Considerazioni di Riccardo Ierna – “La vicenda della psichiatra uccisa a Bari riapre due vecchie questioni, quella della pericolosità sociale del “malato di mente” e quella del problema della sicurezza dei tecnici nei luoghi di “cura”. Sulla prima, quello che non si vuol capire è che un episodio del genere sarebbe potuto accadere in un qualsiasi luogo della città, perché esso non riguarda il problema della follia o della “devianza”, ma riguarda il problema di un’indigenza sociale, di una povertà delle risorse territoriali, di un impoverimento dei tessuti urbani che è lo specchio di una crisi drammatica dei luoghi del vivere quotidiano e conseguentemente degli “attori” di questo scenario sociale. Crisi della collettività sempre più rifugiata dietro le tapparelle di un individualismo esasperato, che lascia solo chiunque è fuori dal gioco della produttività. Sulla seconda io credo che la questione non stia tanto nel livello di sicurezza che si debba pretendere per gli operatori, perché se la sicurezza è il metro con cui misuriamo l’agire quotidiano nei servizi, significa che la paura e l’insicurezza sono le unità di misura di questa azione e di questi servizi . Una paura ed una insicurezza che fanno dell’imprevedibilità del gesto, del “folle gesto” gli unici riferimenti di un esercizio di controllo preventivo della “devianza” (cioè di ciò che è considerato “naturalmente” pericoloso). Fermo restando che ognuno di noi, in qualunque momento, può rimanere vittima della violenza dell’abbandono, dell’emarginazione, della tossicodipendenza, della perdita di un lavoro e del degrado sociale in cui ci troviamo, rimane il problema di definire questa indigenza per quella che è, senza coperture ideologiche. Senza che torni ad essere quell’oggetto “incomprensibilmente pericoloso” che ognuno di noi ripone nel cassetto ogni qualvolta accadono episodi di questo tipo. Con buona pace della nostra coscienza e dell’indignazione che proviamo di fronte alla perdita di una vita sacrificata sull’altare di quella stessa violenza che facciamo finta di non vedere e che ci riguarda tutti”.