Era stato legato a un letto di contenzione. Il dibattimento avrà inizio il 28 giugno, intanto resta chiuso il reparto

SALERNO — Tutti rinviati a giudizio i medici e gli infermieri del reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania. Imputati di omicidio preterintenzionale, sequestro di persona e falso per la morte di Francesco Mastrogiovanni, l’insegnante di 58 anni morto il 4 agosto scorso dopo essere stato ricoverato d’urgenza. Il gip del Tribunale di Vallo della Lucania, Nicola Morrone, ha ritenuto «evidenti» le prove raccolte dal sostituto procuratore Francesco Rotundo contro l’intero staff del reparto. Responsabile, secondo la pubblica accusa, di aver legato al letto l’insegnante «con fasce strette che gli strofinavano la ferita che aveva al polso fino alla carne viva» e senza dargli la possibilità di bere e di alimentarsi. Prove talmente evidenti da disporne il giudizio immediato, scavalcando la fase dell’udienza preliminare. Il dibattimento comincerà il prossimo 28 giugno, quando sul banco degli imputati saliranno Michele Di Genio (primario del reparto), Rocco Barone, Raffaele Basso, Amerigo Mazza, Michele Della Pepa, Anna Angela Ruberto, Antonio De Vita, Maria Cirillo D’Agostino, Antonio Tardio, Alfredo Gaudio, Massimo Minghetti, Juan Josè Casaburi, Antonio Luongo, Maria Carmela Cortazzo, Nicola Oricchio, Giuseppe Forino, Raffaele Russo e Marco Scarano.

Diciotto imputati contro sei persone offese, costituitesi parte civile in un processo che servirà a far luce sulle cause della morte di Mastrogiovanni. Da un lato c’è un video girato dalle telecamere interne alla stanza in cui era stato ricoverato l’insegnante, considerata la prova schiacciante della pubblica accusa. Che è riuscita a convincere anche il gip Morrone, che fa una ricostruzione dettagliata delle ultime ore di vita dell’uomo. «Fino alle 12.41 è cosciente, non appare aggressivo— si legge nell’ordinanza— e alle 12.45 si sottopone a trattamento dei sanitari facendosi iniettare una siringa intramuscolo. Alle 12.55 è così tranquillo che si prepara da solo il letto e mangia il cibo fornito dall’ospedale. È l’ultima volta che gli sarà consentito di alimentarsi, poiché alle 13.08 si adagia sul letto e rimane tranquillo fino al momento in cui gli saranno applicate le fasce di contenzione. Da quel momento non sarà più slegato, né gli saranno forniti acqua e cibo, e ciò fino al momento della sua morte». In una «sconcertante sequela di abusi» conclude il gip.

Dall’altro lato, invece, c’è la difesa degli imputati che, anche dinanzi al Tribunale del riesame, hanno continuato a professarsi estranei ai fatti. Tanto da convincere il Tribunale delle libertà di Salerno a revocare la misura di sospensione inflitta dal gip. Ma c’è un altro mistero che aleggia nel reparto di psichiatria di Vallo. Il reparto è ancora chiuso, nonostante il sub commissario dell’Asl Walter Di Munzio avesse annunciato la ripresa delle attività mediche non appena la magistratura avesse sbloccato la sospensione. «È in corso un progetto di adeguamento strutturale dell’intero reparto che – ammette Di Munzio – era necessario indipendentemente da quello che è successo. Non conoscevo il reparto, ma appena l’ho visto ho detto che andava chiuso. È stato realizzato con criteri troppo vecchi e reclusori».

I lavori dovrebbero cominciare a breve, assicura il sub commissario, ma i medici e gli infermieri, prima sospesi e poi riammessi in servizio, non sono più rientrati in reparto. «Sono stati dislocati sul territorio – conclude Di Munzio – e tutti hanno ripreso a lavorare, in attesa della decisione della magistratura, di cui noi come Asl non potremo non tenere conto». Nessun provvedimento interno, dunque. Tranne che per l’ex responsabile del reparto,  Michele Di Genio, che è decaduto dall’incarico di direttore di dipartimento.

Angela Cappetta, da Corriere del Mezzogiorno.it

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