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di Elysa Fazzino 29 OTTOBRE 2009

Un giudice italiano scopre il gene dell’omicidio. Libération mette sulla homepage del suo sito una notizia che fa discutere: la Corte d’appello di Trieste ha concesso uno sconto di pena di un anno a un assassino di origine algerina, perché gli ha riconosciuto una «vulnerabilità genetica» che lo predisporrebbe alla violenza. Ma esiste il gene dell’assassinio, si domanda il quotidiano francese. E’ la prima sentenza del genere in Italia. Abdelmalek Bayout era stato condannato a 9 anni e due mesi di carcere per avere assassinato nel 2007, a Udine, un colombiano di 32 anni. La pena è stata ridotta di un anno dopo che il condannato si è sottoposto a un’analisi del Dna «innovativa». «E stato accertato il possesso, da parte di Bayout, di alcuni geni, che lo renderebbero più incline a manifestare aggressività se provocato o espulso socialmente», scrive Libération citando Il Giornale, che a sua volta ha ripreso il Messaggero Veneto. Il patrimonio genetico, oltre che l’eredità sociale, è stato dunque riconosciuto come circostanza attenuante. La sera dell’omicidio, la vittima aveva aggredito Bayout, lo aveva insultato e trattato come omosessuale. Con un’applicazione «del tutto inedita» dell’articolo 62 del codice penale italiano, che definisce le circostanze attenuanti, i giudici hanno considerato che la reazione violenta dell’accusato è stata «scatenata dallo sradicamento causato dalla necessità di conciliare il rispetto della propria fede islamica integralista con il modo di vita occidentale». La reazione è stata esacerbata da elementi del suo patrimonio genetico che «secondo numerose ricerche internazionali aumentano in maniera significativa il rischio di sviluppare un comportamento aggressivo impulsivo», ha scritto il giudice Pier Valerio Reinotti nelle sue conclusioni. Un patrimonio «socio-biologico» che, per la Corte d’appello, giustificano lo sconto di pena. «E’ un non senso scientifico», afferma Catherine Vidal, neurologa e direttrice di ricerca all’istituto Pasteur, interpellata da Libération. La studiosa nega che vi sia un qualsivoglia consenso nella comunità scientifica sull’esistenza di geni della criminalità o dell’aggressività. Eve Mongin, avvocata francese in Italia – si legge ancora sul quotidiano francese – non è sorpresa di questa presa di posizione della Corte d’appello di Trieste: «L’Italia è Paese di immigrazione recente, c’è ancora poca integrazione dei maghrebini, che sono spesso stigmatizzati». In un’Italia del Nord governata «dal partito razzista e scissionista della Lega Nord», Mongin accoglie questa sentenza «con scetticismo». «Viste le motivazioni arrischiate del giudice, c’è poca chance che faccia giurisprudenza». Libération scatena il dibattito tra i lettori. Tra le decine di commenti, Panoramix osserva: «Nel paese di Cesare Lombroso, in questa sentenza non c’è niente di sorprendente».

29 OTTOBRE 2009

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