opg1di Anita Eusebi

10 marzo, decimo giorno.

Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, costituiti alla fine del 1800, in epoca lombrosiana, racchiudono in sé il peggio dell’istituzione manicomiale e di quella carceraria, sono non-luoghi, istituzioni totali che, a oltre trent’anni dalla chiusura dei manicomi civili con la legge 180, sono rimaste sostanzialmente estranee e impermeabili alla riforma della scienza e della cultura psichiatrica.

Oltre agli ambienti certamente degradati e alle pessime condizioni di vita scandite dall’ordine istituzionale, ciò che non è più accettabile è l’idea di una giustizia fatta di meccanismi di internamento riconosciuti come del tutto incostituzionali, pericolosità sociale, incapacità di intendere e di volere, non imputabilità, o ancora evidenze biologiche infondate rispolverate per l’occasione. Una giustizia che a partire da questi presupposti arriva a negare anche il diritto a un termine certo e alla funzione riabilitativa della pena. Un diritto giuridico elementare di ogni cittadino che dovrebbe al contrario assumere una rilevanza ancora maggiore in presenza di un disagio mentale e basarsi sull’affiancamento all’intervento penale di un percorso terapeutico adeguato.

Pertanto, il problema non sarà certo risolto con la traduzione dell’intera popolazione degli attuali OPG in tanti miniOPG regionali, diversi solo per dimensioni e distribuzione territoriale, ma con lo stesso scheletro ideologico a fondamento e giustificazione sociale. Perché anche se con i fiori alle finestre e le stanze pulite e ordinate, non saranno mai tali da restituire i diritti e i doveri di una piena e reale cittadinanza alle persone ora internate negli OPG. Saranno sempre e comunque luoghi di esclusione e di isolamento, in cui medici e infermieri torneranno ad avere il mandato di cura e custodia secondo la vecchia logica manicomiale.

Non basterà dunque chiudere gli OPG per abolirli: l’effettivo superamento delle logiche perverse che li hanno ispirati richiederà un significativo e necessario impegno teorico e pratico su tutti i piani, non solo politico e giuridico-normativo ma anche scientifico, etico e culturale.

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