recensione_quasiamiciSenza Pietà di Giovanni Rossi

C’è un uomo, nero, che si rivolge a un uomo, tetraplegico, con un linguaggio diretto e alla pari. Gli da del tu, e gli dice come stanno le cose senza giri di parole. L’altro lo guarda, potendo muovere gli occhi, e gli dice, potendo muovere la bocca, che è senza pietà. E’ una scena del film “Quasi amici”. La storia di un uomo paralizzato dal collo in giù e del suo improbabile badante nero. Sono loro i “quasi amici”.

L’uomo tetraplegico ha notevoli disponibilità economiche, che tuttavia sembrano inutilizzabili, data la paralisi. L’uomo nero ha una bella faccia tosta, ma anche una storia da nuovo proletario della banlieu (siamo a Parigi). Due “sfigati”.

Il teorema che il film sviluppa è il seguente : se due sfigati riescono a mettere assieme l’altra parte (le risorse, soprattutto mentali e relazionali) che ciascuno ha possono vincere assieme. Ovvero : fuori dal ruolo canonico del tetraplegico e del badante compassionevole/professionale c’è un futuro.

Se non fosse che il “malato” è il ricco, ha il potere, e che colui che si prende cura è il povero, senza potere sarebbe una tipica storia basagliana. Nel senso che la complicità tra due persone, cui è stato assegnato il ruolo di malato e di curante, riesce a far saltare la regola della cronicità, della triste noia assistenziale per ritrovare la vitalità, là dove sembrava inesorabilmente perduta. Ma anche nel senso che se Basaglia non fosse morto ma fosse rimasto tetraplegico, quella raccontata nel film, poteva essere anche la sua storia.

Il fatto è che, come nella città dei matti, si incontrano persone che non si rassegnano allo status quo. E dunque ne rifiutano quel deprimente corollario che è la pietà.

Senza pietà diviene dunque il modo di operare che condividono l’uno verso l’altro. Senza pietà perchè non vi è colpa da espiare o aggressività da tenere a bada.

Ciò premesso possono calare le due carte che li faranno vincere. La carta dell’empatia e la carta della invenzione. Con la prima fanno dialogare le loro differenze. Con la seconda producono le soluzioni terapeutiche che servono. Complici nella follia (come nella corsa con la Maserati) e nella furbizia (quando si prendono gioco del mercato dell’arte).

E’ così che trovano la via per uscire dallo status quo. L’uomo tetraplegico si sposa, avrà tre figli, andrà ad abitare in Marocco. L’uomo nero, lascerà il “ghetto” per diventare imprenditore.

Il bello di tutta questa storia, tuttavia, deve ancora venire : il film si basa su di una storia vera.

Del resto di piccole grandi storie di “quasi amici” è fatta la vera chiusura dei manicomi in Italia. Così come “quasi amici” si diventa quando l’empatia e l’invenzione sono alla base delle relazioni di salute mentale, come è nella mia esperienza.

Ogni tanto mi chiedono quale dovrebbe essere lo stile della relazione terapeutica. Da oggi ho una definizione molto semplice : “da quasi amici”. Solo così si può trasformare un gioco a somma zero (la tua invalidità mi dà il lavoro) in una vittoria comune (il tuo ritorno alla vita dà una migliore prospettiva anche alla mia professione).

Quasi amici di tutto il mondo uniamoci. Ci sono in giro troppe persone che ci squadrano con pietismo e compassione.

La parola di oggi è amicizia

Fatevi sentire

http://rossi-mantova.blogautore.repubblica.it/2012/04/11/senza-pieta/

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