oto di Marisa Ulcigrai - 1998
foto di Marisa Ulcigrai - 1998

Quanto, in quella regione, è accaduto negli ultimi quattro anni ha alimentato una speranza, costruito possibilità concrete, rimonte tanto singolari quanto impensabili. Quanto accade ora offre un’immagine, un’atmosfera che si può avvertire, in maniera talvolta subdola talaltra palese, in tutte le Regioni italiane: il rischio del ritorno prepotente delle psichiatrie più impresentabili, dell’indebolimento dei diritti delle persone, della negazione delle straordinarie prospettive di ripresa che le persone hanno faticosamente conquistato.

Ecco perché la Sardegna.

Perché dopo più di vent’anni la giunta regionale sarda aveva approvato il Piano sanitario che individuava 5 grandi obiettivi. Il quinto obiettivo (l’obiettivo 5) del Piano poneva al centro la salute mentale, ispirandosi alla Dichiarazione di Helnsinki, “non c’è salute senza salute mentale”, e alle più aggiornate indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel campo della salute comunitaria.

Perché tra le prime delibere la giunta del presidente Soru aveva coraggiosamente contrastato il progetto Ussana, la costruzione di un OPG regionale, e, in alternativa, aveva mobilitato risorse per il rientro degli internati dagli OPG, attraverso progetti terapeutici riabilitativi promossi e sostenuti dai Centri di salute mentale territoriali.

Perché accanto al Piano sanitario la Regione, l’Assessorato alla Sanità, istituiva una commissione salute mentale che coinvolgeva tutti gli attori: dai direttori dei dipartimenti, ai comuni, alla cooperazione sociale, alle università e alle associazioni di familiari.

Perché l’obiettivo 5 del piano sanitario:

  • per la prima volta spostava l’asse di intervento dall’ospedale e dagli istituti alla salute mentale comunitaria;
  • per la prima volta dava seguito alle indicazioni del Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale (1999-2000) istituendo i Dipartimenti di salute mentale ( inesistenti fino a quel momento);
  • programmava un’attenta articolazione del Dipartimento fondato sul Centro di salute mentale che, nella prospettiva della crescita di tutto il sistema, doveva operare nell’arco delle 24 ore;
  • articolava il sistema dei Servizi di diagnosi e cura proponendo l’apertura di due nuovi Servizi psichiatrici diagnosi e cura uscendo da una decennale illegalità;
  • introduceva la rivisitazione e il riordino di tutte le strutture residenziali. La denuncia delle inadeguatezze e, talvolta, delle gravi condizioni di degrado dei luoghi di cura (mancanza di acqua potabile, per esempio) con l’obiettivo di realizzare piccoli gruppi di abitare assistito per un massimo di 8 persone;
  • prendeva atto che il ricorso ai TSO raggiungeva in Sardegna livelli più che doppi del tasso nazionale medio, che il ricorso alla contenzione era ugualmente diffuso in tutti i servizi di diagnosi e cura, di Sassari, Nuoro, Oristano, Carbonia e Cagliari, che tutti i luoghi di cura operavano con le porte chiuse e che più di 70 cittadini sardi erano internati negli Opg, più del doppio del tasso medio nazionale;
  • il Piano Sanitario e le successive Linee d’indirizzo formulavano indicazioni e procedure condivise per la risposta all’urgenza – emergenza, con la finalità di ridurre gli approcci rischiosi per gli operatori e i pazienti e talvolta “violenti”, il ricorso ai TSO, il rischio e per favorire l’integrazione e la collaborazione di tutte le stazioni dell’emergenza (118, forze dell’ordine, medici di famiglia);
  • dotava i Dipartimenti di salute mentale di risorse economiche con la finalità di sostenere e promuovere progetti di riabilitazione individuale e di gruppo, sostegno all’abitare, alla socialità, alla vita quotidiana, mettendo così a disposizione ulteriori risorse economiche spendibili dai Dipartimenti di salute mentale;
  • elaborava un complesso piano per l’integrazione socio-sanitaria in attuazione della legge 328/2000 “per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”;
  • prendeva coraggiosamente atto dell’estrema miseria dei luoghi dedicati alla cura di persone con disturbo mentale e istituiva un’apposita commissione con il compito di sostenere le singole aziende sanitarie in progetti per la progettazione e costruzione di nuove strutture, per la qualificazione degli habitat e per il rinnovo, con arredi di qualità, di tutti i servizi.

