(foto di Berengo Gardin)
(foto di Berengo Gardin)

di Pietro Pellegrini (*)

In questi primi 18 mesi di attività che hanno portato all’apertura delle REMS e ormai alla pressoché totale chiusura degli OPG è diventata opinione diffusa che tutto o larga parte dell’Ordinamento e del regolamento penitenziario non sia applicabile nel sistema riformato a gestione sanitaria e senza polizia penitenziaria, incentrato sui Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) e sulle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) disciplinate dal Decreto 1 ottobre 2012.

Infatti, queste hanno una gestione di “esclusiva competenza sanitaria” ed “esplicano funzioni terapeutico-riabilitative e socio riabilitative in favore di persone affette da disturbi mentali, autori di fatti che costituiscono reato, a cui viene applicata dalla Magistratura la misura di sicurezza detentiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia”.

I requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle REMS sono intesi come “requisiti minimi per l’esercizio delle funzioni sanitarie, indispensabili per il funzionamento delle strutture e per il raggiungimento degli obiettivi di salute e di riabilitazione ad esse assegnati, tramite l’adozione di programmi terapeutico riabilitativi e di inclusione sociale fondati su prove di efficacia” e “all’uopo, a cura del Responsabile della struttura (un dirigente medico psichiatra), sarà redatto apposito regolamento interno“.

Quindi sono escluse le funzioni di tipo custodialistico e in nessun punto delle leggi n. 9/2012 e n. 81/2014 e del decreto 1 ottobre 2012 si parla di applicare alle REMS l’ordinamento penitenziario.

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(*) Direttore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma

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