ff_dsmv3_fdi Giovanni Rossi.

La recinzione, ricordate l’aratro di Romolo che traccia il solco primordiale, serve a delimitare una proprietà. Delimitare non tanto nel senso di mettere un limite rispetto al terreno comune,  quanto piuttosto in quello di renderne chiaro il possesso esclusivo. Ricordate che fine ha fatto Remo?

Nella società della conoscenza le recinzioni sono, non più fisiche, ma altrettanto solide. Il copyright è quella forma di recinzione che definisce la proprietà, intellettuale.

Oggi ne parliamo perché la comunità dei 33.000 medici specialisti in psichiatria statunitensi,  rappresentati dalla APA (American Psychiatric Association), ha pubblicato la nuova versione del recinto che utilizza per delimitare il campo di cui si considera proprietaria. E’ il campo della mental health che noi traduciamo con salute mentale. Che perchè gli psichiatri ne accampino il diritto di proprietà deve essere in disordine. Se hai i capelli in disordine andrai dal parrucchiere, se hai i vestiti in disordine saranno necessari lavaggio e stiraggio, se hai la salute mentale in disordine andrai dallo psichiatra, che invece di usare forbici e fohn, ti rimetterà in ordine con diagnosi e farmaci.

Il recinto ha un gate, una porta, d’ingresso su cui sta scritto Diagnostic and Statistic Manual of mental disorders. Gli psichiatri dell’APA ne sono proprietari e ogni qualche anno, visto che riescono ad allargare l’estensione del campo, provvedono a revisionare la recinzione.

La pubblicazione del DSM, giunto alla quinta edizione, da un lato fissa i nuovi confini, dall’altro apre la campagna, mondiale, di acquisizione della proprietà su tutto ciò che entro quel campo viene a trovarsi. La principale finalità del DSM, non è tanto infatti quella di favorire, attraverso una precisa diagnosi, una efficace terapia, quanto quella di acquisire o consolidare una ideologia ed egemonia culturale.

Ciò è dimostrato dal fatto che se ne parla al pubblico, allo stesso modo di come fa il chierico rivolgendosi ai fedeli, ma poi, nella pratica clinica gli psichiatri si mostrano infedeli, eclettici, senza alcun  rispetto dei canoni del DSM.

Un secondo utilizzo del DSM, dopo quello ideologico, è linguistico. Nel senso di linguaggio speciale che serve agli psichiatri per dare la propria consulenza tecnica ai chierici di altre discipline.

Per esempio i giudici che devono valutare la personalità di un imputato. Oppure gli assicuratori che devono decidere se quella determinata prestazione dovrà essere rimborsata. Non dobbiamo dimenticare che negli USA le cure sono pagate dalla assicurazione, per chi ne ha una. Come si ricorderà il cardine della riforma sanitaria di Obama è l’obbligo per ogni persona di possedere una assicurazione sanitaria, che verrebbe pagata dall’amministrazione pubblica ai non abbienti.

Chi volesse rendersi conto della centralità del DSM V per le pratiche assicurative potrà consultare il sito ufficiale http://www.dsm5.org/Documents/Insurance%20Implications%20of%20DSM-5–FAQ%205-14-13.pdf

Una seconda questione riguarda lo statuto medico della psichiatria. Fedeli a questa impostazione gli autori del DSM ci dicono, in premessa, che tutte le più aggiornate conoscenze in campo genetico e di neuroimaging sono state considerate. Peccato che nel campo di cui ci stiamo occupando genetica e neuroimmagini non abbiano portato alcuna nuova informazione.

Come fa notare Saraceno – in un bel numero delle rivista aut aut dedicato alla diagnosi in psichiatria – in medicina una diagnosi serve per sapere cosa fare (terapia) e per prevedere come andrà a finire (prognosi). Per la psichiatria non è così. Sono i sintomi a guidare le terapie (antiansia, anti depressivi, antipsicotici, sonniferi) e non i raggruppamenti diagnostici. E, a parità di diagnosi, l’evoluzione individuale è talmente eterogenea, da non consentire alcuna generalizzazione prognostica.

Se già questa indeterminatezza allontana la psichiatria dal metodo di Claude Bernard. Un ulteriore distanza si determina in relazione all’etichetta (stigma) di paziente psichiatrico in confronto con quella, se c’è, di paziente medico, diabetico per fare un esempio. Il fatto è che mentre il medico si preoccupa della diagnosi differenziale, lo psichiatra si è da sempre mosso all’interno di una diversa dimensione. Quella della diagnosi assoluta. Doveva dire con assoluta precisione chi era folle e chi no. E, questo per una ragione molto semplice. La società non gli chiedeva tanto di curare, quanto di separare per escludere due paure : quella della violenze e quella del contagio. Un igienista più che un terapeuta.

Negli ultimi decenni, in parallelo con la tendenza della politica a farsi biopolitica, alla funzione storica la psichiatria ha saputo aggiungerne una nuova. Occuparsi della salute mentale delle popolazioni. E così il campo “manicomiale” si è tramutato in una immensa prateria. Che andava recintata per acquisire il controllo delle numerosissime mandrie. A questo serve il DSM. A mettere le etichette al maggior numero di persone possibile. Oggi, mentre viene pubblicato il DSM V, coloro che furono a capo dei gruppi che elaborarono le versioni III e IV si dissociano. Si autodenunciano per aver determinato tre false epidemie : il disturbo da deficit di attenzione, l’autismo, il disturbo bipolare nell’infanzia. False perché dovute ai criteri diagnostici sballati del DSM IV.

Nonostante queste denunce altre false epidemie si preannunciano. Per esempio lo psichiatra e antropologo Kleinman si chiede quanto sia normale la durata un lutto, riferendosi alla perdita della propria moglie; può prolungarsi anche a lungo senza per questo venire etichettati come malati? O verremo messi dentro il recinto?

Grazie alle varie edizioni dei DSM la psichiatria, dopo aver medicalizzato la follia, prosegue  nell’opera di medicalizzare i sani.

Come avrete notato il DSM non è il manuale diagnostico delle malattie (disease) ma dei disordini (disorder). Appunto se la vostra testa è in disordine.. fuori rivolgetevi al parrucchiere, se è in disordine… dentro rivolgetevi allo psichiatra.

Attenti dunque quando sentirete parlare di salute mentale. Perché con lo stesso termine alcuni intendono un processo di controllo e normalizzazione affidato alla medicina psichiatrica altri un processo di trasformazione che investe l’intera società della responsabilità di tutelare la salute mentale dei cittadini.

Per capire come la pensano chiedete loro che opinione hanno di Franco Basaglia.

La parola di oggi è diagnosi

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