Proposta di Formazione

Leggendo il titolo di questo convegno ci si potrebbe chiedere: “perché mai serve una nuova visione dei Servizi di Salute Mentale? Quella che abbiamo avuto sin’ora non va più bene?”  In realtà, molti cambiamenti sociali, antropologici, relazionali, nonché la frattura del legami sociali causata dalla pandemia da Covid-19 impongono un cambiamento di rotta. La vecchia Salute Mentale, incentrata su un modello bio-medico di diagnosi e cura, appare semplicistica e fuorviante. Quante volte abbiamo visto pazienti con la stessa diagnosi, ma così profondamente diversi fra di loro? Spesso sono le risorse individuali, ma soprattutto familiari e sociali che creano queste differenze. Allora appare fondamentale spostare il nostro sguardo clinico a queste variabili così importanti: le relazioni all’interno della famiglia ma anche all’esterno con la rete sociale e con la comunità locale. Le opportunità che la comunità locale può offrire, in termini di spazi socializzanti, di opportunità lavorative, di sostegno abitativo possono fare la differenza ma solo se a far da cornice c’è una visione lungimirante e integrata.

All’interno del paradigma descritto si inscrivono i dispositivi che verranno trattati nel corso del convegno. Il Gruppo Multifamiliare, l’Open Dialogue e la Comunità Terapeutica Democratica traggono la loro origine proprio dallo spostamento dell’attenzione alle variabili socio-relazionali. Tali approcci appaiono come delle importanti opportunità per valorizzare le risorse familiari, sociali e della comunità in genere. Sono strumenti molto preziosi che valorizzano la dialogicità e la democrazia per il benessere mentale di comunità. Il dialogo fra le parti e il rispetto dell’alterità, il rispetto dell’altro in toto, come una persona unica e mai completamente conoscibile perché è altro da noi, sono principi comuni a tutti questi approcci. Inoltre, il valore della democrazia viene valorizzato all’interno di queste cornici terapeutiche: ognuno di noi, operatore o utente può esprimere la propria idea, la propria visione del mondo e tutte hanno uguale dignità e solo da questo continuo confronto e scambio di idee e di visioni del mondo, un po’ come succedeva nell’antica polìs, si cresce e si cambia.

Inoltre, l’incremento dei disturbi gravi di personalità e l’uso delle sostanze che slatentizzano problemi psichiatrici o viceversa l’uso massivo di sostanze e alcool come auto-medicamento per far fronte a tali problemi ci impongono di avere una visione dei nostri Servizi di Salute Mentale diversa, più aderente e al passo con i cambiamenti nella nostra società.

Infine, questo convegno vuole essere una modalità, che dovrebbe diventare prassi quotidiana, di un possibile confronto fra Servizi, che possano essere una rete e che, da una costante riflessione/consapevolezza/confronto, possa individuare e implementare le buone prassi da seguire in un Servizio di Salute Mentale. In particolare, trovare le modalità per includere l’uso delle tecnologie nel nostro lavoro così come individuare stili di lavoro che implementino il senso di agency nei nostri utenti e nelle loro famiglie appare prioritario. Vuole essere anche una modalità di rilancio dei servizi socio-sanitari pubblici in una fase storica di riduzione delle risorse e degli investimenti nei servizi di salute mentale pubblici. La prima esperienza è stata una ricerca sull’impatto della pandemia da Covid 19 studiata attraverso lo studio, autorizzato dai rispettivi Comitati Etici, dei primi casi che accedevano nei servizi di Prato, Milano e Caltagirone con costante scambio di esperienza tra gli operatori dei tre servizi. Proprio in quest’ottica sono stati inclusi ben 7 Servizi di Salute Mentale che operano su tutto il livello nazionale di sette regioni del nord, del centro e del sud di città di provincia e aree metropolitane: Prato, Caltagirone, Grosseto, Napoli, Termoli, Roma e Milano.

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