libri_da_leggereUna collana editoriale per conoscere, discutere e ritrovare le radici della nostra storia.

Con l’imminente uscita nelle librerie del libro di Giuliano Scabia Marco Cavallo Da un ospedale psichiatrico la vera storia che ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura (Edizioni alphabeta Verlag), intraprende il suo cammino la collana editoriale 180 archivio critico della salute mentale.

Diretta da Peppe Dell’Acqua, Nico Pitrelli e Pier Aldo Rovatti, la collana nasce dal comune interesse intorno alla questione della salute mentale da parte del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, del Laboratorio di Filosofia Contemporanea dell’Università di Trieste, della Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo Franco Basaglia, del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste, del WHO Collaborating Centre for Research and Training in Mental Health di Trieste e del Forum Salute Mentale.

Entrare nel mercato editoriale e proporsi come punto di convergenza fra le tante proposte del mondo della salute mentale, così variegato e spesso ricco di antagonismi e conflitti, rappresenta una scommessa non facile da accettare. Aldo Mazza, direttore della Società cooperativa meranese Alpha & Beta da cui sono nate le Edizioni alphabeta Verlag, ha accettato la sfida e ha disposto con professionalità la nascita della nuova collana che si articola intorno a 4 grandi aree tematiche: Narrazioni, Riproposte, Attualità, Traduzioni.

Nel corso dei numerosi incontri mirati a definire le caratteristiche, le aree di interesse e le finalità del progetto editoriale, ci siamo convinti che dovevamo provarci. Proporre libri e letture, dibattiti e riflessioni. Proporre libri nell’era dei social net work.

Pensiamo che la Collana 180 possa interpretare un bisogno di conoscenza che, ancor più nell’era del web, potrà radicarsi e prendere corpo solo se i lettori se ne approprieranno, facendone rivivere i contenuti attraverso i loro personali contributi e una diffusione militante.

 

Dall’avvio dei primi cambiamenti nelle grandi istituzioni manicomiali è trascorso più di mezzo secolo. Un tempo ormai storico che oggi pretende un attento lavoro di rivisitazione, sistematizzazione, riproposizione critica di temi, materiali e documenti che raccontino di quei cambiamenti e di quanto hanno prodotto e producono nell’attualità delle pratiche e della ricerca intorno alla questione psichiatrica e della salute mentale.

Dopo anni di disattenzione, luoghi comuni e polemiche, tanto aspre quanto superficiali, sembra si possa riaccendere un interesse reale e autentico. Il trentennale della legge 180 ha ridato voce alla questione e alcuni eventi culturali di grande impatto comunicativo hanno incuriosito un numero impensabile di persone, fra cui tantissimi giovani. Basterebbe pensare al film di Giulio Manfredonia Si può fare con Claudio Bisio (8 milioni di spettatori nelle sale) e allo sceneggiato televisivo di Marco Turco C’era una volta la città dei matti con Fabrizio Gifuni e Vittoria Puccini (7 milioni di telespettatori in ognuna delle due serate di programmazione). Senza parlare del successo teatrale e cinematografico de La pecora nera di Ascanio Celestini e della popolarità del lavoro poetico e di testimonianza di Alda Merini.

Oggi il lavoro di Basaglia, e più in generale della deistituzionalizzazione, viene inserito, ancora con molte esitazioni, nei programmi di insegnamento delle facoltà di psicologia, scienze dell’educazione, filosofia, sociologia, scienze sociali, antropologia e infermieristica, diventando oggetto di tesi e approfondimenti. Cresce inoltre il numero di studenti, giornalisti e ricercatori interessati a informazioni, libri e documenti intorno a quella che forse è stata la più decisa e perdurante riforma avvenuta in Italia nel secondo dopoguerra. Tuttavia, la mancanza di testi e ricerche sistematiche che diano conto di quegli anni è quanto mai evidente. A rimanere delusi sono soprattutto i giovani.

A Trieste, come in altri luoghi di buone pratiche, siamo ancora impreparati. Più o meno di proposito, continuiamo a rispondere con l’adagio basagliano: «vieni e vedi».

Eppure molto in questi anni è stato scritto e pubblicato. In più territori abbiamo provato ad affrontare la questione. Con tagli diversi (scientifico, divulgativo, filosofico, giornalistico, letterario) e obiettivi talvolta discordanti, sono state avviate iniziative editoriali e pubblicazioni puntiformi dovendo alla fine ammettere di aver spesso fallito.

