(disegno di Ugo Guarino)
(disegno di Ugo Guarino)

di Claudio Mencacci, Società italiana di psichiatria.

Il problema delle REMS e delle liste d’attesa è solo parzialmente dovuto al ritardo della realizzazione delle Rems a livello regionale. Questo perchè le REMS non sono il sostituto degli Opg come erroneamente pensa parte della Magistratura di sorveglianza o giudicante. Il recente dibattito apparso sul problema delle liste d’attesa per l’inserimento di soggetti autori di reato con vizio di mente, giudicati socialmente pericolosi, nelle Rems, mette ancora una volta in evidenza quali e quante difficoltà abbia, dal 2008 ad oggi, l’auspicato e voluto processo di superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari .

Senza voler riprendere tutti i contrasti occorsi tra l’ambito giudiziario e quello sanitario, tra le leggi nazionali e le applicazioni regionali delle stesse, che hanno caratterizzato il percorso di superamento degli Opg dalla promulgazione della legge 9/2012 sino ad oggi, evidenziamo alcune criticità a cui si dovrebbe ovviare.

La Società italiana di psichiatria sin dall’inizio del processo di superamento degli Opg ha sollevato il problema della necessità di potenziare l’assistenzapsichiatrica negli istituti di pena, di affrontare il problema delle perizie psichiatriche e della necessità di supportare adeguatamente i servizi di salute mentale egli altri servizi coinvolti nei percorsi di cura degli autori di reato nell’assistenza territoriale delle Asl (Dsm, Sert e Distretti socio sanitari). Il problema delle liste d’attesa è solo parzialmente dovuto al ritardo della realizzazione delle Rems stesse a livello regionale. Questo perché le Rems non sono il sostituto degli Opg come erroneamente pensa parte della Magistratura di sorveglianza o giudicante, ma il periodo più limitativo dellalibertà di un percorso di cura sanitario che dovrebbe essere progettato a partire dai luoghi di detenzione (Case circondariali) ed essere realizzato anche nelle Rems o nelle altre strutture sanitarie, con la presa in carico dei servizi sanitari del territorio.

Viceversa se si intende la Rems come un luogo di detenzione alternativo all’Opg, dove il paziente rimane per un periodo stabilito dalla giustizia invece che dalla sanità, non si realizzerà alcun percorso di cura e i posti disponibili nelle Rems saranno insufficienti. Bisogna quindi sollecitare i periti a collaborare strettamente con i servizi territoriali e i giudici a rispettare la legge 81/2014 che considera l’inserimento in Rems solo se non sono possibili altri percorsi di cura meno limitativi della libertà individuale.

Purtroppo la definizione stessa di “pericolosità sociale” che viene attribuita alla persona con vizio di mente e la non conoscenza delle alternative terapeutiche possibili, inducono periti e magistrati a prescrivere la soluzione Rems ad un esagerato numero di persone. E’ venuta meno da parte dei periti la remora ad inviare in Opg perché luoghi non adatti alle cure; non é stato modificato il codice penale e non è stata superata la logica del doppio binario per autore di reato con o senza vizio di mente, per cui dal punto di vista giuridico l’invio in Rems sostituisce di fatto l’invio in Opg.

Tuttavia le Rems sono strutture sanitarie e per svolgere adeguatamente la loro funzione terapeutica devono non essere dei surrogati dell’Opg.

Urge rivedere il concetto di pericolosità sociale psichiatrica sostituendolo con valutazioni sulle possibilità terapeutiche del soggetto, abolendo la rigidità che non consente di trattare persone ree e pericolose nei luoghi di detenzione (istituti di pena) almeno sino a che la loro collaborazione non diventi sufficiente ad effettuare il percorso nelle strutture sanitarie che, per alcuni sarà la Rems, mentre per la maggior parte saranno luoghi di cura uguali a quelli per i malati non autori di reato.

Inoltre per i pazienti inseriti nelle Rems bisogna che la valenza terapeutica della struttura sia prevalente rispetto a quella custodiale, di cui gli psichiatri non sono responsabili. Si pensi a quanto recentemente occorso ad uno psichiatra responsabile di una Rems che é stato iscritto sul registro degli indagati perchè avrebbe dovuto svolgere il ruolo di Ufficiale Giudiziario così come compete al direttore di un istituto di pena.

Questo dimostra la pericolosa confusione di ruoli che ancora oggi si ha nelle Rems che sono strutture sanitarie in cui insistono pazienti sottoposti a vincoli dall’autorità giudiziaria. Bisogna riuscire a mantenere separate le responsabilità sanitarie di cui noi psichiatri vogliamo occuparci da quelle custodiali dell’ambito penitenziario che non sono state superate dall’attuale legislazione. I pazienti inseriti in Rems vengono considerati degli internati con limitazioni della libertà simili a quelle dei detenuti, pur essendo in un luogo di cura e sotto la responsabilità di personale della sanità. E’ necessario affrontare congiuntamente alla magistratura il problema delle competenze per evitare che il già difficile lavoro degli operatori nelle Rems sia gravato anche da responsabilità giuridiche che non gli competono. Bisogna rivendicare il ruolo sanitario delle Rems e poter concordare con la Magistratura il percorso terapeutico del paziente in rapporto alle sue necessità sanitarie. Sovente nella stessa vi sono Rems possibilità riabilitative molto differenti tra i pazienti presenti per le diverse opinioni del magistrato competente e non per le necessità terapeutiche. Avere un interlocutore preferenziale della Magistratura di sorveglianza in ciascuna Rems porterebbe ad un maggior dialogo con lo psichiatra responsabile che interfacciandosi con gli psichiatri dei servizi possa facilitare la transizione al territorio.

Riassumendo i motivi per cui si creano le liste d’attesa per l’inserimento nelle Rems sono:

– la mancanza di risorse territoriali e della conoscenza dei percorsi sanitari possibili alternativi all’invio nelle Rems da parte dei periti e della Magistratura giudicante che non ottempera a quanto contenuto nella legge 81/2014;

– la convinzione culturale che il malato di mente sia pericoloso e, quindi, debba rimanere “chiuso” nella Rems ma non rimanere in carcere anche se “pericoloso”. Il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto dovrebbe essere di competenza del giudice e non sanitario, anche in caso di vizio di mente. Inoltre, una gestione custodialistica detentiva anziché terapeutico riabilitativa delle persone inserite in Rems, nonché la mancanza di collegamento con i servizi territoriali delle Asl, impedisce il corretto passaggio dei pazienti autori di reato nei percorsi di cura dei pazienti non autori di reato.

La parziale realizzazione delle Rems è solo un cofattore della situazione di difficoltà venutasi a creare e nell’occasione del ripensamento del percorso sanitario dei pazienti autori di reato si devono affermare i principi di cura su cui si fonda la psichiatria, a cui non deve essere attribuita la funzione custodialistica né tanto meno la responsabilità dei comportamenti dei pazienti.

Questi ultimi, come per tutte le persone, dipendono da molteplici fattori genetici, culturali, ambientali e non dovrebbero essere ridotti alla patogenesi biologica o relazionale dei sintomi su cui la medicina interviene.

La terapia di una persona con disturbi mentali si fonda principalmente sulla relazione medico-paziente che si riesce a instaurare e che non deve mai essere custode-detenuto.

(da Quotidiano Sanità 03/05/2016)

http://www.quotidianosanita.it/stampa_articolo.php?articolo_id=39251

Write A Comment