radio-180x180In questa puntata:

  • Il racconto di un antropologo che visita la Somalia per questioni di salute Mentale: in collegamento da Bosaso Massimiliano Reggi dell’Università di Milano Bicocca,
  • è cominciata la campagna nazionale STOP OPG, in collegamento Stefano Cecconi della CGIL Nazionale ci spiega come è organizzata. Sempre in tema di OPG, ospite in studio la giornalista di Radiopopolare Lorenza Ghidini racconta la recente sua visita all’OPG di Castiglione delle Stiviere (Mantova)
  • continua l’indagine sulla salute mentale dei candidati sindaci di Milano, oggi con noi la candidata del Partito Pensionati: Elisabetta Fatuzzo

http://www.radiopopolare.it/fileadmin/notiziario/terra_27_04_2011.mp3

2 Comments

  1. GiuliaElisewin

    Gentile Redazione di “La Terra è Blu”,

    Seguo da pochissimo la vostra trasmissione e mi piace molto. Oggi ho sentito il servizio di Lorenza Ghidini sull’OPG di Castiglione delle Stiviere e mi piacerebbe commentare un po’ su quello che ha detto, nel caso vi possa interessare o servire (altrimenti scusate lo sfogo personale!).

    Un mio carissimo amico è un paziente dell’OPG di Catiglione delle Stiviere da un paio d’anni. Attraverso le visite o il contatto epistolare sono riuscita a farmi raccontare un po’, e sono sicura che se lui avesse la possibilità vorrebbe rispondere all’intervento di Lorenza. Purtroppo, come “internato”, ha diritto a solo una decina di minuti di telefonata alla settimana e nessun accesso a internet. Prendetemi come “messaggera”. Vorrei sottolineare che non sono nè una giornalista, nè un’esperta in materia, e che quindi ciò che racconto è il risultato di qualche visita all’OPG che aveva il puro scopo di andare a trovare un amico, e dei pochi racconti di questo amico.

    La descrizione di Lorenza Ghidini è senz’altro veritiera: l’OPG in questione non è paragonabile a quelli denunciati nel video della Commissione d’Inchiesta. L’OPG di Castiglione è un vero e proprio ospedale, e concordo abbastanza con il paragone con le case di riposo per anziani. Ciò con cui non sono d’accordo è l’illusione che tutto (o quasi) funzioni così bene da arrivare a dire che quest’ospedale rappresenti il simbolo della concretezza della campagna “stopopg”. E’ vero, l’ambiente sembra più accogliente, almeno per quel poco che gli ospiti possono vedere, ma una vita per lo meno dignitosa per i pazienti rimane un lontano miraggio. Mi ha in particolare colpito la descrizione da parte di Lorenza Ghidini della vita dei pazienti come relativamente “intensa”. Ciò è vero solo in piccola parte. La giornata dei pazienti non è scandita da molte attività o percorsi riabilitativi, e solamente i pazienti fortunati abbastanza (o forse sono proprio i più sfortunati) da essere completamente “sani di mente” (o insomma, non meno di ognuno di noi) riescono a riempirsi la giornata con varie attività, ma solo ed esclusivamente grazie alla loro forza di volontà. E così alcuni passano i giorni a comporre musica con i computer a loro disposizione, o a disegnare e mantenere contatti con una cooperativa che propone alcuni atelier artistici all’interno dell’ospedale, o a leggere alcuni libri della biblioteca o quelli che riesce a farsi portare da amici e parenti.

    E gli altri? Chi questa forza non ce l’ha? Chi non è così “sano” ed è molto più simile a quello stereotipo di “matti” che abbiamo nell’immaginario comune? Dove sta la cura per loro? Nei sedativi e nelle brevissime sedute psichiatriche? C’è da dire che per alcuni di loro probabilmente non c’è speranza di riuscire a reintegrarsi nella vita fuori da un istituto del genere, nè di raggiungere lo standard mentale di “normalià” che la nostra società impone, ma ciò non significa che l’unica soluzione sia tenerli chiusi lì dentro a trascorrere le loro giornate senza fare assolutamente niente, e le loro nottate in stanze in cui più di 10 letti distano meno di 20 centrimetri l’uno dall’altro.