Le ragioni sono diverse: da un lato la vastità dei processi di cambiamento e i numerosi ordini di discorso che attraversa; dall’altro il fatto che il carico e l’impegno quotidiano richiesto da tali processi ha distolto molti operatori dal lavoro di ricerca e dalla produzione letteraria. Il clima di tensione e di conflitto che ha accompagnato la legge 180, ha fornito un alibi alle consapevoli disattenzioni delle riviste scientifiche e della psichiatria accademica di fronte a quei fenomeni che si presentano come antagonisti e critici dei saperi e degli interessi sostenuti proprio da quelle stesse psichiatrie. Continuano a essere imperdonabili le lentezze del Ministero della Salute e di tutti i governi che si sono succeduti, i quali hanno investito poco o nulla nella ricerca e nella valutazione dei tumultuosi cambiamenti di quegli anni e ancor meno nella diffusione delle esperienze innovative, delle buone pratiche, delle sensate organizzazioni.

 

Da quegli inizi, la mancanza di continuità volta allo studio, all’analisi, alla definizione e alla ricerca intorno a questo cambiamento che altri definiscono «epocale», appare sempre più profonda. Non solo per chi vuole sapere, ma prima ancora per quanti, impegnati oggi in questo lavoro, vedono disperdersi il valore di quanto producono e crescere il rischio di stallo, autoreferenzialità e isolamento. Per chi lavora nell’ambito della salute mentale è diventato molto difficile rispondere alle domande sempre più precise che giungono dalle famiglie, dalle associazioni, dagli stessi cittadini che vogliono rendersi più partecipi ed esperti, e dal mondo della formazione e della cooperazione sociale.

Raccogliere queste domande vuol dire mettere in campo le sinergie, le risorse e le intelligenze di amministratori, operatori, associazioni, intellettuali, cooperatori sociali, familiari e tanti cittadini.

 

La collana editoriale 180 vuole riconoscere le tante cose che in questi anni sono avvenute. Muove i suoi primi passi da Trieste per percorrere la vasta rete delle buone pratiche, incontrare la storia del cambiamento delle singole persone e raccontare le straordinarie imprese sociali che si sono sviluppate intorno alla questione psichiatrica.

La sezione Narrazioni presenta storie di persone, di esperienze collettive, di guarigione, ma anche racconti e romanzi che si costruiscono intorno al disagio e alla malattia.

Le Riproposte mettono a disposizione dei lettori i testi che hanno avuto un ruolo importante nei processi di cambiamento e che oggi riteniamo debbano essere conosciuti e studiati. Testi introvabili e ricercati proprio dai più giovani che di quegli anni (Sessanta–Settanta) rischiano di vedere cancellata ogni memoria.

In Attualità si intende rispondere al bisogno di conoscenza intorno a quanto è veramente possibile fare oggi; una domanda che percorre trasversalmente tutto il campo e gli attori presenti sulla scena della salute mentale.

Infine, Traduzioni è la parte della collana che intende far conoscere a un pubblico più vasto quelle ricerche e quei saggi di attualità che, poiché scritti in lingua straniera, sono noti solo a pochissimi addetti ai lavori. I testi di quest’area tematica potranno così diventare un utile strumento per arricchire le conoscenze e il dibattito disciplinare, sociale e politico nella più vasta area di quanti, a titoli diversissimi, sono coinvolti e attivi intorno alla questione della psichiatria e della salute mentale.

 

 

Peppe Dell’Acqua, Nico Pitrelli, Pier Aldo Rovatti

 

 

 

 

I direttori della Collana 180

Peppe Dell’Acqua, psichiatra, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste e tra i promotori del Forum di Salute Mentale.

Nico Pitrelli, fisico, condirettore del Master in Comunicazione della Scienza della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e coordinatore del gruppo di ricerca Innovazioni nella Comunicazione della Scienza (ICS).

Pier Aldo Rovatti, filosofo, coordinatore del Laboratorio di filosofia contemporanea e dell’Osservatorio sulle pratiche filosofiche di Trieste, Direttore della rivista di filosofia aut aut.

