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Per una psichiatria gentile

di Emanuela Nava [1]

Il treno aveva rallentato, dal finestrino si vedevano scorrere luci di strade, macchine, case. Eravamo all’inizio di dicembre, splendevano anche alcuni alberi di Natale.

La signora afferrò la sciarpa e la avvolse attorno al collo.

-Per me è Natale ogni volta che nasce un bambino.- disse all’improvviso. – È Natale anche ogni volta che una persona rinasce. L’ho detto alla psicologa, quando, finalmente, dopo i mesi di torpore che le avevano procurato i farmaci, mia figlia è rinata e doveva solo prendere una polverina che faceva sciogliere nell’acqua. Era solo un modo per rendere tutto un po’ più lieve, chiamarla formula magica.

trenoPer una psichiatria gentile

di Emanuela Nava [1]

Tornavo da Trieste, dove ero stata a trovare Peppe dell’Acqua, amico recente, di cui leggevo da anni i libri, le interviste e insomma tutti quei meravigliosi fatti che avevano portato alla 180, la rivoluzionaria legge Basaglia.

Ero in uno scompartimento quasi vuoto di una Freccia Rossa partita nel buio alle cinque del pomeriggio di un giorno invernale. Niente mare alla mia sinistra, niente blu turchese, il colore luminoso che mi aveva accolto all’improvviso all’andata, dopo un viaggio mattutino trascorso da Milano a Venezia quasi tutto nella nebbia.

Avevo appoggiato un libro sul tavolinetto. E la borsa sul sedile libero accanto al mio. Avevo persino allungato le gambe, felice di essere sola in un posto vicino al finestrino che, quando il treno è pieno, lascia a mala pena la possibilità di muovere i piedi.

Il contributo di Luigi Benevelli, all’incontro in ricordo di Ernesto Muggia, la sua persona, il suo lavoro, quanto ci ha lasciato, che si è tenuto il 19 ottobre, presso la Camera del Lavoro di Milano. La famiglia, gli affetti, il lavoro professionale Ernesto Muggia nacque in una famiglia ebraica, figlio di Enzo e Elsa Debenedetti. Iolanda, sorella della mamma Elsa, sposò il medico Leonardo De Benedetti ( 1898 – 1983), una figura cui Ernesto fu…

Di Luigi Benevelli Il 23 agosto scorso si è spento a Perugia Tullio Seppilli. Di famiglia ebraica, figlio dell’ Alessandro igienista e fondatore degli studi di educazione alla salute, che fu fra i padri del Servizio sanitario nazionale, e di Anita Schwarzkopf, antropologa, Tullio era nato a Padova nell’ottobre 1928. La famiglia, a seguito delle leggi razziali fasciste,  si trasferì in Brasile; a Sâo Paolo Tullio compirà gli studi superiori e frequenterà i corsi di…

Di Peppe Dell’Acqua Ho conosciuto Franco Basaglia che Gorizia era già finita; lavorava da qualche anno a Colorno ed era nell’aria “il principio dell’avventura triestina”. Era la primavera del 1971. L’occasione fu l’incontro Cus Parma-Cus Napoli. Siamo andati a trovarlo a Colorno, io e alcuni compagni, tutti laureandi in medicina, interni all’Istituto di Malattie Nervose e Mentali e giocatori della squadra di rugby dell’Università. A Napoli, negli anni caldi, avevamo letto L’istituzione negata. Stavamo già ereditando dal…

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Quando abbiamo cominciato a parlare di questo corso di formazione per gli infermieri, ho detto delle cose che mi sono state rimproverate poi dagli operatori. Ho detto che non è un caso che la scuola degli infermieri, cioè il suo inizio, coincida con la fine della mia gestione triestina. L’interpretazione di alcuni medici di queste parole è stata che la storia è finita e oggi comincia la storiografia: fino a ora si è cambiato, si è trasformato e oggi comincia la razionalizzazione del cambiamento; in altre parole, da questo momento non avverrà niente di nuovo perché ciò che di nuovo è avvenuto a Trieste, è avvenuto con me: oggi comincia la razionalizzazione, si comincia a edificare, ad abbellire la casa che si è cambiata.

