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Molte volte la persona non percepisce la condizione di sofferenza come qualcosa di definibile e di oggettivabile, dal momento che questa sofferenza è in stretta continuità con la sua storia, col divenire della sua esistenza, con il suo stesso sentire. Molto spesso il problema viene identificato dalla persona come qualcosa di estraneo, che non le appartiene: uno sguardo, un’offesa, una parola che gli altri agiscono con intenti ora minacciosi, ora seduttivi, ora misteriosi. Questo provoca isolamento, distacco, tensioni, ostilità, rancori. In tutte queste situazioni le persone fanno fatica ad avere consapevolezza e a condividere con gli altri il senso e il peso di una tale esperienza.

Questo è il segno della peculiare difficoltà che le persone devono affrontare per riconoscere e accettare la condizione di malattia, ovvero di condividere con gli altri il senso di quella sofferenza e di quel particolare modo di stare al mondo e di vivere le relazioni…e questo è il punto di massima responsabilità che i servizi, gli operatori, le istituzioni devono assumere nel momento in cui si dispongono a garantire il diritto alla cura, il rispetto della dignità e dell’esistenza dell’altro, le possibilità di ripresa e di emancipazione.

Tutti quelli che vorranno possono scrivere per pubblicare  riflessioni, analisi, proposte al sito del forum salute mentale.

[Ci proponiamo con questi interventi minimi, che chiamiamo ‘cantiere salute mentale’, di tentare di ri-attivare interesse all’interno di tutta quella comunità di persone che siamo e che in un modo o nell’altro si muovono intorno alla ‘questione psichiatrica’, nel contrasto alle persistenti istituzioni totali (e sempre rinascenti), per ampliare margini di libertà e diritti, per promuovere emancipazione e possibilità.]

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