Vallo della Lucania (Salerno), 16 ottobre 2012 –

Puntuale come sempre nel pomeriggio si tiene la nuova udienza del processo per il caso Mastrogiovanni, il maestro elementare morto in seguito ad un incredibile contenzione durata novanta ore, che vede imputati 6 medici e 12 infermieri del reparto di psichiatria responsabili del sequestro e della morte del maestro anarchico.

Parla per oltre due ore l’avv. Caterina Mastrogiovanni che stigmatizza duramente e in maniera brillante la requisitoria del PM, Dr. Martuscelli: «Non avrei mai pensato in un processo così delicato di dover compiere opera di integrazione e di supplenza sia all’attività che alla requisitoria svolte dal Pubblico Ministero ». Sottolinea che il PM e la Parte Civile perseguono lo stesso obiettivo e non a caso siedono sullo stesso banco, ma «Signor Presidente, a lei non è sfuggito che questa sinergia tra il PM e la Parte Civile non c’è stata mai. Il Pm è stato distratto, poco attento, poco motivato e ha partorito una requisitoria acefala, avulsa dalla realtà processuale, completamente fuorviante, per nulla attinente all’imputazione». Il PM ha processato la vittima, ha affermato che si è meritato il TSO per la sua pericolosità sociale, declassando – con convinzioni medioevaleggianti – il comportamento degli imputati, stravolgendo infine le cause della morte. Per questo la parte civile si è trovata orfana dell’aiuto del PM. Ha poi ricordato che Mastrogiovanni era un insegnante ben voluto dai colleghi e dagli alunni, che ne hanno tessuto spontaneamente l’elogio ne «La Tofa», un giornalino scolastico, articolo che legge: «Era un gigante dalle mille risorse, un uomo buono e comprensivo. Non si limitava ad insegnarci la matematica, ma ci dava consigli preziosi sulle altre materie e diceva che nella vita bisogna essere istruiti. Un bell’aspetto del suo carattere quello di essere sempre sorridente, anche nei momenti magari più difficili. Purtroppo ancora oggi ragioni valide della sua morte non ce ne sono».

Pur svolgendo con amore e passione il suo lavoro, da simpatizzante anarchico, che amava la lettura (possedeva duemila libri), era attenzionato dalle forze dell’ordine. Non meritava certamente l’aureola, ma era una persona normale, pacifica e rispettosa.

Ha poi continuato a parlare facendo scorrere una sintesi del video maledetto e benedetto, documento terribile e agghiacciante che inchioda medici e infermieri alle loro responsabilità. Le immagini proiettate per la prima volta in tribunale sono state terribili, hanno dimostrato che legato ai polsi e alle caviglie non si poteva muovere e gli infermieri intervengono solo per stringere i lacci, insensibili alle sue implorazioni, lasciandolo senza acqua e senza cibo per tutta la durata della permanenza in ospedale, nonostante gli sguardi imploranti aiuto ed umanità. Ed è proprio grazie al video se si può celebrare questo processo. Dal video è venuto fuori un reparto lager, una realtà sconvolgente, che Mastrogiovanni conosceva perché profeticamente sulla spiaggia di Acciaroli ha implorato invano: «Non mi fate portare a Vallo perché lì mi uccidono».

Giunto in ospedale si vede che è collaborativo, passeggia tranquillamente per il reparto, poi si addormenta e viene vigliaccamente legato ai polsi e alle caviglie e non c’era nessuna necessità di farlo. Il video testimonia di quanto è evidente il suo sconforto quando si accorge di essere stato legato. E’ disperato e chiede aiuto, gli infermieri intervengono non per slegarlo, ma per stringere le fascette. Ci vuole coraggio – esclama diretta al Presidente – a definire questa contenzione blanda, mentre intorno al suo letto regna l’indifferenza totale. E’ sempre solo nella sua disperazione e nel suo dolore. Nessuno si cura di farlo mangiare o di dargli da bere, anzi gli lasciano il vassoio sul comodino e dopo quattro ore passano a ritirarlo intatto. Tenta di avvicinare inutilmente una mano al viso, ma non vi riesce. Nel video si nota che il primario Di Genio, che ha cercato di sottrarsi alle responsabilità sostenendo di essere in ferie, è presente in reparto, esce dalla stanza senza curarsi delle sue condizioni, si nota un infermiere che dopo avergli terso il sudore gli butta l’asciugamano in faccia, agendo contro una persona legata senza motivo inerme e indifesa. Si vede che boccheggia, che ha «fame d’aria» che tutti vogliono negare, muore, è immobile ma nessuno se ne accorge. Scoprono la sua morte solo sei ore dopo! La dott. Ruberto ha addirittura la sfacciataggine di asserire che due ore dopo che era morto «russava».

