento derivanti dalla promiscuità con soggetti segnati dalla inferiorità ‘biologica’, dunque innata e trasmissibile per via ereditaria:

Il Regio decreto-legge 19 aprile 1937 n. 880 aveva  introdotto i reati di concubinato e contro il “triste fenomeno del meticciato e dell’indigenismo”

il Regio decreto-legge 5 settembre 1938 n. 1390, contenente provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista;

il Regio decreto-legge 17 novembre 1938 n. 1728, provvedimenti per la difesa della razza italiana che recepiva il “Manifesto degli scienziati razzisti” del 14 luglio 1938 che  al punto 6 dichiarava “Esiste ormai una pura ‘razza italiana”, e al punto 7: “E’ tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti.

il Regio decreto-legge 15 novembre 1938 n. 1779 relativo all’integrazione e al coordinamento in un unico  testo delle norme emanate per la difesa della razza nella Scuola italiana

il Regio decreto-legge  5 settembre 1938 n. 1539 concernente l’istituzione presso il Ministero dell’interno, del Consiglio superiore per la demografia e la razza

il Regio decreto-legge 23 settembre 1938  n. 1630 per l’istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica

la Legge n. 1004 del 29 giugno 1939,  per la “difesa del prestigio di razza di fronte ai nativi dell’Africa Italiana”.

In Etiopia gli italiani progettarono di instaurare un regime di separazione razziale, prototipo dell’ apartheid.

I decreti-legge che ne seguirono ispirarono una grande quantità di circolari e disposizioni amministrative per la loro piena applicazione.

1- L’eutanasia come prosecuzione delle eugenetiche negative

Dopo l’entrata in guerra e per tutta la durata della guerra dal 1939 al 1945 in Germania fu operato un salto di qualità nelle politiche eugenetiche. Il governo organizzò in tutti i territori amministrati una campagna per la uccisione dei pazienti psichiatrici e dei disabili psichici ritenuti incurabili. Aktion T4, questo era il nome dato alla campagna , fu  avviata da un ordine segreto, con una  lettera del fuhrer del 1 settembre 1939, il giorno di inizio della guerra.

Per la Cancelleria del Reich, le SS e i medici che collaborarono, eutanasia  significava, il “trattamento” per la soppressione di vite definite indegne di essere vissute e giudicate troppo onerose per lo Stato. 72.083 pazienti vi trovarono la morte. Le tecniche di uccisione sperimentate e messe a punto nei “manicomi speciali” appositamente attrezzati, furono adottate nei programmi della “soluzione finale”.

Hitler, a seguito delle proteste provenienti in particolare da ambienti religiosi, pose ufficialmente fine  ad Aktion T4 il 24 agosto 1941, ma l’uccisione dei pazienti psichiatrici e dei disabili proseguì  fino alla fine della seconda guerra mondiale. Nel  processo di Norimberga contro i medici nazisti (1946) fu documentato che il numero delle persone uccise nel corso di questo programma fu di  275.000.

Nel marzo 1939 si tenne a Vienna il 2° incontro dei giuristi italiani e tedeschi sul tema Razza e Diritto. Nella  relazione italiana il prof. Costamagna, della Università di Roma affermava che

E’ chiaro, ad esempio, che gli Stati Uniti di America hanno vive preoccupazioni di “invasione gialla”, mentre tali preoccupazioni non esistono né per l’Italia né per la Germania. Viceversa l’Italia ha necessità di provvidenze particolari contro l’indigenismo africano.

Per il relatore  tedesco invece, il dr. Ruttke, direttore Ufficio Razza del Reich,  le  uniche “incompatibilità razziali”  erano rappresentate dagli zingari e dai “meticci” della Renania, nati dai soldati di colore dell’esercito francese che erano stati di guarnigione in quelle terre. Il pericolo ebraico era ritenuto assai più grave anche dal punto di vista culturale  e sociale.

Il difendersi dai popoli di colore o dai nomadi era facilitato rispettivamente dalle differenze del colore della pelle, o dall’irrequietezza abitativa, più difficile era difendersi dagli ebrei, difficili da riconoscere a prima vista ( da quando erano usciti dai ghetti), e per questo anche più subdoli e pericolosi.

E poi le razze inferiori  non cospiravano contro l’umanità, ma gli ebrei sì. Non era sufficiente discriminarli, ma bisognava sterminarli, così come era avvenuto e avveniva per gli oppositori politici o gli omosessuali.

Il disegno del “Nuovo ordine”  europeo che doveva portare all’occupazione dei territori orientali dopo l’annientamento dei popoli slavi e alla trasformazione dell’intero continente in un dominio organizzato su criteri razziali si avvalse di un antisemitismo con forti radici nell’800 che aveva familiarità con la pratica della discriminazione e con  i razzismi coloniali che avevano familiarità con lo sterminio delle “razze inferiori” fino al genocidio (Tasmania, Herero, repressione rivolta senussita in Libia): i nemici de-umanizzati, diventavano untermenschen, inferiori. Molti di loro meritavano l’eliminazione perché pericolosi e corruttori della purezza degli ariani.

E quale rappresentazione più efficace degli untermenschen delle immagini degli internati nei manicomi?

Di seguito anche il link del film proiettato:

http://www.raistoria.rai.it/articoli/eugenetica-e-malattia-mentale-lantropologia-degli-orrori/5829/default.aspx


[1] Il Tribunale militare n. 1 di Norimberga avviò il processo nell’ottobre 1946. La sentenza fu pronunciata il 20 agosto 1947.

[2] Pp. 3-22, passim.


[1] S. Weil, La questione coloniale e il destino del popolo francese, in (a cura di) Domenico Canciani S. Weil, Sul colonialismo,Edizioni Medusa, Milano, 2003.

[2] La  Disputa di Valladolid si tenne fra personalità esperte di diritto e di teologia, convocato da Carlo V d’Asburgo in due sessioni tra il 1550 e il 1551 con lo scopo di discutere la natura giuridicaspirituale delle popolazioni native dell’America centralemeridionale, sottomesse al potere spagnolo, in particolare (poi effettivamente riconosciuta) e creare una base teologica e giuridica che legittimasse la conquista del Nuovo Mondo da parte degli spagnoli.. La Giunta di Valladolid vide contrapposti il  frate domenicano Bartolomé de Las Casas, sostenitore dell’incolumità degli indios, e l’umanista Juan Gines de Sepulveda, difensore del diritto degli spagnoli a sottomettere i nativi. Uguale  posizione aveva Tommaso Ortiz, portoghese, che sosteneva che “gli uomini di terra ferma delle Indie mangiano carne umana e sono sodomiti più di qualunque altra gente“.

[3] Homo sapiens europaeus bianco ordinato, ingegnoso, inventivo, retto da leggi;  Homo sapiens americanus, rosso, amante della libertà, soddisfatto del proprio destino, irascibile; Homo sapiens asiaticus, giallastro, orgoglioso, avaro, melanconico; Homo sapiens afer, nero, indolente, infido, scarsamente intelligente e incapace di autogoverno; (Homo sapiens ferus o uomo selvaggio, muto, quadrupede, villoso che comprende anche gli enfants sauvages, bambini abbandonati a se stessi e incapaci di parlare e apprendere, molto numerosi nella letteratura settecentesca; Homo sapiens monstruosus o uomo teratologico, portatore di “forme devianti” congenite,  e deficit cognitivi.

[4] poi pubblicate nel 1871 col titolo L’uomo bianco e l’uomo di colore.