Perché, grazie al lavoro legislativo e di programmazione svolto nei 4 anni di governo dall’assessorato alla sanità:

  • sono stati ascoltati e coinvolti gruppi di operatori, familiari, cooperatori sociali, associazioni di volontariato e cittadini, anche attraverso l’istituzione della Commissione Tutela Salute Mentale a cui partecipavano, come detto, i direttori dei DSM e delle cliniche psichiatriche universitarie, le associazioni dei familiari, la rappresentanza dei comuni (Anci) e la cooperazione sociale;
  • si è prodotto l’accordo tra la Regione e il Dipartimento per l’Assistenza Penitenziaria che ha portato gruppi multidisciplinari di operatori dei Csm ad operare per la tutela della salute mentale in tutte le carceri sarde, anche contrastando l’invio dal carcere negli Opg;
  • è diminuito il numero degli internati sardi negli Opg, da 75 a 44, con l’avvio di progetti terapeutici riabilitativi individuali;
  • è diminuito il numero dei TSO che si è avvicinato alla media nazionale e, per lunghi periodi alcuni Spdc hanno fatto a meno del ricorso alla contenzione;
  • si è esteso l’orario di apertura dei Csm territoriali;
  • un numero cospicuo di persone ha potuto accedere a percorsi di formazione al lavoro nelle cooperative sociali, molti dei quali conclusisi con l’assunzione;
  • è cresciuta la qualità e la quantità dei programmi di abilitazione, di formazione e socializzazione e gruppi di auto – mutuo aiuto;
  • sono stati avviati piccoli gruppi di abitare assistito;
  • è di molto cresciuta l’attività domiciliare ed è migliorata la qualità degli interventi;
  • tutte le categorie professionali sono state sostenute in percorsi di formazione finalizzati al lavoro territoriale, anche favorendo l’incontro tra operatori sardi con le esperienze europee più avanzate;
  • sono stati realizzati (costruiti ex novo) il Centro di salute mentale di Cagliari A e di Quartu Sant’Elena, il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Olbia eil secondo SPDC di Cagliari ed è stato rinnovato il SPDC di Nuoro;
  • sono stati attivati sperimentalmente, come previsto dal piano, tre Centri di salute mentale sulle 24ore a Quartu Sant’Elena, Isili e Cagliari A;
  • sono state individuate le cooperative sociali come partner essenziali per lo sviluppo del lavoro abilitativo e per l’inclusione sociale promuovendo la collaborazione delle cooperative sociali nella gestione e progettazione assieme ai Csm di progetti individuali e budget di salute;
  • sono state chiamate sulla scena le famiglie e le loro associazioni, dando loro spazi e possibilità di progettazione comune, coinvolgendole nei progetti e nei programmi;
  • l’Azienda sanitaria di Cagliari ha discusso e portato alla luce, onde migliorare la qualità dell’assistenza, la morte in SPDC di un paziente, rimasto legato per sette giorni continuativi. Il primario del SPDC, dopo il rinvio a giudizio, è stato sospeso(per la prima volta in Sardegna accadeva una cosa del genere) e, assieme un anatomopatologo. Nella realtà italiana, questa prima denuncia sulla morte di un paziente ricoverato in Spdc e legato, ha squarciato un velo tanto che altre tre aziende sanitarie in Italia, in analoghe situazioni, hanno voluto procedere in altrettante denunce.

