convegno “Impazzire si può” – Trieste 21 – 23 giugno 2012

intervento di GIUSEPPE BUCALO

Salve a tutti. Sono Giuseppe Bucalo. Faccio parte di un’organizzazione che da 25 anni opera in un campo in cui fortunatamente non siamo solitari perché insieme a noi, accanto a noi, camminano tutti quegli utenti, e sono tanti, dei servizi psichiatrici che non vogliono essere utenti dei servizi psichiatrici, che non vogliono essere curati dai servizi psichiatrici, che non ritengono di essere malati di mente, e che, quindi, difendono il loro diritto di cittadinanza ed esistenza contro l’invadenza dei servizi psichiatrici.

L’associazione si chiama “Comitato d’Iniziativa Antipsichiatrica”.

Io approfitto di una cosa che diceva ieri Peppe dell’Acqua che mi aiuta anche a fare un piccolo discorso teorico, e poi vorrei parlare invece di cose molto pratiche.

Ieri Peppe diceva, a proposito degli anti-bagno che si richiedono alle case dove si alloggiano le persone … e diceva che “a casa mia non c’è un anti-bagno” e neanche a casa mia … e questo è reale. Però aggiungeva, e questo mi da modo di parlarne, “c’è anche gente che parla di anti-psichiatria e non capisco neanche come” … un po’ come l’anti-bagno, come se fosse un assurdo.

Ecco guardate, l’anti-psichiatria è appunto come l’anti-bagno: è ciò che sta prima della psichiatria.

Io so benissimo che Dell’Acqua conosce queste cose perché, volente o nolente, tutto questo percorso è nato con queste idee. Le ha perse per strada, le ha perse tutte per strada.

Quello che ho vissuto in questi due giorni … Peppe era mortificato dall’ultimo intervento, io sono mortificato da tanti, tanti interventi, ivi compresi, Dell’Acqua sa benissimo, anche quelli suoi. Quelli di Trieste in generale … noi ci mortifichiamo da molti anni.

E ci mortifichiamo anche perché siamo nati con … devo dire prettamente in linea con tutti voi. Nel senso che noi è quello che pensavamo quando siamo nati. Poi fortunatamente le persone che abbiamo incontrato ci hanno detto: “Guardate che forse … se voi ascoltate … forse sono altre le cose che ci servono”.

Sono molto mortificato e sono molto impaurito da Paolo Cendon, da quello che diceva, perché non so in quale mondo vive. Perché questa cosa dell’amministratore di sostegno è veramente qualcosa di … aldilà delle buone intenzioni che io riconosco a tutti, sia per l’amministratore di sostegno ma anche di Trieste e dell’organizzazione triestina … penso che ci siano tutte le buone intenzioni. Ma l’effetto pratico di questa cosa qua è devastante. E’ veramente devastante.

Io riflettevo mentre lui parlava … e pensavo che, così come lo descrive lui, tutti quanti vorremmo un amministratore di sostegno. Io vorrei qualcuno che per me discuta col condominio … Ma non è questo ! Il mio “amministratore di sostegno” è mia moglie e io con mia moglie ho un casino di casini, proprio perché òa sua idea su come si spendono i soldi non è affatto uguale alla mia.

Quindi voi immaginate … e noi lo vediamo in tutte le persone che hanno un amministratore di sostegno … che, quando gli va bene, dovranno sottostare ai desideri altrui. Guardate che si finisce in psichiatria spesso, aldilà delle idee che voi possiate avere, perché si hanno desideri che non sono condivisi, si hanno idee che non sono condivise e si vogliono fare cose che gli altri ritengono ci facciano male. Quindi è chiarissimo che il mio amministratore di sostegno non farà mai, o quasi mai, quello che io intendo fare: farà quello che pensa sia bene per me.

E va anche benissimo. Tutti quanti fanno così: i nostri genitori, gli psichiatri … ognuno cercare di fare il bene per noi. E allora quando io ho un amministratore di sostegno, se mi va bene, allora mi impediranno di spendere i soldi come voglio. Per esempio, andare a puttane o spenderli tutti in un giorno o non avere una casa o dormire per strada … mi impediranno qualsiasi cosa io scelga di voler fare.

Quando mi va male, e va così a moltissima gente, dentro alle varie clausole, scriveranno anche che il mio amministratore di sostegno deve garantire anche il mio “diritto alla cura e alla salute”.

Ecco, se io lo chiedo, allora non c’è nessun problema. Io penso di essere malato e voglio una cura. Ma se io non lo chiedo, se io questo non voglio, questo problema diventa una grande trappola, non una grande possibilità di cittadinanza e di diritti.

I diritti devono essere esigibili, non mi si devono concedere.

E noi dovremmo ritornare a questo. Siccome penso che questa fosse l’utopia di quando si chiusero i manicomi. La cosa che sembra essere sfuggita a tutti è che sostituire la “malattia mentale” con quello di soggetto “debole”, soggetto che ha bisogno di assistenza continua, costante, che non può abitare se non in una casa speciale (non può abitare in una casa qualunque), è un messaggio che, aldilà delle buone intenzioni di tutti, (continuo a dire che non giudico, né valuto ciascuna delle vostre esperienze di accoglienza, perché penso che siano comunque fatte col cuore …) … ma quello che noi stiamo continuando a dire in giro è che ci sono alcune persone, alcune categorie di persone, che sono i “loro”, sono categorie di persone che noi categorizziamo, i quali hanno bisogno di una vita diversa di quella che noi facciamo o, comunque, hanno bisogno di essere riportati alla vita che noi riteniamo sia la più corretta. Se li ascoltassimo e provassimo a fare quello che loro dicono, faremmo un’altra cosa.

