Tutelare i diritti delle persone con disagio psichico e rispondere ai loro bisogni non è semplice, e non sempre Dipartimenti di salute mentale (Dsm), Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) e Centri di salute mentale (Csm) riescono pienamente nell’intento. È un quadro a luci e ombre quello emerso dal “Rapporto Audit civico nell’area della salute mentale: i cittadini valutano i servizi”, presentato a Roma e realizzato nel corso del 2009 da Cittadinanzattiva, in collaborazione con Astra-Zeneca, per mettere a fuoco le carenze delle strutture e dei servizi del territorio, evidenziando al tempo stesso le buone pratiche delle realtà più all’avanguardia. L’idea di realizzare un Audit civico, ovvero un’analisi dell’azione delle aziende sanitarie locali e ospedaliere promossa dalle organizzazioni civiche, parte dall’aumento vertiginoso di denunce relative all’area della salute mentale registrate negli ultimi anni dal Tribunale dei diritti del malato di Cittadinanzattiva, che raccoglie annualmente oltre 20mila segnalazioni di cittadini alle prese con i disservizi sanitari. Tali segnalazioni riguardano prevalentemente persone tra i 23 e i 53 anni. Il Rapporto esamina i Dipartimenti di salute mentale, i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura e i Centri di salute mentale di 6 Aziende sanitarie, di cui 4 Asl e 2 Aziende ospedaliere, tra Lombardia, Liguria, Veneto, Abruzzo e Campania.

 

 

I SERVIZI – Ebbene, dall’Audit civico emerge che i tre diversi livelli (Dsm, Spdc e Csm) non raggiungono mai gli stessi standard. Anzi, precisa il Rapporto, “in generale è evidente che, passando dal livello della decisione generale (Dsm) alla attuazione operativa (Csm), si registrano indici peggiorativi. Spesso – è il commento – è più facile decidere nella teoria che realizzare nella pratica”. Significativo a questo proposito il giudizio sulla sicurezza dei pazienti. Infatti, mentre i Dipartimenti di salute mentale e i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura registrano un giudizio buono, le prestazioni dei Centri di salute mentale, che erogano le attività di gestione ordinaria della malattia sul territorio, vengono considerate scadenti. Stessa discrepanza per l’informazione e comunicazione, che risulta discreta nei Dsm e nei Spdc e mediocre nei Centri. In questi ultimi, infatti, appare assai carente la presenza di opuscoli informativi sui diritti dei pazienti, sui servizi offerti e sui nomi degli operatori. Se si esaminano, invece, i rapporti con le famiglie emerge un giudizio mediocre sui Dsm e un giudizio discreto su Spdc e Csm. “In questo caso – si legge nel Rapporto – i servizi più operativi si mobilitano, anche in assenza di direttive, per migliorare la qualità dei rapporti con familiari e utenti”.

 

L’INSERIMENTO LAVORATIVO – Riguardo l’integrazione tra i diversi servizi per la salute mentale, si registra un buon raccordo soltanto tra quelli di tipo sanitario. Completamente diverso, invece, il rapporto con gli altri servizi. Lo afferma l’Audit civico sulla salute mentale presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva. Forme di collaborazione con la magistratura e le forze dell’ordine sono presenti solo nella metà dei servizi, in tutti e tre i livelli. Mentre sono assenti in tutti i Dipartimenti procedure scritte di collaborazione con i distretti scolastici, la medicina scolastica, il servizio materno infantile e con i consultori, e solo due Dsm dispongono di procedure di collaborazione con i servizi di assistenza ai disabili e agli anziani. Il Rapporto sottolinea, inoltre, che solo in due Centri e in due Dipartimenti esistono procedure scritte di collaborazione con il servizio di Neuropsichiatria infantile, e ciò “in aperta contraddizione con il generale riconoscimento del valore di prevenzione ed efficacia delle cure che questo collegamento potrebbe garantire”. Sostanzialmente positivo, invece, il giudizio sul comfort: ovunque esistono ambienti separati per i pasti, mentre nell’80% dei Servizi psichiatrici sono a disposizione parrucchiere e barbiere. Tuttavia – avverte il Rapporto – il 60% dei Servizi psichiatrici ha più di 15 posti letto, in difformità con la normativa di legge.