Io non sono affatto d’accordo con quest’affermazione; penso che ciò non è assolutamente vero perché se trasformazione c’è stata qui a Trieste, questo non è dipeso da me ma dallo sforzo partito da tutti, dagli infermieri, dai medici, ma soprattutto, direi, dalla forza operante dei degenti, dei pazienti, dei “matti”, di quelli che oggi chiamiamo “utenti”; perché se non ci fosse stata questa forza trasformatrice nella gente che noi abbiamo curato, nelle persone che venivano a domandare aiuto, noi non avremmo cambiato niente, non avremmo fatto storia […].”

IMG_0003[Pubblichiamo una riflessione di Simona Vinci, già autrice de “La prima verità”, sui fatti di Budrio.]

L’ultima settimana, nel nostro territorio, non è stata facile. Non è stato facile apprendere di un brutale omicidio avvenuto in un locale che da sempre veniva considerato come un’oasi di tranquillità, uno di quei posti sonnacchiosi e quieti dove si va a prendere un caffè e mangiare un panino semplice, come quelli di una volta, senza mode alimentari e presentazioni fantasiose, niente happy hour, niente fronzoli, quattro vecchi che giocano a carte, lavoratori di passaggio che mangiano un boccone, clienti abituali che comprano le salsicce passite e fan venire l’ora di tornare a casa. Eppure, è successo. E Budrio è finita sulle cronache di tutti i quotidiani e di tutti i tg per un fatto di sangue che nulla ha dell’ordinario, neanche volendo considere come “ordinari” i furti in casa, i tentativi di scasso nei bar o nei negozi con le serrande abbassate – che ovvio, ogni tanto capitano, ma da qui a farne la norma e la quotidianità ce ne passa.

Caro Luca, noi utenti e operatori del Centro Diurno “Volo Libero” di Albano Laziale, abbiamo letto la tua lettera pubblicata su Forumsalutementale del 21 luglio 2016 che hai indirizzato a Daniele Piccione e Peppe Dell’Acqua (vedi la lettera). Condividiamo pienamente la tua richiesta di maggiore partecipazione degli utenti dei servizi di salute mentale sulle questioni che riguardano la loro vita. Specificatamente rafforziamo la tua tesi portando come contributo alcuni punti critici che pensiamo riguardino i…

di Piero Cipriano.

Ora che ci penso io l’ho incontrato solo tre volte Fedeshoe. Eppure ciò non m’impedisce di considerarmi suo amico. Anche ora che non c’è più. Che non c’è più da queste parti, insomma, in questa dimensione. Perché io, ora che ci penso, non lo so se sono davvero un materialista convinto, come si dice. Non lo so se ci credo davvero che inizia e finisce tutto qui, in questa forma di vita, in questi dieci, cinquanta, novant’anni che ci è concesso di vivere. Non lo so. Secondo me (e la fisica quantistica o una qualche teoria delle stringhe, o la teoria degli universi paralleli, o le onde gravitazionali di Einstein qualche prospettiva di continuare altrove ce la dovrebbero dare) quel mucchio di molecole che si coagulano nel dar corpo alla cosiddetta anima, o spirito, o psiche, o soffio vitale, o non so come meglio definire, insomma queste molecole per forza da qualche altra parte devono andare a sbattere, a ritrovarsi, a ricomporsi.

di Fedeshoe.

Sul pianeta Evol viveva un popolo che stava annegando nella Palude dell’Ignoranza. Questo popolo non era cosciente nemmeno di essere vivo, ma le funzioni organiche della popolazione erano in ottimo stato. Le aspettative di vita erano in costante crescita, in continua evoluzione. Ma il popolo non sapeva. Non sapeva cosa stava facendo, né il perché.

La Palude dell’Ignoranza era sterminata, tutto era palude, tutto era ignoranza.