Di Mara Mazzola

C’è una scuola di pensiero secondo cui la ricerca sulle basi genetiche della malattia mentale aiuterebbe a ridurre lo stigma nei confronti delle persone con disturbo psichico.

Una serie di studi pubblicati negli ultimi tempi contraddicono questa ipotesi.

In un recente post  scritto dal blogger, medico e giornalista scientifico inglese Ben Goldacre si possono ritrovare una serie di riferimenti bibliografici aggiornati da cui si evince che la narrazione della malattia mentale basata sulla “causa biologica” rinforza i pregiudizi e gli atteggiamenti negativi. In altre parole l’approccio al disturbo mentale basato sul modello medico aumenta la percezione di pericolosità e imprevedibilità.

Lo stigma nei confronti delle persone affette da disturbi mentali è materia complessa. Contribuiscono alla sua costruzione fattori sociali, culturali e scientifici nei diversi periodi storici e nei differenti contesti geografici. Stephen Hinshaw, in uno dei libri  più completi scritti negli ultimi anni sul tema, ha dimostrato, fra le altre cose, la natura ciclica delle discussioni attorno ai pregiudizi che hanno accompagnato nei secoli la malattia mentale.

Sui contributi negativi che indagini pseudoscientifiche possono dare nella formazione di stereotipi duri a morire, non solo nell’immaginario pubblico dei non-esperti ma anche in quello dei medici, vale la pena leggere un articolo  di qualche mese fa uscito su The Lancet. L’autrice, Alice Wexler, una studiosa americana, racconta come sia maturata in lei la decisione di dedicarsi professionalmente alla ricerca storica dopo che alla madre venne diagnosticata la malattia di Huntington.

Prima di allora, la madre di Alice Wexler non aveva mai detto che suo padre e ben tre suoi fratelli erano morti per lo stesso disturbo. Wexler ha impiegato anni per capire l’origine di quel tragico silenzio. Ha ricostruito i modi in cui le rappresentazioni pregiudiziali sulla malattia si sono alimentate e rafforzate nei secoli grazie a una funesta interazione tra il circuito della comunicazione pubblica e teorie pseudoscientifiche (da segnalare quella dello psichiatra Percy Vessie, elaborata negli anni ‘30 del Novecento, che associava l’Huntington alla stregoneria).

È del mese scorso infine la pubblicazione di una ricerca condotta da Malcolm J Boyle e dal suo team che svela quanto oggi i pregiudizi siano presenti in coloro che un giorno saranno medici.

L’obiettivo dello studio  , pubblicato su BioMed Central, era quello di misurare gli atteggiamenti degli studenti universitari iscritti a sei diversi corsi in materia di salute alla Monash University in Australia nei confronti di pazienti con disabilità intellettuale, abuso di sostanze e malattia mentale acuta. Agli studenti è stato somministrato un questionario secondo la MCRS, Medical Condition Regard Scale, atta a misurare gli atteggiamenti che i futuri medici possiedono nei confronti delle tre categorie di pazienti prima menzionate.

I risultati, in riferimento alla sola categoria di disturbo mentale, sono sorprendenti: all’interno del questionario le voci più menzionate dagli universitari sono state “trattare questo tipo di pazienti è uno spreco economico”, “non c’è molto che posso fare per aiutare questo tipo di pazienti” e, ancora, “preferisco non lavorare con questi pazienti”.

1 Comment

  1. Sonia Rega

    Siamo un gruppo di studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Seconda Università di Napoli mossi da un interesse comune: lo “stigma” che accompagna le persone affette da disturbi mentali e, in particolar modo, dalla schizofrenia.
    Lo scorso anno abbiamo condotto una ricerca tra gli studenti del V e VI anno sulle opinioni riguardo alle cause della schizofrenia e su come queste possano influenzare il rapporto con le persone con tale disturbo.
    Sono temi su cui abbiamo ritenuto fondamentale focalizzare la nostra attenzione, poiché crediamo che ogni paziente abbia diritto allo stesso tipo di trattamento senza alcun tipo di distinzione né pregiudizio.
    Ci siamo accorti infatti, frequentando i reparti medici, di come le diagnosi psichiatriche facciano la differenza e possano portare i medici a prestare minore attenzione ai sintomi fisici lamentati dai pazienti e ad interpretarli automaticamente come conseguenza della patologia mentale.
    Dalla nostra indagine, che è nata come un momento di approfondimento e di dibattito acceso su cosa sia lo stigma e quanto siano diffuse le discriminazioni in ambiente sanitario, è risultato evidente che l’etichetta diagnostica di schizofrenia e la rilevanza data ai fattori genetici, incrementa la distanza tra noi medici (futuri) e le persone con problemi mentali e rafforza il pregiudizio circa la loro imprevedibilità.
    Vorremmo a questo proposito chiedere alle persone che hanno avuto un problema di salute mentale e anche di salute fisica di renderci partecipi, in forma anonima, delle loro esperienze con il personale sanitario in contesti medici non psichiatrici (positive e fallimentari che siano state).
    Ci aiuterebbe a capire le discriminazioni di cui spesso siamo inconsapevoli nell’esercizio della professione medica e forse a controllarle almeno in parte.
    Grazie
    Antonio D’Ambrosio; Aniello Del Giudice; Nicoletta Oliviero; Melania Patalano; Sonia Rega; Alessandra Sagliocchi
    s31-2010@googlegroups.com

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