 

 

Contatti

Peppe dell’Acqua

e-mail: forumsegreteria@yahoo.it

sito: www.forumsalutementale.it

 

Aldo Mazza

Edizioni alphabeta Verlag

Piazza della Rena 2I-39032 Merano (BZ)

tel.: +39 0473 210650

fax: +39 0473 211595

e-mail: mazza@alphabeta.it

sito: www.alphabeta.it/verlag/edizioni_ab.html

16 Comments

  1. E’ questo il momento di unire le forze intorno alla ricerca, al sapere, alla memoria storica. Ci sono tanti giovani che vorrebbero sapere di questi temi, della 180, di Basaglia, e studiano a caso, nelle Univeristà, si formano da soli. Questa collana può essere un importante punto d’incontro intorno ai libri.E ,quindi, anche intorno alla produzione di idee, di nuovi stimoli. E’ un progetto forte, che potrebbe coinvolgere anche molti. Stasera c’è un’aria nuova, senmto un sorriso dentro le persone . Forse, quell’avvenire, che ci preoccupava un po’, invece è di nuovo in moto.
    E’ il momento, ne sono certa.
    E l’idea della collana è magnifica, dona anche qualche speranza in più

  2. Marco Cavallo in libreria. È certo una bella notizia, ma affidarsi soltanto a questo tipo di diffusione potrebbe essere limitativo e io non so quale sia la forza sul mercato librario delle edizioni Alpha Beta Verlag, che hanno sì, nel sito (http://www.alphabeta.it/verlag), tra le novità, anche questo libro, di cui è preannunciata la prossima uscita. Ma, volendolo acquistare direttamente dalla casa editrice (come oramai capita usualmente), non è data questa possibilità. Se poi si cerca una scheda del libro, a parte il sottotitolo, non vi è nessun’ altra indicazione. È vero che compare la “manina”, portando la freccia del mouse sul titolo, ma, cliccando, compare ben altro (D. Berruti / E. M. Faccio / S. Grosselli / E. Zeqo (a cura di) FSE – Studio di fattibilità e sperimentazione per la costituzione di un Centro di Eccellenza per la gestione e trasformazione positiva dei conflitti) che va anche bene…ma è un altro libro.
    Ora, proprio per il lancio quanto più ampio possibile di una collana che può rappresentare il luogo adatto per conservare e riflettere sulla memoria (“riproposte”), e di approfondimento storico necessario per un livello culturale diffuso (che è poi la base naturale della resistenza contro ogni tentativo di negare Basaglia); il luogo (“attualità” e “narrazioni”) di conoscenza del vivere quotidiano (quante storie ascoltiamo, non solo come operatori della sanità, ma come parenti, amici, vicini e conoscenti, ai cui narratori non siamo in grado di dare neanche una semplice indicazione stradale?) e di elaborazioni ulteriori, rafforzate (con “traduzioni”) da una visione più ampia per l’arricchimento delle conoscenze e del dibattito, insomma, questa complessa iniziativa io penso (a meno che non sia già in cantiere da parte dei promotori, e in questo caso mi scuso del fatto di non saperlo e di pretendere di dar suggerimenti già considerati) che debba utilizzare vie di comunicazione quanto più ampie, articolate e diverse possibili, consentendo anche un ciclo completo (dalla diffusione all’acquisto) che si svolga anche attraverso face book, siti dedicati, o altro, che possa essere di facile raggiungimento da parte di coloro che usano internet.
    Ho da poco (nel gruppo con oltre 2.000 aderenti –“difendiamo la legge Basaglia” – che ho costituito nel mio fb) diffuso il sito novità di Edizioni Alpha Beta Verlag; ho la disponibilità di un sito per un anno (peraltro rinnovabile) ancora tutto in costruzione (www.romualdonco.com. dedicato prevalentemente alla realtà dell’associazionismo cooperativistico sociale di tipo B della provincia di Caserta, alle comunità, ai progetti realizzati e realizzabili in quelle terre di camorra dove sta avanzando un nuovo modello di economia sociale, sostenuto da Libera e, un po’, ora, anche dai sindacati) dove potrebbe trovar spazio una sezione informativa dedicata alla collana.
    A me vengono in mente queste idee, che mi piacerebbe confrontare con altre (e anche diverse o differenti dalle mie) opinioni.

  3. Adesso ci vorrebbe il racconto del viaggio di Marco Cavallo, nell’Italia da ricostruire. Un racconto corale su quello che ha visto Marco e che vediamo noi..

