orr_vertDomenica 13 gennaio 2013 leggendo un articolo (l’ennesimo)  riguardo la realtà degli ospedali psichiatrici giudiziari apparso su un noto settimanale, non ho potuto non fermarmi a riflettere con un misto di commozione e comprensione (per le persone incarcerate) e pungente biasimo (verso il sistema).

Siamo nel XXI esimo secolo, a più di trent’anni dalla legge Basaglia e ancora in Italia si contano numerosi Ospedali Psichiatrici Giudiziari ,   che attendono la definitiva chiusura stabilita per il 31 Marzo 2013 per poi essere “affidati” alle comunità territoriali ( altre istituzioni  chiuse dove   continuano a sopravvivere i fantasmi dei vecchi manicomi e logiche terapeutiche inadeguate).

Il problema ,uno dei tanti , gravoso e vergognoso è la condizione disumana e degradante in cui versano la maggior parte di tali strutture , inoltre , nel sistema carcerario  si è  assistito nel corso di anni e secoli all’ intromissione sempre più massiccia  dell’ “ideologia psichiatrica” che tende a generalizzare con troppa facilità.

Come e chi può stabilire con certezza dov’è il limite tra follia e normalità?

Nell’articolo si parla come al solito di   categorie mediche : schizofrenia, disturbi della personalità, sindromi varie , e  addirittura, di tempi di guarigione in termini numerici e statistici.

Si parla di pazienti, di terapia, di “ cura”  e non di punizione , di “ infermi mentali” , “ pericolosità sociale”  ma non di uomini e donne.

Persone con la propria storia impressa col fuoco : storie che non sono per la maggior parte “casi” o patologie mentali ,ma storie reali , storie di vita vissuta e sofferta.

“ Si verificano Situazioni di crisi e turbamento all’interno di un gruppo, specialmente nella famiglia di appartenenza” ha scritto David Cooper nel “Linguaggio della follìa”.

Storie di” follie” familiari quindi, dove agiscono dinamiche distruttive e violente e non casi isolati , a sé , giudicati e diagnosticati come malattie. Tutti noi siamo oppressi da qualche cosa e potere ma fortunatamente non tutti viviamo in contesti problematici e traumatizzanti : non è giusto additare un individuo singolo come espiatore di tutto il Marcio di una realtà molto più vasta.

In ogni nucleo sociale , micro o macro, ci deve essere una valvola di sfogo , una fogna, dove far uscire i veleni, le magagne ,le illegalità di tutti i suoi membri.

Troppo difficile forse per molti  riuscire a pensare che una persona normale ,come tante, possa essere portata dalla lucida disperazione , dalla consapevolezza della  solitudine e della verità , a gesti incomprensibili e assurdi, fuori da ogni buona logica morale, ma che in realtà sono solo l’espressione inevitabile  di un dolore .

L’odio è fatto con il sangue e il dolore, il dolore è percezione immediata e consapevole, è la risposta più umana alla “follia” circostante.

Perché non può essere chiamato folle chi uccide il marito che abusa di un figlio, o chi si toglie una vita che non era più vita.

Ci sono verità insostenibili che lasciano senza fiato né parole e spesso purtroppo colui che riesce a vedere e capire  è la preda più facile dell’ ingiustizia,l’indifferenza, e l’ipocrisia.

ELEONORA FAVARONI

1 Comment

  1. Penso che la mia più grande certezza relativa a questo toccante argomento trattato nell’articolo di Eleonora sia senza ombra di dubbio molto semplice e comprensibile. Tutto, il male , le incomprensioni, la caoticità in generale a mio parere è figlia legittima del “superamento dei limiti” intesi naturalmente dal punto di vista biologico. Siamo troppi, la popolazione mondiale è in continuo aumento e il sistema è sempre più complesso e simile a un labirinto sociale. Cosa succede nella mente umana quando si presenta una complessità di qualunque tipo? La Santa Sintesi bussa alla nostra porta.. Il mondo inteso come massa 6,9 miliardi di abitanti elabora soluzioni politiche inter/nazionali nell’ordine estremo della sintesi dove nella maggior parte dei casi la chiave di lettura più comune è “l’impotenza” l’impotenza di poter sovvertire qualcosa più grande di noi di conseguenza come ha scritto Eleonora la soluzione purtroppo è la generalizzazione dei casi clinici e il trattare le persone che soffrono in maniera quasi uguale. D’altro canto La follia e la normalità assumono semplicemente dei connotati di interpretazione, dove nella maggior parte dei casi il normale è socialmente inserito e il folle è solo ed associale. Poi di quello che derivi dalle scelte che ognuno di noi intraprende è un problema strettamente soggettivo che uno sia normale e assassino o folle e volontario nel ACI. La cosa importante è che io, per IPOTESI “folle” poco importa al prossimo se quello che faccio e “giustificato” la mia follia supera il limite altrui, questo va contro la realtà sociale e divento socialmente un soggetto pericoloso (con tutte le ragioni del mondo per carità, ma rimango pericoloso). La giustificazione della follia rientra unicamente in ambito artistico e controllato. Non di certo nel venir meno all’ordine perfetto di vita quotidiana di una comunità o di una famiglia di persone per bene che si vedono investire la bimba da un alcolista (folle) però magari come dicevo prima senza l’aspetto patologico inteso come tale, magari si trattava di un semplice bicchiere di troppo che in un bosco fuori fuori giurisdizione nazionale poco faceva mentre in una città abitata da migliaia di persone.. insomma.

    Due sono le categorie che differenziano gli strati della follia:

    1) Follia patologica:
    La persona presenta stato confusionale, difficoltà nel parlare, squilibrio fisico, logiche perverse, parla da solo, inquietudine, paure, crisi di persecuzione. (naturalmente è una semplice chiave di lettura come dicevo prima, dove la persona sopracitata è socialmente pericolosa) anche per se stesso..

    2)
    Follia fisiologica:
    La persona NON presenta stato confusionale, si esprime benissimo, equilibrio fisico eccezionale, cultura impressionante con logiche paradossali ma molto chiare, ottima interpretazione della realtà generale e la cosa più importante rispetta le chiavi sociali con la semplice e più importante volontà che gli permette di rimanere inserito in un sistema comunitario (non venire meno alle libertà degli altri membri del, per esempio paese.) La parola che definisce la persona apparentemente “folle” sopracitata è il paradosso che voi sapete benissimo cosa significhi e per un artista o un amante dei substrati della mente è essenziale, non comprendere. 😉

    Non mi dilungo per magari esagerare, una delle cose più brutte e insensate al mondo. Vi saluto con una frase di

    Nietzsche:
    “Si comanda solo a colui che non sa ubbidire a se stesso”
    “Comandare è più difficile che ubbidire”

    Fabio.

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