    La realtà poi purtroppo la sapranno solo gli internati di questi centri, e chissà se qualcuno troverà mai la forza e il coraggio per raccontarla. Ciò che noi possiamo fare è raccogliere quante più testimonianze possibili, positive e negative. Nè la mia, nè quella di Lorenza Ghidini offrono una descrizione precisa della realtà dei fatti, ma entrambe offrono spunti reali e realistici.

    Nel mio piccolo quindi vorrei rivolgere un appello a chi sta lottando per la chiusura e la trasformazione di questi centri: non accontentiamoci, non idealizziamo strutture come quella di Castiglione delle Stiviere solo perchè meglio di altre, solo perchè non ci sono guardie armate e le stanze sono apparentemente più pulite. Sebbene l’OPG di Castiglione non sembri chiamato in causa dalle immagini che abbiamo visto in televisione, rimane comunque un luogo in cui alcuni nostri concittadini non godono di diritti fondamentali come la cura delle loro malattie psichiche, una vita dignitosa e la prospettiva di un futuro migliore in cui possano reintegrarsi pienamente nella società.

    Ciò per cui bisogna lottare non è solo “un posto un po’ migliore” rispetto a ciò che la Commissione d’Inchiesta ha denunciato, ma è che una cura, un percorso riabilitativo serio, personale, intenso, reale, sia garantito a tutti i pazienti, senza che debbano contare esclusivamente sulle proprie forze, che molto spesso mancano. E nei casi in cui queste cure possono solo ottenere risultati limitati, bisogna lottare perchè anche queste persone vengano aiutate a trovare un loro ruolo, dignitoso e umano, nel mondo.

    Lo stesso discorso si può purtroppo estendere a moltissime altre realtà in cui vite umane vengono disprezzate e maltrattate. Ma forse piano piano, un passo alla volta, riusciremo a cambiare le cose.

    Giulia

  2. belcammillo

    bell’articolo, che fa’ un po’ di luce sulla realta’ OPG
    di Castiglione, su cui ho letto quasi sempre solo
    cose entusiastiche, e la cosa mi puzzava un pochettino…
    Personalmente avevo un amico li’ a Castiglione, ospitato per
    molti anni: durante tutto questo tempo, non ho mai potuto
    sapere nulla, anche perchè vivo molto lontano dalla Lombardia.
    Con la sua famiglia non avevo praticamente contatti quando
    da ragazzi ci frequentavamo, figurarsi oggi.
    Nulla trapela, solo una volta, su internet, la notizia da un
    giornale on-line, dell’attesa per le decisioni del giudice
    per la sua fine pena, se continuare con l’internamento o
    una soluzione migliore in chiave di reinserimento.
    Pochi giorni fà, di mia iniziativa personale, ho provato
    tramite il numero sulla sua pagina WEB, a contattare l’OPG di Castiglione delle Stiviere.
    Inutile nascondere che ero molto emozionato, la speranza di sapere qualcosa sul mio miglior amico di sempre, dopo 14 anni, era grandissima.
    Essendo di domenica (pomeriggio), mi ha potuto rispondere
    solo il portiere dell’Istituto, una persona abbastanza
    anziana, che però è stato davvero molto gentile.
    Lui non ha saputo dirmi altro se non che il mio amico è
    stato trasferto in altro posto, in una comunità.
    Mi è stato altresì detto che per maggiori informazioni,
    avrei dovuto chiamare un giorno feriale, cosa che ho fatto
    ieri pomeriggio: stavolta mi risponde una voce femminile
    molto asciutta e per niente amichevole, che mi riferisce che non possono dare nessuna informazione, di nessun genere, e che le informazioni, anche solo per sapere
    se un internato si trovi ancora in OPG o sia stato trasferito\dimesso, dev’essere richiesta in forma scritta,
    accompagnata da fotocopia di documento.
    D’accordo, che si tratta di informazioni delicate, su persone in ambiente protetto, ma mi sembra un esagerazione.
    Ora sò bene che passereanno altri anni prima di sapere
    ancora qualcosa sulle sorti di questo mio amico.
    Forse…

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