  4. Non riesco a dormire, sarà il caldo, sarà che sono sola stanotte ma i pensieri non mi abbandonano, passeggiano avanti e indietro, continuamente, senza sosta. Eppure sono stanca. Stanca di tante cose. Stanca di accontentarmi, forse. Stanca sicuramente di questo spettacolo che si concretizza davanti ai miei occhi ogni giorno, sempre uguale, sempre con la stessa costanza, gli stessi orari. Io faccio parte di questo spettacolo, in veste di comparsa. No, non sono protagonista. Non mi sento l’artefice, sono parte passiva. Sono inerme, apatica, nervosa.
    O forse sto solo invecchiando. Ogni anno all’approssimarsi del giorno del mio compleanno mi lascio sopraffare da timori, dubbi, domande inquietanti, che tracciano un solco nell’aria, e restano lì sospese, pronte a riaffacciarsi l’anno seguente. Domande che non mi danno tregua, che mi costringono a guardarmi dentro, a scavare giù in fondo e riportare a galla sensazioni offuscate. E’ un soffio di libertà che vibra intorno e muove il mio corpo e la mia mente. Per qualche ora, per qualche notte, per qualche giorno. Poi puntualmente tutto scompare.
    Tutto torna come prima. Il rapido e incessante susseguirsi degli eventi, delle azioni, dei gesti, dei movimenti.
    Tutto uguale a prima. Tutto schiacciato, compresso, cancellato agli occhi del mondo. Perchè c’è qualcosa di più grande dei desideri, dei sogni, dei progetti. C’è la realtà, quella che ti costringe a sopportare. C’è la realtà che ride spietata della tua ingenuità. Ti sovrasta con la sua crudeltà, con la sua concretezza. E io mi abituo in fretta, ai soliti orari, ai soliti schemi, rigidi. E non importa se stasera quegli schemi mi fanno sentire così “piccola”, così prigioniera, incatenata con le mie stesse mani. Non c’è tempo per sognare, non c’è via d’uscita.
    Io non riesco a uscirne, sono fregata.

  5. Ho ascoltato l’intervista di Peppe alla radio, sno entusiasta.
    Ma non mi è chiara la linea editoriale. Ho delle persone, che narrano e fanno dialoghi stupndi, asciutti, limpidi, di grande spessore umano e culturale. Molto comunicative e creative. Ma non , anche continuando a fare proposte di dialoghi, teatro, narrazioni, storie intorno al viaggio di Marco Cavallo, non credo di dover continuare a scrivere, perchè in questo momento
    non conosco il piano generale. Quindi aspetto Marco qui, prendo i miei soliti appunti e poi parto per il teatro di Trapani, dove ho una sceneggiatura a teatro con la Maraini.
    Poi in Umbria gireremo un film sul mio romanzo che un editore ha comprato. al ritorno ne riparliamo.

  6. [COLOR=”DarkSlateBlue”] [SIZE=”2″][FONT=”Times New Roman”][B] 😮 MANICOMJ : fresco di stampa consiglio lettura AUTOBIOGRAFIA di Maria Antonietta Farina Coscioni : ‘ ‘ MATTI IN LIBERTA ‘ ‘ ‘
    L ‘ inganno della ‘ ‘ legge Basaglia ‘ ‘ postfazione di Sergio Staino EIR ed Editori INTERnazionali Riuniti – Report – ISBN 978 – 88 -359 – 9054 – 3 / 978 – 88 – 359 – 9052 – 9 pp 288 Euro 15 – http://www.EditoriRiuniti.net – Dimenticati da tutti e costretti a vivere in strutture fatiscenti , circondati da agenti penitenziarj , invece che da esperti medici e infermieri professionali . Ecco le disumane condizioni cui sono sottoposti gli internati degli OPG
    ( Ospedali Psichiatrici Giudiziarj ) , cosi ‘ come emergono dal viaggio inchiesta di Maria Antonietta Farina Coscioni . Le voci di chi in questo mondo ci vive , dai pazienti ai loro familiari , dai medici agli agenti di Polizia Penitenziaria . Gli accorati appelli di chi ‘ ‘ non puo ‘ essere ajutato perche ‘ il dolore lo porta dentro ‘ ‘ . Il REPORT di una realta ‘ ignorata volutamente , impreziosito da sei vignette di Sergio Staino .

    Come il percorso interrotto della legge Basaglia e ‘ ricaduto su uomini e donne in tutta I TAL YA , vittime innocenti di un iter legislativo che NON ha cancellati gli OPG . Le storie degli internati e delle loro famiglie .

    Maria Antonietta Farina Coscioni De Logu , parlamentare radicale , e ‘ segretario della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati . Tra i soci fondatori , nel 2002 , dell ‘ Associazione che porta il nome del marito Luca Coscioni , con il quale ha condivise tutte le fasi della sua lotta per la liberta ‘ scientifica . E ‘ stata presidente di Radicali Italiani . Ha fatto parte della Commissione ministeriale SLA ( Sclerosi Laterale Amiotrofica ) nella XV Legislatura , e della Direzione della ‘ ‘ Rosa Nel Pugno ‘ ‘ . Ha collaborato alla realizzazione del libro
    ‘ ‘ IL Maratoneta , storia di una battaglia di liberta ‘ ‘ ‘ , e del film – documentario ‘ ‘ Io Luca Coscioni ‘ ‘ . :eek:[/B][/FONT][/SIZE] [/COLOR]

