«A Terni la legge 180 non è ancora arrivata. Le quattromila persone che, nella fase acuta della malattia, sono costrette a ricoverarsi nel reparto psichiatrico che si trova dentro l’ospedale vivono in condizioni indegne».

Il blitz di Gianfranco Colasanti dell’Unmil durante l’inaugurazione del negozio che propone gli oggetti realizzati dai pazienti psichiatrici fa calare il gelo tra i presenti.

L’imbarazzo è palpabile. Il direttore generale dell’Asl4, Vincenzo Panella, tenta di spiegare che per il repartino «non è il caso di trovare soluzioni rabberciate». Aggiungendo che «presto la situazione si sbloccherà».

Alberto Antonini, direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl, ammette che «il trasferimento del reparto non è più rinviabile». E che «c’è un progetto pronto da tempo per dare una dignità alle persone che si ricoverano per problemi psichiatrici. Purtroppo -aggiunge con amarezza- queste patologie vengono trattate in modo diverso rispetto a qualsiasi altra malattia».

Il progetto per chiudere con una passato da dimenticare era stato annunciato in pompa magna nel febbraio scorso dalle direzioni dell’Ospedale e dell’Asl4. «Verranno effettuati i lavori di adeguamento strutturale della nuova sede del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura -dissero in coro- e tutto sarà pronto entro un anno. Il progetto -dissero i vertici di Asl e Ospedale- non è più rinviabile considerato che il reparto attualmente versa in una situazione di grave degrado».

In quei giorni, dopo l’ennesima denuncia dell’Unmil con tanto di fotografie che mostravano una sorta di prigione più che un reparto di degenza e che lasciarono tutti senza parole, l’assessore regionale alla sanità Maurizio Rosi non esitò a dire che «il repartino di Terni è la più grossa vergogna dell’Umbria».

Dopo nove mesi, quella vergogna è amara realtà con la quale i malati e i loro parenti sono costretti ancora oggi a fare i conti. Ieri la nuova denuncia. Con Gianfranco Colasanti che nel pomeriggio ha incontrato il direttore generale dell’azienda ospedaliera, Gianni Giovannini. «Mi ha assicurato che entro la prossima settimana, i locali scelti per trasferire il reparto saranno liberati. Ma i tempi sono lunghi perché pare che per questa operazione non c’è un euro».

Nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura si svolgono le attività terapeutiche intensive, di breve durata, a seguito di un ricovero volontario o di trattamento sanitario obbligatorio. Vengono trattati i disturbi psichiatrici in fase di acuzie, quando le patologie non sono curabili a livello domiciliare o ambulatoriale.

Uomini e donne messi insieme in un unico reparto, con un solo bagno da dividere e con le porte chiuse con le catene. Per Colasanti questa situazione va archiviata il prima possibile. Per i pazienti e per le persone che li vanno a trovare.

«Stavolta andrò fino in fondo, dice. Se entro dieci giorni non ci saranno novità sostanziali andrò dal Prefetto. Poi chiamerò i carabinieri del Nas per far chiudere quella struttura che lo stesso assessore Rosi ha definito la più grossa vergogna dell’Umbria».

tratto da: Il Messaggero 18/11/09

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