Nell’aula, strapiena, c’è un silenzio parlante e accusante. Il video proiettato in tribunale dà altre sensazioni.

Citando l’art. 13 della Costituzione, l’avv. Caterina Mastrogiovanni – nella sua arringa commossa e partecipata – dice che non c’è nessun rapporto tra la libertà e la contenzione, che – afferma con forza – è un trattamento contrario alla legge e tutti gli imputati sono responsabili del delitto di sequestro di persona, perché – come il video documenta – Mastrogiovanni non rifiuta né il cibo, né le cure, né è aggressivo, come i medici falsamente hanno asserito. La contenzione è stata una pratica ricorrente, addirittura con l’approvazione della dirigenza ospedaliera e ricorda che il direttore Pantaleo Palladino ha scagionato il primario dott. Michele Di Genio affermando che era in ferie. In proposito chiede al Presidente del Tribunale di trasmettere l’interrogatorio del direttore sanitario, Pantaleo Palladino, reso in tribunale il 18 ottobre 2011 alla Procura della Repubblica per indagarlo per falsa testimonianza, commessa quando afferma più volte che il primario era in ferie. Tutti gli imputati ha contribuito a rendere la contenzione tragica, tenendo tutti un comportamento barbaro e criminale. «Il video è chiaro, ma non riesco a comprendere su quali dati il PM ha elaborato la sua fallace tesi, difendendo medici latitanti, che negano l’evidenza dei fatti, sconfessando addirittura i propri periti legali». Afferma con forza che non è morto per infarto, cosa che nessun consulente ha sostenuto, ha smontato le menzogne dei medici, gridando che il cugino tanto amato «è morto solo come Cristo sulla croce!», chiedendosi come mai i medici, convinti di praticare una contenzione legittima, non l’hanno annotata come prescrive la legge. Spesso il suo dire è stato frammentato dalle lacrime e dalla commozione e alla fine invoca dignità da restituire alle istituzioni, affermando che non c’è stata nessuna cappa mediatica denunziata dal PM nella requisitoria del 2 ottobre, ma la doverosa attenzione ad un fatto inaudito.

L’avv. Giancarlo D’Aiuto sottolinea l’inviolabilità della libertà personale conquistata col sangue della Resistenza affermando che la limitazione della libertà personale è un reato gravissimo e tutti i medici e gli infermieri sono responsabili perché non lo hanno impedito, pur essendone a conoscenza, anzi addirittura – a norma dell’art. 40 del CP – lo hanno cagionato. L’infermiere si dovrebbe adoperare affinchè la contenzione sia un evento straordinario ed eccezionale, invece a Vallo della Lucania hanno lasciato correre calpestando la dignità dei pazienti e dell’umanità.

