di Luigi Benevelli

[Dedico questa citazione alla memoria delle migliaia di afroamericani USA morti mentre

erano nelle mani della polizia, alla memoria dei poliziotti bianchi uccisi il 7 luglio scorso a

Dallas da Xavier Johnson, afroamericano, e di Emmanuel Chidi Namdi, nigeriano, morto lo

stesso 7 luglio dopo essere stato colpito a Fermo da un “tifoso” italiano razzista.]

Mantova, 15 luglio 2016

Nel luglio del 1900, all’avvio del XX secolo, si tenne a Londra il Congresso panafricano

che fu presieduto da William Edward Burghardt Du Bois (1868-1963), afroamericano

statunitense, studioso, scienziato sociale, allievo di William James ad Harvard e di Gustav

Schmoller a Berlino, protagonista delle lotte per il riscatto del suo popolo. I leader dei

movimenti panafricani che si incontravano all’avvio del XX secolo avevano ben chiara la

rilevanza strategica che avevano e avrebbero avuto per il mondo il colore della pelle, la

qualità del rapporto fra gli Stati seguiti alla Rivoluzione Francese e i popoli di colore.

Riporto il documento finale indirizzato dal Congresso alle Nazioni del mondo intero (1).

Nella metropoli del mondo moderno, nell’anno che chiude il XIX secolo, ci siamo

riuniti in congresso, uomini e donne di sangue africano, per discutere solennemente

della situazione presente e delle prospettive delle razze di colore del genere umano.

La questione centrale del XX secolo sarà la questione della linea del colore e si

vedrà fino a che punto le differenze di razza- che si notano soprattutto per il

colore della pelle e per i capelli- verranno utilizzate come ragione per negare

alla maggior parte della popolazione mondiale il diritto di fruire pienamente

delle opportunità e dei privilegi che la civiltà moderna porta con sé.

Certo, le razze di colore sono oggi le meno progredite secondo i canoni culturali

europei. Tuttavia, in passato non è sempre stato così e sicuramente si possono

trovare nella storia del mondo, tanto in quella antica quanto in quella moderna,

numerosi casi in cui le razze nere hanno dimostrato abilità e capacità nient’affatto

spregevoli.

In ogni caso, il mondo moderno deve ricordare che in un’era come questa, in cui ogni

angolo del pianeta risulta sempre più prossimo, milioni di uomini neri in Africa,

America e nei Caraibi, per non parlare delle miriadi di persone dalla pelle marrone e

gialla, avranno sempre più influenza a livello mondiale, non fosse altro che per una

pura questione demografica, per la vicinanza e le possibilità di incontro. Nel caso in

cui il mondo civile si impegni già da oggi a garantire ai Negri e a ogni uomo dalla

pelle di colore la più grande e ampia opportunità di istruzione e di sviluppo, allora la

vicinanza e l’influenza reciproca avranno conseguenze positive per il mondo intero e

renderanno ancor più rapido il progresso dell’umanità. Ma se, per mancanza di

attenzioni, per pregiudizio, avidità e ingiustizia, il mondo nero continuasse ad essere

sfruttato, incatenato e degradato, i risultati sarebbero deplorevoli, se non fatali, non

solo per queste persone, ma anche per gli alti ideali di giustizia, libertà e sapere che

dopo secoli di civiltà cristiana costituiscono il fondamento della cultura europea. Ed è

per questo che oggi, in nome di questi ideali di civiltà, di fronte alla grande parte

dell’umanità che si riconosce nel Principe della Pace, noi, uomini e donne africani

riuniti in questo congresso mondiale affermiamo solennemente:

La linea del colore

– Il mondo non può tornare indietro in questo lento, ma concreto cammino di

progresso che passo dopo passo evita che lo spirito di classe, di casta, di privilegio

o di nascita distolga l’animo umano dalla lotta per la vita e per la libertà, e dalla

ricerca della felicità.

– Il colore e la razza non possono essere un elemento di distinzione tra l’uomo bianco

e l’uomo nero, a prescindere dalle loro capacità e dal loro valore.

– I nativi africani non possono essere sacrificati per l’avidità di oro, né possono essere

privati delle loro libertà; non si può corrompere la moralità della loro vita familiare,

reprimere le loro legittime aspirazioni, così come non può essere precluso loro il

cammino che porta alla cultura e allo sviluppo.

– La missione evangelica cristiana non può servire da paravento per nascondere,

ancora una volta, come in passato, lo spietato sfruttamento economico e la rovina

politica delle nazioni meno sviluppate, la cui colpa più grande è stata sposare la fede

della chiesa cristiana.

– La nazione britannica, primo paladino della libertà nera deve affrettarsi a coronare il

lavoro compiuto da Wilberforce, Clarckson, Buxton, Sharp, dal vescovo Colenso e da

Livingstone (2) , e riconoscere, al più presto, la legittimità di un governo responsabile

per le colonie nere dell’Africa e delle Indie Occidentali.

– Lo spirito di Garrison, Philips e Douglass (3) non può scomparire dalla memoria

americana. Per questo ci auguriamo che la coscienza di questa grande nazione

sappia crescere e condannare le falsità e l’oppressione patita dai Negri americani,

garantire loro il diritto al suffragio, alla sicurezza personale, alla proprietà, e

riconoscere il prezioso lavoro di un’intera generazione che ha cresciuto nove milioni

di esseri umani e li ha condotti dalla schiavitù alla piena libertà.

– L’Impero tedesco e la Repubblica francese, se vogliono essere fedeli al proprio

passato, devono ricordare che il vero valore delle colonie dipende dalla loro

prosperità e dal loro progresso, e che la giustizia imparziale di fronte al colore della

pelle è il principio primo della prosperità.

– Lo Stato libero del Congo può e deve rappresentare un grande e nevralgico Stato

Negro del mondo, e la sua prosperità non può essere calcolata solo in termini di

denaro e commercio, ma deve trovare il proprio fondamento nella felicità e nello

sviluppo pieno del suo popolo nero.

– Tutte le nazioni del mondo devono rispettare l’integrità e l’indipendenza degli Stati

liberi neri come Haiti, Liberia e Abissinia – e ogni altro- e i popoli di questi paesi, le

tribù africane, i Negri delle Indie occidentali e dell’America, così come i sudditi neri di

tutte le nazioni devono avere coraggio, lottare senza tregua e combattere

valorosamente per dimostrare al mondo la loro piena e incontestabile appartenenza

alla razza umana.

Per questo ci rivolgiamo con fiducia e coraggio alle grandi potenze del mondo civile,

contando sullo spirito umanitario, sul profondo senso di giustizia del nostro tempo,

perché generosamente riconoscano la nobiltà della nostra causa.

__________________________________

(1) L’appello, oltre che da Du Bois era sottoscritto dal Vescovo Alexander Walters, presidente

dell’Associazione panafricana, dal suo vice presidente Henry Brown e dal segretario generale H.

Sylvester-Williams. Il testo è tratto da W.E.B. Du Bois, Sulla linea del colore- razza e democrazia

negli Stati Uniti e nel mondo, a cura di Sandro Mezzadra, Il Mulino, Bologna 2010, pp. 151- 153.

(2) Fondatori del movimento abolizionista inglese che giocò un ruolo fondamentale

nell’abolizione della tratta nel 1807.

(3) Frederick Douglass era stato uno schiavo fuggiasco.

[Pubblicato lo scorso 15 luglio nella  rubrica dedicata alla psichiatria coloniale su pol-it]

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