di Elena Cerkvenič
gennaio 2022

Franco Basaglia ha fatto un lavoro enorme nel chiudere il manicomio di Trieste, nell’assicurare la libertà alle persone con disturbo mentale e nel trasformare il manicomio nei servizi di salute mentale, – i centri di salute mentale, – come sono stati fino ad oggi sul territorio, aperti a Trieste 24 ore/7 giorni.

A Trieste, chi soffre di disturbo psichico ha avuto, sin da quando, alla fine degli anni ‘70,  furono aperti i centri di salute mentale e, per fortuna, in parte ancora oggi, un luogo, – i centri di salute mentale, – dove poter essere accolto, ascoltato, supportato con un servizio garantito da professionisti della salute mentale, ovvero psicologi, psichiatri, infermieri, educatori, tecnici della riabiliatzione psichiatrica, assistenti sociali, che assicurano alle persone bisognose di cure più uno sguardo alla persona, e non tanto alla sua diagnosi psichiatrica. Un luogo dove anche di domenica mattina puoi andare a far sentire il tuo  male. Il sistema pubblico della salute mentale di comunità offre a chi soffre di grave disturbo mentale ascolto attivo, sostegno e cure che vanno al di là dell’ utilizzo dei farmaci e che assicurano alle cittadine e ai cittadini, che vivono con la malattia, una possibilità di restare nelle relazioni ma anche di inserimento sociale e lavorativo, ma anche di protagonismo come soggetti attivi, impegnati a diversi livelli nella realtà e nel contesto sociale e culturale del territorio, della città. Sono molto preoccupata, come cittadina che attraversa i servizi di salute mentale di Trieste per come sarà il futuro, considerata la riduzione che si sta verificando, anche a causa della pandemia, del numero dei professionisti della salute mentale, che operano nei vari centri, e di conseguenza anche la riduzione degli orari nei centri stessi che non potranno più garantire il servizio 24 ore. Verrà a crearsi una situazione molto critica, ma già oggi sono notevoli le difficoltà che incontriamo per tenere con serenità e contibuità i percorsi di cura. Cosa possiamo, cosa dobbiamo fare? Con la consistenza crescita del disagio psichico e delle diseguaglianze, anche nelle giovani generazioni, il numero dei professionisti della salute mentale, operativi nei vari centri di salute mentale dovrebbe aumentare anziché diminuire. Come verrà affrontata nel futuro una crisi? Come verrà gestita? Si ritornerà, passo dopo passo, alla riapertura dei manicomi (!) dove cittadine e cittadini bisognosi di cure verremo legate a un letto e ridotte all’invisibilità, private della quotidianità nel proprio contesto familiare, private del protagonismo attivo nella società, saremo immerse nella situazione disumana della privazione di libertà e tutto ciò che ne consegue ?!  E’ necessario non solo mantenere efficienti i servizi di salute mentale che esistono oggi sul territorio italiano grazie alla legge 180, ma anche lavorare assieme e collaborare per migliorarne l’efficacia.

I servizi di salute mentale sono un patrimonio della sanità pubblica di cui prendersi cura, perché l’alternativa sono ambulatori freddi, camici bianchi, porte chiuse che evocano paurosamente il manicomio, che tolgono alle persone che vivono faticosamente col disturbo mentale ogni diritto umano alla cura,  ad avere una famiglia, ad avere una casa, ad avere i propri affetti, a vivere nella libertà. La libertà è terapeutica, sta ancora scritto sui muri del nostro San Giovanni, e un paese è tanto più democratico quanto più crescono e sono  garantite emancipazione, indipendenza, libertà.