T
TERAPIE PSICHIATRICHE.
Sono di due tipi: terapie biologiche e âpsicoterapiaâ (v.); le prime direttamente legate allâideologia medica e a unâinterpretazione organicistica della malattia, la seconda direttamente derivata dalle concezioni psicogenetiche. A queste si è aggiunta ora la terapia sociale (v. âSocioterapiaâ) come conseguenza di una interpretazione sociogenetica dei disturbi mentali. In tutti e tre i casi si tende a enfatizzare di volta in volta un fattore diverso come responsabile della malattia mentale: il corpo (soma), la psiche o la societĂ . Come se si trattasse di tre virus diversi che devono essere debellati con tecniche e strumenti diversi. Ma se lâuomo è corpo, psiche ed essere sociale, nessuna di queste interpretazioni presa a sĂŠ può rispondere al problema della malattia mentale e ogni risposta settoriale non può che servire a tranquillizzare il tecnico di fronte a un problema che non sa risolvere. Ciascuno interpreta la malattia a suo modo e agisce in conformitĂ , costruendo statistiche sempre piĂš precise per confermare la validitĂ delle sue ipotesi.
In realtĂ , nel caso della malattia mentale ogni metodo terapeutico che faciliti il rapporto col paziente può essere positivo nel senso che facilita la comprensione del malato e della sua malattia. Ma ogni strumento terapeutico può anche essere negativo. Nel momento in cui nasce come ipotesi e tenta di rispondere direttamente ai bisogni del malato tenendone presente la soggettivitĂ , la terapia riesce a conservare un minimo di reciprocitĂ nel rapporto tra medico e paziente; ma quando codifica e cristallizza i propri metodi come adatti a ogni singolo caso, non è piĂš la terapia ad adeguarsi al caso ma il caso alla terapia. LâantiterapeuticitĂ della terapia nasce nel momento in cui essa, attraverso lâimposizione e la violenza, impedisce il rapporto medico-paziente: quando cioè serve al medico come lâunica risposta sicura e possibile; e non al malato.
TEST MENTALI.
Metodi di esplorazione della psiche il cui scopo è, secondo una definizione tecnica, quello di ÂŤdifferenziare gli individui fra di loroÂť. I test si dividono in due grandi categorie: di efficienza intellettiva e proiettivi. I primi separano gli âintelligentiâ dai âcretiniâ (v: âImbecilleâ) e assolvono quindi la propria funzione discriminante in quella classificazione fra superdotati, normodotati e ipodotati che serve ad alimentare le classi scolastiche differenziali. I secondi, detti anche test della personalitĂ , pretendono invece di rendere obiettivamente evidenti quei settori della psiche che sfuggono al colloquio clinico, facilitandone lâesteriorizzazione attraverso le interpretazioni che il soggetto dĂ degli stimoli ambigui dei test. Uno fra i piĂš noti è quello delle macchie di Rorschach.
TRENTATREâ.
(v. âDiagnosiâ).
V
VORTICE DEGLI INGANNI.
Espressione proposta da Erwing Goffman (âAsylumsâ, Einaudi l968) per riassumere lâinsieme di contingenze che portano abitualmente al ricovero in âmanicomioâ (v.). Si tratta per lo piĂš di âdenunceâ: i genitori che non tollerano le ribellioni di un figlio, il datore di lavoro che si lamenta per qualche stranezza del lavoratore, lâistituto che non può trattenere un minorenne per raggiunti limiti di etĂ e che fornisce unâambigua diagnosi psichiatrica onde facilitarne il passaggio a unâaltra istituzione pronta a accoglierlo, una famiglia che non accetta la relazione di una ragazza con un uomo sposato. Simili denunce creano attorno a quello che si può definire il malato potenziale un clima di sospetto, inganno, insicurezza e ambiguitĂ tale da indurlo a instaurare un rapporto dissociato con la realtĂ . Il vortice degli inganni inghiotte cosĂŹ il malato designato lo porta al ricovero in manicomio dove il suo comportamento, fino a quel momento contraddittorio e ancora suscettibile di mutamenti, sarĂ congelato nella defĂŹnizione della malattia.
VIOLENZA ISTITUZIONILIZZATA.
Termine con cui si usa riferirsi a una violenza esercitata sul singolo o sul gruppo allo scopo di mantenere, attraverso lâadeguamento alle regole specifiche e uno specifico settore, lâordine costituito generale. La violenza istituzionalizzata è quella che si esercita in unâistituzione (scuola, caserma, carcere, manicomio eccetera) per mantenere, attraverso la serializzazione degli individui in essa contenuti, la funzionalitĂ dellâistituzione al sistema generale di cui è espressione. Nella scuola, ad esempio, lâautoritarismo e la violenza hanno un doppio significato: sono il segno dellâimpotenza del corpo insegnante a educare i giovani al la critica di una realtĂ chi i giovani stessi devono contribuire a modificare; e, insieme, la finalitĂ dellâistituzione scolastica che, allâinterno del nostro sistema sociale tende proprio a vietare ai giovani la capacitĂ di critica della realtĂ , perchĂŠ essa resti immutata. CosĂŹ il manicomio oltre a essere espressione dellâimpotenza e del fallimento della psichiatria di fronte al problema del malato mentale, tende insieme ad assolvere, attraverso lâimposizione di regole violente, distruttive e antiterapeutiche, la sua funzione di luogo di segregazione e di eliminazione di ciò che contiene, in nome della tutela e della difesa di una norma che deve restare indiscussa specificitĂ di ogni singola scienza servirebbe quindi ad avallare, sul piano tecnico, una violenza istituzionale che non troverebbe alcuna giustificazione sul piano morale e umano.
[...] Dizionario della Nuova Psichiatria: Noi Matti [10] [...]