E’ con grande soddisfazione che invio la lettera apparsa sul Bresciaoggi del 23 febbraio. Essa chiude 15 mesi di impegno sul trasferimento di una Comunità Protetta di Brescia che versava in condizioni pietose ( pioveva dal tetto, infiltrazioni dalla fogna in sala pranzo, infissi arrugginiti, tutto documentato da fotografie). Adesso tempo 6/8 mesi per la ristrutturazione e poi rientrano le 8 persone della comunità, progressivamente diminuite per il trasloco, sono in una struttura in cui c’era un centro diurno, ora trasferito in una sede che gli operatori mi dicono bellissima. Problemi risolti e altri ancora no.

Macio Fada

da Bresia Oggi del 23.02.2011

Egregio direttore, in questi giorni si concluderà il trasloco della Comunità Protetta di Via Bissolati del Dipartimento Salute Mentale di Brescia, avviando così dal 1° marzo la fase della sua ristrutturazione che durerà 6/8 mesi, al termine dei quali riprenderà la sua attività in una sede ristrutturata e a norma per l’accreditamento.

Termina in questo modo un percorso di denuncia che durava dall’autunno del 2009 e che ha visto intervenire, in forme diverse, operatori, familiari e cittadini. L’Azienda Spedali Civili è stata spinta a prendere in mano anche questo problema e a trovarvi soluzione: sappiamo che qualunque progetto ha dietro di sé uomini o donne senza i quali non sarebbe possibile la loro realizzazione. Ci riferiamo in particolar modo al Dott. Meini e al sig. Chiari del Dipartimento Salute Mentale di Brescia. Ci sembra il modo giusto di ringraziarli pubblicamente ora che hanno lasciato l’Azienda.

E’ evidente che la soluzione trovata per questa Comunità, dopo tanti mesi, non è un traguardo che consideriamo sufficiente. Nella lettera del 9 gennaio scorso ci permettevamo di segnalare la necessità del trasferimento del 1° CPS dall’appartamento al 2° piano di Via Malta alla sede di Via Galilei, più accessibile per un servizio territoriale (con un risparmio di 28.000 euro); si segnalava inoltre il progetto regionale che prevede la dimissione delle persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari e l’inserimento dei loro nominativi, entro la fine di febbraio, nei progetti di dimissione dall’opg di Castiglione delle Stiviere (si tratta delle persone ritenute in grado di rientrare nel loro territorio di provenienza ma che non hanno nessun servizio in grado di accoglierle, motivo che ha costretto il giudice a prorogare la loro misura di sicurezza in ospedale psichiatrico giudiziario).

Quella lettera terminava con la consapevolezza che per il 2011 c’era molto da fare e che avrebbe visto la Cgil nel ruolo di stimolo e verifica sulle cose da concretizzare: possiamo dire di essere partiti con il piede giusto.

La novità ulteriore intercorsa in questo mese è la delibera del consiglio regionale della Lombardia del 18 gennaio 2011 che impegna la giunta regionale “a rendere meno rigide le prescrizioni riferite alla durata massima dei programmi terapeutici (da 3 a 36 mesi a seconda della struttura che ospita la persona, ndr) nel caso di oggettive valutazioni di carattere clinico”.

E’ vero che non tutte le persone guariscono al termine del percorso riabilitativo e non per tutti è indicato il percorso della residenzialità leggera (residenzialità che vede la presenza degli operatori molto ridotta o nulla e una compartecipazione dell’utente nella spesa al proprio mantenimento).

Il rischio, purtroppo assai grande, è che invece con questa normativa si trasformino le strutture del Dsm, ma soprattutto quelle private, in piccoli manicomi senza più dimissioni per le persone in esse ricoverate. Qui il ruolo di controllo da parte dell’Asl è imprescindibile e quello dei comuni fondamentale: nell’indicare, ad esempio, le strutture per anziani in cui accogliere pazienti che hanno patologie prevalentemente legate all’età ed ora ancora presenti nelle comunità del Dsm.

Massimo Fada

ESECUTIVO CGIL SPEDALI CIVILI

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