Dopo una sospensione di 15 minuti, l’avv. Gioacchino Di Palma del foro di Roma parla brillantemente per l’associazione Telefono Viola ripercorrendo le tappe del TSO, partendo dalla spiaggia di Acciaroli, dove il sindaco Angelo Vassallo emise l’ordinanza senza alcuna certificazione medica e in palese violazione della legge e della competenza territoriale, perché Mastrogiovanni si trovava nel comune di San Mauro Cilento. All’accusa che Mastrogiovanni avesse dei sassi in tasca replica non solo non li ha mai lanciati, ma non ha fatto nemmeno nessuno tentativo e quando a mare agitava le mani ai medici diceva semplicemente: «Non mi prenderete mai» e questo non è un reato e se pure i sassi li avesse lanciati, stando a una settantina di metri dalla riva, non avrebbe mai raggiunto nessuno dei suoi persecutori. La distanza del mare tra lui e i medici è la sua libertà. Quando intravede la dott.ssa Di Matteo la riconosce come la responsabile di un suo precedente TSO, che significa tragedia e dramma, sa che può perdere la sua libertà e per questo non esce dall’acqua del mare. E quando esce spontaneamente dal mare – come testimonia la proprietaria del campeggio – è calmo, accetta di essere sedato, chiede di farsi una doccia e di bere un caffe e poi pronunzia quella frase terribile: «Non mi fate portare a Vallo perché lì mi uccidono».

Solo dopo che il sindaco ha ordinato il TSO vengono fatti i certificati, su un modello prestampato; dovevano essere visionati dal primo cittadino, invece ebbe solo la telefonata del tenente dei vigili che lo informava dell’avvenuta compilazione. Ribadisce che il sequestro di persona, privando un paziente della libertà, esiste, tanto più che i medici non consentirono ai familiari di visitarlo. La contenzione – continua – è la sconfitta della medicina, che il malato va trattato con calore umano, con la collaborazione della famiglia, con il dialogo, ma nessuno fa niente per aiutare Mastrogiovanni, anzi tutti si accaniscono contro di lui e la Di Matteo (laureata in medicina dello sport) gli fa la contenzione per punirlo perché per difendere la sua libertà l’avrebbe accolta con espressioni volgari e la punizione continua anche in ospedale perché era un uomo scomodo per le sue idee libertarie. Richiamata la legge 81/2008 sulla sicurezza, che come è emerso dalla fase dibattimentale, i medici ignoravano completamente, ricorda che la sorveglianza sanitaria, insieme agli atti dei medici, è finalizzata alla tutela e alla salute dei pazienti. Per la vicenda di Mastrogiovanni Telefono Viola è stato subissato di telefonate e conclude affermando: «Adesso è venuto il momento della Giustizia per restituire la dignità, calpestata dal personale sanitario dell’ospedale di Vallo della Lucania».

Infine l’avv. Anna Russo in rappresentanza del Comitato Iniziativa antipsichiatria ribadisce che tutti gli imputati hanno commesso reati, tanto più che Mastrogiovanni era stato affidato alle cure dello Stato e per questo gli imputati, funzionari dello Stato, sono maggiormente colpevoli, anche perché Mastrogiovanni era persona mite e dolce e mai avrebbe fatto male ad alcuno. Conclude: «Medici e infermieri erano tutti d’accordo e coscientemente e volontariamente legavano i pazienti, senza che nessuno si opponesse».

Nell’aula strapiena anche il silenzio e il dolore hanno parlato più delle parole. Oltre al perito legale dott. Adamo Maiese e al sostituto procuratore dr. Alfredo Greco, era presente solo un medico, il dott. Michele Della Pepa, e quattro infermieri, gli altri erano latitanti.

Il processo continua domani alle ore 10 con le arringhe degli avv. Michele Capano (Movimento Robin Hod e avvocati senza frontiere di Milano), Valentina Restaino (Unasam di Cagliari), Bartolo De Vita dell’Asl e forse cominceranno a parlare anche i difensori degli imputati.

Le udienze successive si terranno il 22 e 24 ottobre. Il 29 ottobre ci saranno le repliche e per il 30 ottobre il Presidente Dr.sa Elisabetta Garzo pronuncierà la sentenza.

(G. G.)

Il Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni

Vincenzo Serra, Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano

Per ulteriori informazioni, si può telefonare a

Vincenzo Serra, 0974.2662

Giuseppe Galzerano, 0974.62028

Giuseppe Tarallo, 0974.964030

www.giustiziaperfranco.it postmaster@giustiziaperfranco.it

N.B. L’arringa dell’avv. Caterina Mastrogiovanni è particolarmente avvincente e se ne propone la pubblicazione integrale.

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