Tutti i Centri di salute mentale hanno attivato delle forme di collaborazione con le organizzazioni del volontariato e del privato sociale, ma non sempre sono state avviate iniziative volte ad affiancare ai pazienti gravi privi di aiuto familiare volontari o vicini di casa che accettino di agire come “familiari surrogati”. C’è ancora molto da fare anche per quanto riguarda la lotta allo stigma: solo un Dsm o un Csm su tre realizza, infatti, iniziative di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui problemi relativi alla salute mentale. Va ancora peggio, infine, con le attività finalizzate all’inserimento lavorativo: solo la metà dei Dipartimenti e il 40% dei Centri organizza incontri con i datori di lavoro della zona per valutare la possibilità di inserimento degli utenti. Le Aziende sanitarie coinvolte nell’Audit sono: Azienda ospedaliera Bolognini di Seriate (BG) e Ospedali riuniti di Bergamo, Asl 4 Chiavarese di Chiavari (GE), Ussl 13 Mirano di Dolo Mirano (VE), Asl Teramo e Asl NA3 Sud di Castellammare di Stabia (NA).

COME MIGLIORARE IL SERVIZIO – Rafforzare l’integrazione con gli altri servizi, rimuovere gli ostacoli all’accesso in caso di emergenza, eliminare il degrado nelle strutture. Queste solo alcune delle indicazioni emerse dal “Rapporto Audit civico nell’area della salute mentale: i cittadini valutano i servizi”, presentato questa mattina a Roma da Cittadinanzattiva. La prima necessità ravvisata dall’organizzazione che promuove, tra le altre cose, il Tribunale del malato è quella di mettere in rete, grazie all’impegno dei Dipartimenti di salute mentale (Dsm), servizi sociali, assistenza agli anziani, distretti scolastici, neuropsichiatria infantile e consultori, ma anche magistratura, forze dell’ordine e strutture penitenziarie del territorio. Un secondo punto riguarda poi il diritto di accesso ai servizi in ogni momento, rafforzando le misure per garantire interventi di urgenza e di emergenza 24 ore al giorno, ogni giorno dell’anno. A questo proposito, si legge nel Rapporto, appare necessario ampliare l’orario di apertura dei Centri di salute mentale (Csm) adeguandolo al bisogno reale della popolazione. Sulla base di un Audit civico più generale condotto su 99 Csm (vedi il rapporto completo nello speciale Documenti), emerge anche il bisogno di eliminare il degrado nelle strutture. Infatti, fatiscenza, scarsa manutenzione e trascuratezza restituiscono l’immagine di strutture obsolete e inaccettabili.

Tra le indicazioni di senso più generale, l’Audit mette in evidenza la necessità di valorizzare le buone pratiche, sanzionare chi viola i diritti umani, sviluppare le reti del mutuo aiuto, rafforzare la dimensione territoriale dei servizi e adottare la “Carta europea dei diritti del malato nei servizi di salute mentale”. In sostanza, si tratta di far conoscere e riprodurre le esperienze di successo che hanno coinvolto operatori, dirigenti e organizzazioni di familiari sul fronte della umanizzazione, sostenibilità e efficacia della cura. In molti casi, inoltre, è possibile assistere a chiari abusi dei diritti elementari della persona. In numerosi Servizi psichiatrici di diagnosi e cura – si legge nel Rapporto – le persone vengono legate, chiuse a chiave e sottoposte a un uso massiccio di psicofarmaci. Anche sottoporre le persone a Trattamento sanitario obbligatorio, quando questo non sia necessario, viene considerato inaccettabile.

Un ulteriore punto riguarda il mutuo aiuto, una realtà attiva in diversi territori ma che stenta a decollare in molti altri. Per Cittadinanzattiva, invece, si tratta di “una risorsa vera e propria del sistema di assistenza, che nelle forme più evolute diventa parte integrante dei sevizi stessi e garanzia di qualità e di umanizzazione delle cure”. Importante poi anche l’opera di prevenzione attraverso l’adeguato sviluppo di servizi territoriali ben integrati con la comunità e con gli altri servizi: secondo il Rapporto, infatti, questa misura potrebbe garantire la riduzione dei ricoveri nelle strutture ospedaliere. L’adozione della “Carta europea dei diritti del malato nei servizi di salute mentale” può rappresentare, infine, un punto di riferimento per operatori, utenti, familiari e associazioni.

 

(da Affari Italiani.it)

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