Perché, dopo le elezioni del febbraio 2009:

  • la nuova giunta Cappellacci, con una delibera dello scorso agosto, ha subito bloccato il Piano sanitario regionale perchè ideologico, perché poco clinico-sanitario, perché troppo centrato sui bisogni dei “pazienti” e non sulla loro malattia;
  • ha, con provvedimenti ad hoc, messo in stand by le attività di salute mentale rimandando qualsiasi azione programmatoria alla fine dei lavori di una commissione di nuova nomina.
  • ha rispolverato il progetto di Ussana, per la costruzione del Centro sperimentale psichiatrico forense (OPG);
  • ha soppresso la Commissione regionale salute mentale, sostituendola con una Commissione psichiatrica costituita solo da psichiatri e da uno psicologo. Tutti i componenti di questa commissione si erano distinti nel sostenere il vecchio assetto della psichiatria e gli interessi che intorno a essa si erano costituiti;
  • ha commissariato le aziende sanitarie e il piano è stato emendato senza nemmeno un parere della Commissione regionale sanità;
  • ha sottratto risorse ai DSM, tanto da ridurre l’orario di apertura di molti CSM;
  • non ha più dato seguito al finanziamento dei piani terapeutici riabilitativi, alla costruzione e qualificazione delle strutture psichiatriche, ha, di fatto, escluso i familiari e gli altri attori del territorio da ogni tipo di partecipazione;
  • ha disposto il ritorno in servizio del primario del SPDC 1 di Cagliari (ancora in attesa di giudizio) ed impedito che una coordinatrice infermieristica, vincitrice di selezione per tale Spdc non vi prestasse servizio , perché «non di gradimento».

Per questo e altro il Forum vuole assumere la Sardegna come paradigma.

Mentre scriviamo apprendiamo del rinvio a giudizio della presidente della associazione Asarp, che da oltre 20 anni si batte per la qualità delle cure e per i diritti delle persone con problemi di salute mentale e dei loro familiari, a partire da una denuncia fatta da uno degli psichiatri della commissione istituita dell’assessore.

È soltanto l’ultimo crimine di pace.

1 Comment

  1. Salve a tutti, sono appena approdata a questo interessante forum e pur non avendo esperienze dirette o indirette sui “matti”,a suo tempo, vista la mia età, ho potuto dare il mio contributo diretto perchè la legge Basaglia venisse approvata ,perchè mi sento pensata anche dalle istituzione come persona e non come malata.Questo in estrema sintesi il motivo della mia adesione alla L.180. Ammiro e ringrazio le persone, al di là del loro specifico sapere che continuano a lottare per ribadire pari dignità e cittadinanza a tutte le persone e che anzi, chi soffre ha necessità di un abbraccio più ampio e pronto ad accoglierlo.
    Leggere di denunce e intimidazioni ad una struttura che di questa IDEOLOGIA è riuscita a trasformare in azione concreta e cura quotidiana delle persone sofferenti ,oltre che male, rende inquieti perchè tutti perderemo in questa battaglia ,nessuno può pensare che vivere in una società dove ogni suo singolo componente è considerato uomo sia la stessa cosa che essere trattato come “malato” .
    In particolare mi colpisce e svela ogni vera intenzione sulle cure alla sofferenza mentale, il punto del programma della nuova giunta regionale, qui di seguito riportato:
    “•la nuova giunta Cappellacci, con una delibera dello scorso agosto, ha subito bloccato il Piano sanitario regionale perchè ideologico, perché poco clinico-sanitario, perché troppo centrato sui bisogni dei “pazienti” e non sulla loro malattia;”
    Ecco il punto :troppo centrato sui bisogni del paziente e non sulla loro malattia. E’ mille volte più facile trattare gli altri come malati, nessuna considerazione delle loro opinioni . E’ anche lo specchio di ciò che pensano queste persone dell’intera società: individui a cui instillare bisogni presunti ,perchè questi sono gestibili in quanto creati a priori proprio da questo tipo di “ideologia”, ed è sopratutto, più remunerativo ,come si dice in economia: muove l’indotto sui medicinali e quant’altro.
    Si deve resistere ,vi esorto a resistere, la bellezza delle persone è tutta qui stare con la sofferenza mentale abbracciandola reggendoci a vicenda in questo cammino a volte doloroso a volte dolcissimo appena uno sguardo si fa più sereno.
    Sono con voi, con tutti voi.
    Marina Marino

Write A Comment