  7. Perché proprio me? Una psicanalista lacaniana , intendo?
    – Ho letto questa cosa di Lacan , che l’analisi è la verità nella parola , e ho pensato che andasse bene per me.
    – – E perché proprio per te?
    – Perché scrivo. Narrativa. Insomma: ci provo. Comunque, mi hanno pubblicato un paio di racconti.
    – Quanti anni hai?
    – Trentuno – quasi trentadue.
    – Sembri più piccola. Tutta sorrisi, sguardi e gesti larghi… Ma ora perché ti sei chiusa così – a scatto? Cosa ho detto? Che sembri piccola?
    – – Sì, ed è vero. Me lo dicono in continuazione. E dicono pure un’altra cosa…
    – – Quale?
    – Che è perché non ho figli.
    – E tu ne vorresti?
    – No: voglio solo scrivere, io. E nient’altro.
    – -E allora perché adesso ti viene da piangere, se sei così decisa?
    – Negli ultimi tempi mi sembra di incontrare solo donne con una forma nel ventre, e…
    – Dylan Thomas? Le donne con una forma nel ventre, dico. È Dylan Thomas, no?
    – Sì, brava! Insomma: volevo dire: sì , proprio Dylan Thomas.
    – E cosa succede quando vedi delle donne che aspettano un bambino? Cosa provi?
    – Una specie di nostalgia. Nostalgia per una cosa mai avvenuta , poi.
    Un poco come se desiderassi riabitare una casa che ricordo ma che non ho visto mai. Una sensazione simile.
    – E allora cosa fai, quando provi questa nostalgia?
    – Scrivo. Poesie. Brutte e dolorosissime.
    – Te ne ricordi una? Me la vuoi dire?
    – Va bene, ecco:
    Qui, nella tasca del marsupio vuoto,
    lascia cadere
    una parola sorridente.
    L’assumerò come mia,
    obolo
    per l’assurdità di un’anatomia.
    – Un poco passiva, questa donna. Una tasca vuota che necessita dell’obolo di una parola per giustificare la propria esistenza.
    Però c’è anche questa idea di adottare una parola sorridente, farla propria. Crescerla, quasi.
    Insomma: sei proprio convinta che le parole salvino le persone. È così?
    – Sì, assolutamente! O, almeno, hanno salvato me. Eccome!
    – E in quale maniera?
    – Sino ai vent’anni non ho fatto altro che sbattere contro i bordi – su, giù; destra, sinistra… La pallina d’un flipper un poco matto. Poi ho cominciato a scrivere ed è arrivata la quiete.
    – I bordi, hai detto? Capisco. Senti, e come sono i rapporti
    con i tuoi genitori?
    – Con il padre, quasi inesistenti. Sono separati da trent’anni. Di lui so che ogni otto dieci anni cambia città, continente a volte. Ramifica in nuove donne, figli e filiali. Ho il padre online, io. Ogni tanto apro queste bustine elettroniche spedite da una poltrona paterna in qualche angolo del globo terracqueo. Il padre non ama scrivere del luogo geografico, no. Piuttosto: del proprio ingegno multiforme – è architetto e musicista insieme. Oppure: del polimorfe ingegno e precocissimo degli altri figli che ha. Cinque lingue a testa.
    – Cinque lingue a testa?
    – Sì, parlano cinque lingue, questi bambini.
    – Da come l’hai detto ho pensato a un mostro tentacolare. Bene.
    Senti, e tua madre?
    – Mia madre si alza al mattino di buon’ora e comincia soffrire. Di tutto un po’ – ma soprattutto per gli animali e per i defunti. Animali defunti: la perfezione. I vivi non meritano la sua sofferenza perché
    hanno questo difetto.
    – Quale difetto?
    – Di essere ancora vivi. Poi si vedrà.
    – Certo. E cos’altro fa tua madre?
    – È assai affezionata a uno stato depressivo che impedisce di rimpiazzare i denti caduti. Questo le dona un sorriso raro – agghiacciante e gengivale. Da melagrana spaccata.
    – E nei tuoi confronti com’è, tua madre?
    – Tutte le volte che ho avuto un problema ben grande, mia madre ha messo direttamente la cosa nelle mani del Signore, in maniera rapida ed economica. E se il problema non veniva risolto, pazienza. Evidentemente, non doveva. Chi meglio di Lui.
    – Capisco. E tu, invece, cosa pensi di Dio?
    – Mi sa che è uno bravo. Conosce tutti i linguaggi e tutti i suoni, accidenti!
    – Conosce tutti i linguaggi. Questo, è importante davvero. Riprenderemo da qui la prossima volta.
    – Bene.
    Cecilia testa da contattare:è bravissima! Invia tutto am me.

