“La possibilità di guarire dalla malattia mentale dipende molto dall’autostima e dal senso di potere personale” delle persone con disabilità psichiatrica. Su di loro, oltre allo “stigma esterno” dei pregiudizi della società, pesa l’auto-stigmatizzazione che avviene quando “le persone con malattia mentale arrivano ad avere di se stesse la stessa bassa considerazione che la società ha di loro”. Inoltre anche i comportamenti degli operatori dei servizi hanno un ruolo importante. Sono alcune delle riflessioni che Paola Carozza, direttore dell’Unità di riabilitazione psichiatrica del Dipartimento salute mentale dell’Ausl di Ravenna, intende presentare al convegno nazionale “Comunicare la salute mentale” sabato 5 dicembre nella città romagnola.

Carozza passa in rassegna stereotipi e pregiudizi diffusi: “Le persone con malattie mentali sono colpevoli della loro malattia”, “non hanno nulla da offrire e sono solo un peso per la società”, “sono pericolose, violente e imprevedibili”, “devono avere qualcuno che decida cosa sia meglio per loro”… Di fronte alla discriminazione, però, si registrano nelle persone con disagio due reazioni: “Mentre alcuni internalizzano il messaggio stigmatizzante e soffrono per la diminuita autostima ed efficacia, altri paradossalmente sono energizzati dagli stessi stereotipi e si sentono più efficaci se reagiscono ad essi con rabbiosa indignazione”. Quindi “il raggiungimento dell’obiettivo di guarigione può essere condizionato da una bassa autostima come anche dal suo opposto: un aumentato empowerment”.

Per questo è importante il ruolo e l’atteggiamento degli operatori dei servizi di salute mentale. “Anche all’interno dei servizi – osserva Carozza – è presente la tendenza a stigmatizzare le persone con malattia mentale, sminuendone le potenzialità”. Qualche esempio di comportamenti da evitare da parte degli operatori? “Espressioni offensive, vezzeggiativi impropri, messaggi demoralizzanti, linguaggio clinico deificante, violenze verbali, silenzio mortificante”. Buone pratiche, che manifestano rispetto e attribuiscono valore alla persona, sono invece “avvisare quando si arriva in ritardo; non comportarsi come una persona che detesta il suo lavoro; dedicare attenzione alle opinioni e alle insoddisfazioni degli utenti; gratificarli e non imporre loro le proprie idee; trattare gli utenti come persone e non come malati”. “Poiché il processo di guarigione – conclude Carozza – si fonda prima di tutto sull’autostima e sull’efficacia personale, queste strategie di comportamento, comunicando rispetto e attribuendo valore alla persona, indirettamente promuovono anche la ripresa dalla malattia mentale”. (lb)

tratto da: http://www.superabile.it (5 dicembre 2009)

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