di Gian Luigi Bettoli
Nei giorni tra il 19 ed 21 aprile scorso è accaduto un avvenimento che credo lascerà una traccia duratura nelle politiche e nelle pratiche della Salute Mentale del nostro paese.
Si è costituito, nel corso della V conferenza della Rete Toscana Utenti Salute Mentale, riunitasi in forma allargata alle realtà di molte altre regioni, il Coordinamento Nazionale Utenti Salute Mentale, il cui documento fondativo è riprodotto in allegato.
Come è scritto nel documento, “è ormai matura l’esigenza di una rappresentanza nazionale autonoma degli utenti della salute mentale, capace di rappresentare chi vive in prima persona tali problematiche e le connesse esigenze di cura e costruzione di percorsi di inclusione sociale”. E’ evidente che gli utenti di questo settore dei servizi sociosanitari (costituendosi a fianco delle realtà degli operatori pubblici, delle cooperative sociali e dell’associazionismo, in primo luogo dei familiari) pongono un fondamentale problema di cittadinanza e di riorientamento delle priorità e metodiche per chiunque operi in tale direzione. Il centro dell’attenzione viene spostato sulle persone, i loro bisogni e desideri, rispetto all’attuale centralità delle cure, delle tecniche, delle priorità istituzionali.
Ho avuto la gradita occasione di partecipare, come “osservatore muto” in quanto cooperatore sociale all’evento, vivendolo dall’inizio alla fine in prima persona. Con una grande impressione personale. Non so come si rappresentino la maggioranza dei miei venticinque lettori una riunione – e per di più nazionale – di utenti del settore. Se posso riassumere con modeste insufficienti parole la mia impressione, credo che la maggior parte delle riunioni di équipes di operatori, delle associazioni, degli organi istituzionali pubblici, non riuscirebbero a competere in termini di tolleranza, pragmaticità, mancanza di pregiudizi, serietà e lucidità con le riunioni che si sono susseguite nella “tre giorni” fiorentina.
Durante la quale esperienze diverse, per impostazione e storia, hanno dato vita ad un processo di confronto e familiarizzazione, che ha portato dai primi contatti nella riunione “a porte chiuse” del 19 alle sedute plenarie dei giorni successivi ed alla entusiastica conclusione finale.
Anche il “setting” del confronto ha avuto aspetti particolari, che mi hanno ricordato momenti forti del passato. La collocazione residenziale dei partecipanti e la sede per i momenti di discussione preliminari in una casa forestale del Giogo di Scarperia, in un lembo di Mugello ormai affacciato come un balcone sulla pianura emiliano-romagnola; la vicinanza geografica ed umana con la Barbiana di don Lorenzo Milani, grazie alla mediazione del suo amico Giuseppe Pratesi, responsabile dell’Associazione Astolfo; la non sempre comoda vita comunitaria, ed i lunghi andirivieni da e per Firenze, ma anche i momenti culturali e d’incontro sociale, che sono serviti per sciogliere preoccupazioni e timidezze, superando ruoli precostituiti facendo le cose più diverse.
Mentre passeggiavo in mezzo alle nuvole che avvolgevano le cime appenniniche, in cerca magari di legname (fradicio) per alimentare un po’ di fuoco, incontrando gli scheletri di due caprioli divorati durante l’inverno dai lupi, oppure collaborando con le/i giovani organizzatrici/ori in cucina, non potevano non tornarmi in mente l’inverno dopo il terremoto in Irpinia o la non meno rigida primavera in un campo profughi erzegovese.
Come cooperatore sociale (uno dei pochissimi presenti, insieme ai lucani di Progetto Popolare, e questo non è un bel segno: pian piano sembra ci si stia appiattendo sul quotidiano, come i “vecchi” operatori pubblici nostri predecessori) non posso che rivelare come l’avvenimento – magari oggi ancora sottovalutato – non potrà che rivoluzionare il nostro mondo.
Ad esempio: quanto l’autonomia soggettiva dei pazienti rivoluzionerà la progettazione e gestione dei servizi? Quanto il protagonismo degli utenti metterà in discussione il modus operandi delle cooperative di inserimento lavorativo, in cui il loro ruolo è storicamente in declino?
Quanto il diffondersi delle cooperative (“A”) di autoaiuto composte di utenti contribuirà, insieme alla nuova direttiva europea sugli appalti, a far esplodere la dicotomia settoriale disegnata dalla legge 381? Per sostuirla con cosa, è ancora presto per individuarlo nei particolari.
Certo, oggi ci sono altre protagoniste e protagonisti con cui fare i
conti: il “parterre de roi” collettivo presentato dal neonato Coordinamento proprio oggi pomeriggio, al tavolo del convegno romano sulla Recovery, è stato solo un assaggio.
Ciao
Ps.: Purtroppo proprio poco dopo la costituzione del Coordinamento, moriva Remigio Raimondi, lo psichiatra che a Massa e Carrara diede inizio alla prima esperienza italiana di autoaiuto ed organizzazione autonoma degli utenti. Ricopio alcuni link per saperne di più su di lui, insieme al commosso ricordo dell’Associazione Amaap:
http://www.ordinedeimedicims.org/view_cont.php?sr=627
http://www.ordinedeimedicims.org/public/Lettura_al_termine_della_Messa.pdf