    Propongo il bìviaggio di marco Cavallo pr tutt’italia, con la gente che gli dice tutto quello che non va n coso, monologhi o racconti. ne vien fuori un quadro dell’Italia d’oggi!
    Se interessa Cecilia Testa ha scritto molto per Feltrnelli, è blogger e mi manda le sue storie. Lavora con Baricco

  8. Estratto di Atti Impuri VOLUME 2 – Il nuovo periodico, a cura del collettivo letterario torinese Spara Jurij, che si sta affermando come catalizzatore di espressioni, grazie anche alla collaborazione di numerosi autori italiani, come Giorgio Vasta, Stefano Raspini e Andrea Scarabelli.

    Il bambino nictalopo albino ha sempre vissuto per strada ed è il contrario di me. Io cerco e dico sempre la luce, non per le storie sulla solarità ma perché è l’esperienza più trascurata ed è meraviglioso stare nella luce e pensarla e immaginarla. Lui invece vive nel buio, di notte, alla luce non può mai esporsi. Al buio ci vede, di giorno no. Il suo corpo è completamente bianco perché pelle capelli e occhi sono depigmentati. Quindi il bambino nictalopo albino, il mio contrario, è quello che io cerco, quello che penso e immagino. Un corpo di luce. Il bambino nictalopo albino è magrissimo e si muove di notte per le macerie del mercato, tocca tutto quello che trova con le dita sottili che sembrano steli. Da dietro le persiane gli uomini guardano giù e osservano la stria fosforescente che al suo passaggio resta in semipermanenza nel nero e poi scompare. I suoi genitori erano albini e sono morti, lui è senza casa. Ma durante il giorno non può stare nella luce, allora gli uomini lo fanno stare nella portineria di un palazzo nobiliare semidistrutto. In cambio lui deve, di notte, pulire sotto i banchi del mercato, togliere di mezzo lo sporco della giornata. La portineria nella quale vive è un gabbiotto con le pareti di legno e un vetro sporco. Dentro c’è solo una brandina con un materasso e due lenzuola, sotto il materasso c’è un bacile di metallo bianco con il bordino blu; per terra c’è un pensile da cucina recuperato dall’immondizia, con dentro un maglione una maglietta e un paio di pantaloni, e un lavandino e un vecchio water incrostato con le tubature che non funzionano. Quando si usa il water si deve raccogliere l’acqua nel bacile di metallo prendendola dal lavandino e versandogliela dentro. È in questo modo, mentre versa dal bacile l’acqua nel water, che il bambino nictalopo albino si accorge che dal suo ano è venuta fuori una cacca a forma di cavallo, soltanto che men- tre percepisce la forma del cavallo l’acqua sta già scrosciando e si porta via tutto nello scarico. L’indomani, prima di raccogliere l’acqua e versarla, guarda dentro e in fondo al water c’è un aquilotto. Il giorno dopo il bambino decide di farla direttamente dentro il bacile bianco. Guardando in basso vede che la sua cacca ha la forma di un corvo. Il giorno dopo di una lucertola, quello dopo ancora di un gatto e poi di un elefantino, di uno scoiattolo, di un granchio. Sempre cacca vera, però a forma di animale in miniatura. Si fa delle domande su quello che mangia – quello che trova tra i resti del mercato di notte, soprattutto semi e legumi. Si fa delle domande su quello che pensa, sa solo che a questa cosa degli animali vuole bene. Passano i giorni e il bambino quando torna nella sua portineria si accuccia sul bacile e dal suo ano vengono fuori un leone, una foca, una farfalla, un cobra. Da parte sua non c’è molto stupore perché del mondo non sa nulla e quindi non sa che di solito non va così, che la cacca non prende forme. Pensa, senza sapere di pensarlo, che molto probabilmente il suo ventre è capace di immaginare e che gli animali sono le sue immaginazioni. Intanto gli uomini che gli permettono di stare nel gabbiotto gli dicono che non può più restare lì, che quello spazio adesso servirà, e che non può più mangiare i semi e i legumi in giro per il mercato, quindi per il momento non deve più uscire. Gli danno qualche giorno e vanno via. Il bambino nictalopo albino non ha capacità di pensiero; quando pensa qualcosa, dentro la sua testa c’è solo una nebbiolina che ha lo stesso colore della sua pelle. Non potendo più mangiare i semi e i legumi dimagrisce ancora più, comincia davvero a somigliare alla luce quando si appiattisce e passa sotto le porte chiuse. Senza quasi più nulla dentro, un giorno si accuccia sul bacile e spinge sul fondo un cervo volante completo di delicatissime elitre. Si gira, lo prende in mano e se lo mangia. Il giorno dopo un alce dalle corna ramificate e complesse, e si mangia anche l’alce. Poi genera e mangia un delfino perfettamente affusolato, poi un asino selvatico con le orecchie lunghe, poi una rondine con le timoniere esterne filiformi. Infine un brontosauro, il suo capolavoro, l’intero corpo coperto di spine, il cranio stretto e lungo, la coda a frusta. L’ultimo giorno il bambino nictalopo albino è stremato, il suo corpo è linee di luce. Si accuccia ancora sul bacile ma, tra crampi e spasmi abortivi, gli cola tutto lungo una gamba, dall’interno della coscia al dosso allungato del polpaccio, rallentando poi nel cavo di pelle più morbido intorno al malleolo e terminando sul pavimento. Allora il bambino si risolleva e va a distendersi sulla brandina. Ai suoi animali ha voluto bene, a tutti, e adesso, mentre il respiro è ridotto a piccolissimi lampi nel petto, si domanda quale fosse l’animale liquefatto, quello perduto. Sente che nel mondo c’è qualcosa di inspiegabile, poi non sente più niente e si addormenta e sogna una teoria di animali fosforescenti che a un certo punto si mescolano e diventano un solo grandissimo animale che velocissimo si contrae, diventa un puntino di luce e poi scompare. La mattina dopo, entrando nel gabbiotto della portineria, gli uomini non trovano nessuno. Solo, tra le pieghe delle lenzuola, c’è un microscopico globo, un insetto di luce che subito si scuote, si stacca dalla stoffa e vola via – ed è la grazia, l’unica grazia possibile, polverizzazione e fuga, di questa città senza salvezza.
    Giorgio Vasta. Mi invia racconti

