Una interlocuzione con Peppe Dell’Acqua e Cesare Bondioli

È indispensabile che si infittiscano le voci e gli interventi adesso che la “chiusura degli opg”, diventata legge dello Stato, ha aperto una complicata e difficile transizione. Il dibattito parlamentare è rimasto strozzato alla Camera dall’apposizione della fiducia da parte del Governo sul provvedimento “svuota carceri”. Un po’ di discussione c’è stata nella XII Commissione Affari Sociali che però non ha saputo licenziare un parere. La bozza di parere non approvata proponeva di spostare di un anno, al marzo 2014, i termini di attivazione delle strutture e modificare la copertura finanziaria. L’on. Ciccioli s è indignato di un “provvedimento scellerato” ed ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“Approvare norme che non hanno alcuna possibilità di trovare reale applicazione e che rendono ancora più drammatico il problema è una vergogna! Attribuirò personalmente ad ogni responsabile dell’approvazione di questa legge i tragici episodi che si ripeteranno prossimamente (…). Una delle caratteristiche dei pazienti psichiatrici che commettono atti criminali è la recidiva. (…) I Dipartimenti di salute mentale sono già a corto di personale per la normale attività di istituto e non hanno professionalità già formate, non solo per l’assistenza, ma anche per la custodia.

L’on. Ciccioli, lo sappiamo, è ben dentro il “paradigma manicomiale” su cui Peppe Dell’Acqua ha ben argomentato con Cesare Bondioli. Secondo me, però, sarebbe opportuno non sovrapporre le questioni dell’assistenza psichiatrica e quella penitenziaria, che pure sono strettamente intrecciate nella “chiusura degli opg” e che potevano star bene insieme, senza eccessive contraddizioni, quando i manicomi civili erano i luoghi deputati della missione della psichiatria pubblica italiana. Ricordo che la legge 431/68 e soprattutto la 180/78 respinsero e abbandonarono l’assunto della presunzione della pericolosità; la 180 poi riconobbe la liceità e la possibilità di trattamenti obbligatori, ma solo per motivi di salute, negli Ospedali generali in spazi fino a 15 posti letto, quindi piccoli, idonei per trattamenti di breve durata. La declinazione che queste disposizioni hanno avuto Regione per Regione, Dipartimento di salute mentale per Dipartimento di salute mentale è stata e rimane la più varia. Si pensi alla ancora difficile discussione sulla pratica e la liceità del legare i cittadini ricoverati negli Spdc.

La legislazione riformatrice del ’78 non si è occupata del trattamento (e dei luoghi del trattamento) dei pazienti autori di reato di cui fosse stata accertata la pericolosità sociale, con tutta la carica di equivoci e pregiudizio che queste locuzioni contengono. In ragione di questo, perché utili, tutti gli opg , compreso quello di Castiglione delle Stiviere, sono rimasti in vita e hanno continuato ad essere usati sotto la direzione dell’Amministrazione penitenziaria. Ma , al di là del problema dell’imputabilità e della possibile eternità dell’internamento, gli opg sono stati gli spazi, le strutture, i muri ed i regolamenti per la gestione di lunga durata di pazienti psichiatrici che non potevano rimanere dentro il “normale” circuito penitenziario.

Il senatore Marino è stato abile e tempestivo a caricare la proposta della Commissione d’inchiesta sul convoglio blindato di un Decreto legge del Governo Monti. Oggi il Parlamento italiano, dopo lo scandalo e il disastro umanitario degli opg, indica oltre ad una data certa, le vie della regionalizzazione dei ricoveri (che non significa di per sé la loro territorialità in senso proprio) e dell’allestimento di strutture non-ospedaliere di ridotte dimensioni in cui operi personale dei servizi sanitari regionali. Ma dove stava l’urgenza di indicare in un Decreto legge le nuove “strutture”?

La soluzione indicata a me pare risponda alle esigenze dell’Amministrazione penitenziaria piuttosto che a quelle dei servizi di salute mentale (anche se non so quanti e quali servizi di salute mentale siano interessati alla questione). Ed è comprensibile perché, anche con un Codice penale diverso da quello vigente, comunque ci sono persone che hanno compiuto un reato e soffrono di più o meno gravi disturbi mentali. Queste persone, imputabili o no, sono affidate all’Amministrazione penitenziaria in quanto hanno compiuto un reato e l’Amministrazione penitenziaria che non ha più istituzioni dedicate (gli opg) deve sapere, da subito, dove collocarle adeguatamente, dove sono, chi se ne occupa, per tutto il tempo stabilito. Questo indipendentemente dal fatto che i Dsm abbiano o meno elaborato e contrattato programmi terapeutici individuali e comunitari che, come scrive Peppe , considerino nella loro “articolazione il mandato di protezione sociale”. Per questo non si tratta di “arcaismi”, ma di una esigenza del Ministero della Giustizia che non può essere ignorata e che nasce dal fatto che da una parte le carceri italiane non risulta siano nelle condizioni di detenere e prendersi cura di persone con disturbi mentali conclamati e dall’altra i Dsm, penso di non sbagliarmi, hanno largamente preferito non occuparsene.

Per queste ragioni condivido le preoccupazioni su quanto potrà accadere e definirsi nella transizione che si apre. Da subito occorre una robusta regia nazionale che eviti di lasciare da sole le singole Regioni e metta insieme e verifichi:

• quanto sta accadendo nelle carceri italiane dopo l’affidamento della sanità penitenziaria ai servizi sanitari regionali,

• quante situazioni siano gestite dai Dsm in accordo con la Magistratura, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale, anch’esse mai recepite nelle norme dello Stato,

• quanto accade nelle Comunità gestite anche da soggetti privati che, in accordo con la Magistratura, accolgono tossicodipendenti autori di reato.

Intanto l’istituzione del l’Ufficio nazionale del Garante dei diritti delle persone ristrette e la convocazione di una Conferenza nazionale che faccia il punto sullo stato della sanità penitenziaria potrebbero essere di grande utilità. E non dobbiamo mollare sulle “buone pratiche” e l’etica nei trattamenti.

Luigi Benevelli

Mantova, 11 febbraio 2012

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