Ascoltata presso la Commissione Affari sociali della Camera l’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale. “No al ritorno a una psichiatria custodialistica, repressiva e coercitiva”

ROMA – Tre fogli A4 fitti di analisi, proposte, riflessioni. Così l’Unasam, l’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale che raccoglie circa 160 diverse organizzazioni di familiari, si è presentata ieri pomeriggio all’audizione della Commissione Affari sociali della Camera dei deputati dove, in queste settimane, si stanno discutendo alcune proposte di legge sulla riforma dell’assistenza psichiatrica. In rapporto alle proposte di legge di modifica della legge 833/78 e della 180/78 l’Unasam scrive: “Noi riteniamo che queste siano delle buone leggi e che i problemi che ci troviamo ad affrontare, in relazione alla qualità e alla quantità degli interventi in salute mentale, dipendono esclusivamente dalla capacità di programmare e attuare gli interventi da parte delle regioni e delle aziende sanitarie locali”. Pertanto, precisa l’Unasam, “noi non chiediamo né vogliamo alcuna modifica sulla legislazione esistente”, bensì “la piena attuazione dei due Progetti Obiettivo nazionali e delle Linee guida approvate dalla Conferenza delle regioni nel 2008”.

“Noi non possiamo accettare che, attraverso queste proposte di legge, la psichiatria possa venire riportata a una dimensione custodialistica, repressiva e coercitiva, perché abbiamo sperimentato, sulla pelle dei nostri cari e sulla nostra vita, cosa hanno significato quei luoghi e quelle pratiche”. Un altro problema che l’Unasam ha voluto portare all’attenzione della Commissione è quello delle “pratiche coercitive sempre più utilizzate dalla stragrande maggioranza dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura”. Ciò non toglie, precisa la Federazione delle associazioni dei familiari che ci siano molte “buone pratiche”, che “esistono e resistono” su tante parti del territorio nazionale, “nonostante la scarsità delle risorse finanziarie”.

“Siamo vittime dei tagli e della scarsità di risorse”, afferma ancora l’Unasam chiedendo di “rafforzare i servizi pubblici di salute mentale e di andare con determinazione verso una migliore qualità dei servizi per una migliore qualità della vita delle persone”. In nodo vero allora è “rimettere al centro la persona umana”, favorendo i servizi di salute mentale comunitaria e i centri di salute mentale “in grado di assicurare la presa in cura nelle 24 ore e 7 giorni su 7″. Ma la risposta è anche nell'”integrazione socio-sanitaria”, nella “co-progettazione” e “negli investimenti per sostenere l’impresa sociale e favorire l’inclusione sociale delle persone” che si attua, soprattutto, “attraverso il lavoro, la formazione, la casa, la socialità, le relazioni affettive”.

L’Unasam, inoltre, chiede alla Commissione di impegnarsi “affinché le regioni vengano sollecitate al pieno rispetto della legge di riforma sanitaria anche nella parte che riguarda la salute mentale”. Quanto ai trattamenti sanitari obbligatori l’Unione delle famiglie dice un fermo no a qualunque modifica normativa, in quanto “non si può pensare di ottenere risultati positivi obbligando con la forza le persone a trattamenti sanitari antiterapeutici e prolungati nel tempo, rinnovabili anche dopo sei mesi!”. Vi è, infine, la difesa del servizio pubblico e un fermo no alle “all’utilizzo di risorse pubbliche per finanziare le cliniche private chiamate ad occuparsi delle persone non collaboranti”. (ap)

(da SuperAbile.it 11 giugno 2010)

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