  9. Credo di poter proporre di partecipare anch’io. Ho molti racconti dialoghi per teatro che posso presentare e fare piani
    editoriali

  10. La collana è una splendida iniiativa, che deve vivere della vitalità e creatività della narrazone e della poesia

  11. Proposta di un’antologia di racconti di donne…. Sulla violenza, sul corpo, sul controllo del corpo, e tutte le conseguenze di disagio….

    Tutto ciò non è mondo femminile, ma sfruttamento di quel mondo, che ancora una volta si chiude, cupo su se medesimo, anche se in superficie danzano tutti i colori della carta patinata per celebrare quel santuario ideologico che è divenuto ai nostri giorni il corpo, reso inespressivo proprio dai cerimoniali che lo esaltano. Che cosa sia il mondo femminile lo si può sapere solo da quelle donne che hanno da dire una parola in più o una parola diversa rispetto a tutte le parole che si trovano scritte sui giornali femminili. Non si tratta di una parola più intelligente o più profonda, ma di una parola più prossima a quello che per me è l’enigma della femminilità. Con ciò non intendo dire che la femminilità è incomprensibile, ma che nella femminilità sono raccolti, come in un arco in tensione, quegli opposti che il pensiero maschile distingue e separa, per cui, dopo aver contrapposto l’odio e l’amore, non sa dar ragione del perché amore e odio convivono in ogni sentimento che attraversa l’anima. C’è dunque un regime sentimentale racchiuso nell’enigma della femminilità, a cui il maschile può accedere solo per quel tanto che si concede alla sua femminilità, ma solo per quel tanto. Nel senti-mento c’è infatti una mente che tiene insieme (syn) gli opposti, e in questo con-tenere, senza espellere l’uno a vantaggio dell’altro come di solito fa la logica maschile, si dà quella con-temperanza che, se attutisce la luce chiara del giorno, evita alla notte di affogare nel suo buio. Se questa è la differenza tra il maschile e il femminile, se è nel diverso modo di usare ragione e sentimento, è bene che questa differenza trovi spazio e modo di dirsi affinché la ragione maschile, su cui la nostra cultura ha edificato se stessa, si confronti con il suo opposto che non è la follia, su cui è troppo facile celebrare vittorie, ma quella visione femminile del mondo che non aveva lasciato neppure Socrate tranquillo nei suoi ragionamenti. Si racconta infatti che il filosofo, che non perdeva occasione per segnalare il suo non-sapere, la sua ignoranza, una cosa diceva di sapere, anzi di averne episteme, sapere forte. Si trattava di cose che una donna, Diotima, l’amica di terre lontane, un giorno gli aveva insegnato. E non erano cose in più, ma cose che spezzavano la linearità del discorso, perché seguivano la sinuosità delle cose. Confondevano i contorni, quindi disorientavano, ma solo per avvicinare all’orientamento. Che poi sia giorno o sia notte non si può dire. La visione femminile del mondo diffida delle nette demarcazioni, perché familiari le sono l’aurora e il crepuscolo, quando il giorno non è solo giorno e la notte non è solo notte. Sono le testimonianze di queste albe e di questi tramonti che la nostra pagina di corrispondenza con le lettrici vorrebbe ospitare, quindi tutto ciò che può incrinare la logica maschile che troppo spesso scambia per idee chiare e distinte quelle che in realtà altro non sono che forme di pigrizia mentale. Questa pagina, che rifiuta le forme di pigrizia e non pretende di svelare l’enigma della femminilità, perché altrimenti finisce