Roma, 28 Aprile (Il Velino)L’ospedale psichiatrico di Al Fanar, nato  nel 1964 grazie alla famiglia Labban, e’ interamente gestita e finanziata da moglie, figlia e nipote del fondatore. Ne è’ stata completata con successo la ristrutturazione/ammodernamento con il  progetto “Azioni di riabilitazione e di sostegno all’ospedale psichiatrico Al Fanar a Zahrani”, finanziato con 486 mila euro dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs) della Farnesina e dallo stesso ospedale con 50 mila dollari ed e’ stata sviluppata dalla Ong italiana Ctm. A monitorare e coordinare il progetto l’Unita’ tecnica locale (Utl) della Dgcs a Beirut. La cerimonia di inaugurazione si e’ svolta presso l’ospedale, sotto l’alto patrocinio del presidente dell’Assemblea nazionale libanese, Nabih Berri, e alla presenza del ministro della Sanita’ pubblica, Mohammad Khalife; dell’ambasciatore italiano a Beirut, Gabriele Checchia; del sindaco di Nabatieh, Moustafa Badreddine; della direttore del Centro, la signora Samar Labban, di numerose autorita’ locali, di rappresentanti delle Universita’ libanesi, di alcune Ong locali e internazionali e di vari stakeholder impegnati nel settore. L’obiettivo del progetto e’ ripristinare le condizioni igieniche basilari della struttura e la capacita’ di ricovero del Centro psichiatrico Al Fanar di Zahrani. In particolare, l’iniziativa si e’ incentrata sulla ristrutturazione interna dell’ospedale attraverso la ricostruzione dei servizi sanitari; l’introduzione e l’equipaggiamento di nuove cucine e di nuove lavanderie e l’istallazione di un sistema di riscaldamento solare e di due nuove serre. Sempre su questo versante, recentemente e’ stata organizzata una “giornata di disegno artistico”, con lo scopo di coinvolgere i pazienti in attivita’ sociali e riabilitative tramite la realizzazione di opere artistiche. L’iniziativa ha costituito un progetto pilota per tutti gli ospedali psichiatrici in Libano. Tutto il materiale e’ stato fornito come donazione dall’ufficio di Cooperazione della nostra sede diplomatica nel paese dei cedri. Conclusa la giornata, si e’ svolta presso l’ospedale una mostra con i lavori dei pazienti, alla presenza dell’artista e co-fondatrice dell’Associazione libanese Vapa, Kiki Bocassa, e la sua squadra artistica.”Sono molto lieto di essere qui oggi per l’inaugurazione dell’ospedale psichiatrico Al Fanar, a seguito dei lavori di riabilitazione – ha affermato l’ambasciatore Checchia -. Si tratta di un centro che riveste un grande valore storico e che fornira’ servizi di alta qualita’ alle persone piu’ emarginate e bisognose”. Il progetto di ristrutturazione, inaugurato il 24 ottobre 2009 dalla signora Labban e da Checchia, fa parte del programma di emergenza Ross (Riabilitazione socio-economica del paese e riqualificazione del territorio), giunto alla sua terza fase e il cui obiettivo e’ contribuire alla riabilitazione e al rafforzamento dei servizi di base, volti a promuovere migliori condizioni socioeconomiche, attraverso l’avvio di un processo di sviluppo locale, con particolare attenzione alla tutela dell’ambiente ed alla parita’ di genere.L’Ospedale, una delle tre strutture specializzate nella psichiatria in Libano (l’unica nel sud), e’ privato e a conduzione familiare. A costruirlo e interamente finanziarlo nel 1964 e’ stato un importante psichiatra libanese, il dottor Abed al Rahaman Labban, diventato poi anche ministro per gli Affari sociali. Il suo progetto era creare una struttura psichiatrica di eccellenza per tutto il Medio Oriente. Labban poi e’ prematuramente scomparso nel 1984 e la responsabilita’ per la gestione dell’ospedale e’ interamente passata alla moglie, una psicologa palestinese originaria di Gerusalemme. L’attuale direttrice, la signora Samar, e’ la figlia del dottor Labban. Ha studiato psicologia all’Universita’ americana di Beirut, dove ha conseguito il master in psicologia nel 1987 e il dottorato di ricerca nel 1996. Dalla morte del padre ha diviso il suo impegno tra l’universita’ e l’Ospedale insieme alla madre e a dodici paramedici, prevalentemente donne (nove). Nel 1986 Samar e’ diventata la direttrice della struttura che oggi accoglie 250 pazienti con gravi patologie croniche e lunghe degenze e assiste altre circa 1.500 persone l’anno a livello ambulatoriale, tra cui numerosi tossicodipendenti ed ex soldati e guerriglieri.La famiglia Labban sostiene direttamente circa l’80 per cento delle spese di gestione dell’ospedale e riceve un contributo dal governo equivalente a poco piu’ di dieci dollari al giorno per paziente. La struttura vive dunque essenzialmente grazie al contributo volontario e al sacrificio della dottoressa Labban, della madre, che ne e’ la presidente, oggi affiancate anche dalla figlia di Samar – Sandra di 23 anni – studentessa, come la madre, di psicologia all’Universita’ americana di Beirut e prossima alla laurea. Una storia dunque tutta al femminile – fanno sapere dall’Utl di Beirut -, vissuta in circostanze ambientali estremamente difficili e resa possibile grazie alla forte motivazione personale ed eccezionale generosita’ della dottoressa Samar.Durante la guerra civile, 1975-1990, l’Ospedale e’ stato sempre tenuto aperto e ha anche operato come centro di accoglienza per le donne sfuggite ai massacri di Sabra e Shatila. Tre di queste donne palestinesi, che hanno perso l’intera famiglia nei massacri di quegli anni, sono oggi parte del personale paramedico dell’ospedale. La Cooperazione italiana, oltre a finanziare la completa ristrutturazione dell’Ospedale, ha recentemente prodotto anche un film su Al Fanar che partecipera’ al Human Rights Nights Festival di Bologna.

1 Comment

  1. come mai l’italia, paese nel quale, almeno per legge, gli Op dovrebbero essere chiusi, permette che la cooperazione italiana ne ristrutturi uno in Libano?

    non vuole essere una domanda retorica. solo, mi piacerebbe sentire, da coloro che hanno fatto questa scelta, le loro ragioni fondate.

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