Io sarei molto felice di poter parlare di quello che noi facciamo da 25 anni. Noi cerchiamo di realizzare la follia delle persone. Ascoltiamo quello che ci dicono e poi, che lo condividiamo o non lo condividiamo, noi cerchiamo di realizzare quello che ci dicono. E vi posso assicurare che io ancora non ho conosciuto in tanti anni qualcuno che mi dice che ha bisogno di quelle cose che io ho visto e sentito qui e che ho visto anche ieri sera a “Casa matta”.

Ci chiedono libertà. Libertà di essere quelli che sono, anche quando non ci piacciono, anche quando sono diversi da ciò che noi vogliamo vedere.

Chiudo con una serie di questioni anche per fare capire una cosa. Sono stato invitato qui qualche anno fa, dal Club Zyp. Il Club Zyp mi ha invitato a parlare. E’ stata una riunione molto ristretta perché non molti son venuti. La cosa che mi ha colpito al Club … io dicevo queste fandonie che dico da anni “la malattia mentale non esiste”, “la psichiatria va abolita perché è parte del problema, non è parte della soluzione” … ecco la cosa che mi ha colpito che questi ragazzi, alcuni dei ragazzi del Club Zyp che erano dentro i servizi psichiatrici, non gli fregava niente delle mie idee teoriche, mi chiedevano una cosa che io pensavo non si dovesse chiedere a Trieste, per come io la vedevo aldilà delle critiche: mi chiedevano “ma come si fa a difendersi dalla psichiatria? A non essere costretti a fare cose che non vogliamo fare?”.

A questo punto, ricordo un ragazzo che mi raccontava: “Te lo chiedo perché io ho questo problema. La mia psichiatra che ha deciso che io per un tot di tempo debba frequentare il centro diurno … A me questa cosa mi scoccia e io me ne sono andato al cinema. Son venuti gli infermieri al cinema a portarmi al centro diurno”. Sicuramente con le più buone intenzioni. Lo dico perché io son convinto di questo. Sono convinto che anche glki psichiatri che legano le persone dentro i reparti hanno le loro buone intenzioni. Non c’è nessuno che faccia una cosa dicendo “Io la faccio perché voglio violentare qualcun altro”. Quello ritiene di fare così.

Se esistono i TSO è perché c’è una legge, che impropriamente viene chiamata “Basaglia” perché non possiamo imputare tutto ad una persona, che è la legge 180. Quando parliamo di Tso o critichiamo il Tso non ci dobbiamo dimenticare che quello è possibile perché esiste una legge in Italia che permette che qualcuno venga, contro la sua volontà, considerato e trattato da malato di mente. Poi possiamo discutere se questa cosa è giusta o non è giusta, si può applicare o meno. Io credo che quando si parla di diritti di libertà e quando si critica le proposte che ci sono sul tappeto, non si può misconoscere la realtà. Il principio che si debba intervenire in maniera urgente e contro la loro volontà sugli individui che si ritiene affetti da malattia mentale già esiste come concetto.

Quello che fanno le proposte di legge non è altro se non di cercare di rendere legittimo e legale qualcosa che tutti gli utenti dei servizi psichiatrici sanno: che non si è liberi, che non sono liberi di assumere o meno la terapia; che non sono liberi come vogliono e con chi vogliono; che non sono liberi di uscire dal reparto di psichiatria semplicemente se lo chiedono.

Questa è la realtà. Queste proposte di legge non fanno altro che eliminare questa malafede e questa ipocrisia che esiste e dire “va bé, visto che è così, facciamolo!”. Oggi ancora oggi è possibile denunciare uno psichiatra per sequestro di persona, ma questo non avviene. Non avviene e non è mai avvenuto. Avviene che uno venga denunciato per abbandono di incapace se lo fa uscire, ma l’inverso no. Questa norma che dovrebbe essere generale, che dice “se tu mi trattieni è un sequestro di persona” non viene fatta rispettare. E ve lo dice chi da 25 anni non fa altro che su questo cercare di intentare cause con gli psichiatri.

Vi posso assicurare, e non parlo di Trieste di cui non ho notizie in merito, che la differenza fra un servizio gestito da persone che si ispirano, o dicono di ispirarsi, a Basaglia o al movimento basagliano, e un servizio che non ci si ispira, vi posso assicurare, che dall’esperienza di tutti quelli che fanno tutela legale, non c’è ! Non esiste differenza sostanziale!

Non posso allargare questo giudizio a tutti, ma vi dico che esiste a Milano, come a Torino, come a Firenze, come in Sicilia, un sacco di gente che si ispira a questo, che dice questo nei convegni e nella realtà noi ci troviamo a dover combattere.

Mi fermo qui. Spero di poter intervenire nel pomeriggio per spiegare concretamente come operiamo.

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