l’incanto, attende dalle donne le loro parole, quelle che descrivono la loro visione del mondo, a partire dalla quale solamente anche la moda, la bellezza, la dieta, la cucina, la salute e il sesso acquistano quel senso che, non coincidendo con l’immaginario maschile, è un senso nuovo. Comunicandolo, ogni donna può spezzare quella geometria del silenzio che penetra come una linea retta e che talvolta respinge, come una linea convessa, tutto quello che incontra. È il silenzio che allontana la comunicazione che teme, diffondendo intorno a sé un vuoto che le cose non riescono a riempire. Si tratta di un silenzio insidioso, difficile da descrivere. Lo si scopre quando è già penetrato per devastare, far tacere, nascondere, negare l’esistenza di un mondo interiore che si vuole disabitare. Come la parola, infatti, anche il silenzio ha il suo linguaggio fatto di strumenti nascosti che, secondo il contesto dell’incontro, può essere al servizio della comunicazione od opporvisi, perché, come il visibile è segretamente legato all’invisibile, così anche il silenzio, che rinvia alla notte, all’ignoto e al mistero, è legato alla vocazione del giorno che dischiude l’avventura della comunicazione.

  12. Credo che una collana possa svilupparsi in vari temi, con un elemento unificante, che è l’aumento delle condizioni che possono creare disagio. E anche come se ne esce, non solo da gravi problemi, ma anche da iniziali sofferenze, che possono trasformarsi in situazioni più gravi.
    Il prolema oggi di tutto quel che succede alle donne, nella specificità di genere, e anche i farmaci dovrebbero tener conto delle differenze biologiche e chimiche… è di vitale importanza
    Quindi anche questo tema potrebbe esser trattato

  13. Ho inviato un file mesi fa… Ora ho tanti splendidi racconti, di disagio o di situazioni che predispongono al disagio, scritti in vari registri narrativi, intensi e suggestiva, di forte impatto per i lettori. Ma non posso inviarli tutti qui… Non so se la collana, dopo Marco Cavallo, sta procedendo i suoi lavori, le sue pubblicazioni, che sarebbero utilissime per una diffusione della comprensione e conoscenza del disagio psichico e di quello che si sta facendo e si può fare. I libri sono un’arma,che va usata bene, parafrasando Brecht. Posso allegare tutti i miei file qui o Nell’ultima pagina del Forum,dove si richiedono storie. Ma è un file abbastanza consistente. Se lo invio in posta, non potrà essere preso in considerazione.
    Grazie… Cerco sempre di contribuire a questo progetto del Forum che mi ha già entusiasmato mesi fa.

  14. E la volontà e l’entusiasmo mi spingono ancora a ricercare, a scrivere, a raccogliere storie che vorrei fossero lette da tutti coloro che partecipano al forum , come lettori

  15. Qiuesta era una delle idee più innovative ddel Dsm, che avrebbe potuto aprire strade nuove e determinare, al di fuori del mercato editoriale, una nuova linea e talenti, che conosco, veramente innovativi. Ci ho sperato molto, ho scritto proposto, raccontato, inviato libri.. e tante tante proposte. Sono anche entrati amici interessati a questa collana, che è una speranza di innovazione per molti. Parecchi hanno commentato. Sembrava stesse entrando aria nuova in una collana da costruire. Ma non ne sento più parlare… Marco Cavallo continua a vendere e a girare il mondo… Ma poi… quali progetti? Io ho tanta proposte e testi accumulati da leggere e esamionare… Sarebbe un sogno una collana così….

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