Di Raffaele Barone e Maria Selene Tarascio
La cornice culturale e professionale alla base delle esperienze descritte e proposte nel libro Benessere mentale di comunità. Teorie e pratiche dialogiche e democratiche va rintracciata nel moderno concetto di medicina partecipativa, basata sull’idea che tutti noi, per il solo fatto di essere vivi, abbiamo risorse interne che ci permettono di apprendere, crescere, guarire e trasformarci.
Alle nostre risorse possiamo attingere in qualunque momento per ottimizzare la qualità di vita, sia da un punto di vista biologico sia dal punto di vista più interpersonale: dai microscopici livelli molecolari (geni, cromosomi, cellule) ai livelli superiori di organizzazione del corpo (tessuti, organi e sistemi, compresi il cervello e il sistema nervoso), passando per il livello psicologico (pensieri ed emozioni), fino ad arrivare a quello relazionale (la sfera sociale e culturale, che comprende le nostre relazioni con gli altri, con la società nel suo insieme, con l’ambiente e con il mondo naturale di cui siamo parte integrante).
Secondo la medicina partecipativa, la comunicazione fra pazienti e medici e/o operatore è fondamentale e solo se la comunicazione avviene in modo efficace e circolare, i primi saranno in grado di comprendere, tanto a fondo quando lo desiderano, ciò che i medici e/o operatore dicono loro, e consente ai pazienti di essere meglio compresi dai medici, in modo tale che i loro bisogni siano riconosciuti e rispettati.
Questo libro è dedicato a tutti gli operatori dei servizi di salute mentale pubblici, della cooperazione sociale, del privato e del volontariato che ogni giorno con coraggio, passione, impegno e dedizione si prendono cura dei pazienti e delle famiglie, nonostante le tante difficoltà esistenti.
Ed è anche un riconoscimento di gratitudine verso i pazienti e le loro famiglie che con coraggio, speranza e fiducia si rivolgono ai servizi di salute mentale presenti in tutto il territorio italiano, malgrado le tante criticità presenti.
La rete dei servizi territoriali di salute mentale sicuramente rappresenta un’eccellenza del sistema sanitario nazionale con notevole apprezzamento a livello internazionale. Le pratiche e le teorie presentate si ispirano al principio che tanto più ciascun professionista della salute mentale è in grado di connessione e di armonia con la propria mente e il proprio corpo, maggiore sarà la sua consapevolezza delle relazioni che si instaurano nel qui e ora.
In quanto se non si è in contatto con sé stessi, è molto difficile che i rapporti con gli altri siano soddisfacenti. La formazione continua è pianificata per fornire agli operatori e agli utenti un supporto strategico al fine di sviluppare la capacità di essere centrati su stessi e facilitare la piena soddisfazione e la sensibilità della relazione con sé stessi e con gli altri. Sono le relazioni umane compassionevoli, piene di completa apertura all’altro, disponibilità alla comprensione e accettazione che danno senso profondo della vita vissuta momento per momento e che possono aiutare gli operatori ad essere felici e sentirsi realizzati nel lavoro straordinario che svolgono prendendosi cura dell’altro.
Nei vari capitoli del libro vengono descritte le più attuali ed efficaci approcci di intervento, che negli anni hanno mostrato validità e risultati basati sull’evidenza. Nella prima parte “servizi di salute mentale democratici”, vengono descritti i moderni e innovativi orientamenti dei Servizi di salute mentale, secondo i modelli delle buone pratiche e degli approcci basati sull’evidenza, sul principio di democrazia e di recovery.
Nel capitolo 1 si delinea in dettaglio il concetto di servizio pensato e impostato democraticamente: l’utente fruitore del servizio non è concepito come semplice “consumatore”, ma come soggetto che partecipa attivamente al suo percorso di cura. In questo senso il termine recovery non può che essere affiancato a quello di democrazia. La recovery va al di là del concetto di ripresa, di recupero della salute; è intesa, come processo più ampio della mera guarigione. Il processo di recovery, e quindi i servizi recovery-oriented, indicano un percorso personale di crescita, di ricostruzione della propria immagine di sé, della propria vita, al di là della malattia.
Il capitolo 2 vuole fornire una descrizione sintetica delle motivazioni che hanno spinto gli autori e il curatore nello scegliere gli approcci utilizzati nella pratica clinica, evidenziandone i punti di forza e gli elementi di contiguità tra i vari strumenti. Tutti gli approcci saranno poi descritti nel dettaglio nella seconda parte del libro “Le cure dialogiche e democratiche”, costituita dai capitoli 3, 4, 5, 6 e 7.
Nel capitolo 3 viene descritto l’open dialogue, una metodologia d’intervento precoce (entro 24 ore dall’esordio della crisi psicotica) di un’équipe multi-professionale. Questo approccio è nato dal bisogno di ridurre al minimo le ospedalizzazioni e la cronicizzazione della patologia mentale. Nella pratica del “dialogo aperto” il paziente è concepito quale persona e il suo ambiente di vita e le sue relazioni sono parte integrante di esso. Il metodo vede infatti, il coinvolgimento attivo dell’intero nucleo familiari e di altri significativi, tutti coinvolti nel processo di malattia e dunque anche in quello di guarigione. Il dialogo è aperto, guidato dall’équipe che facilita e permette, attraverso un costante lavoro di rispecchiamento, condivisione e circolazione della comunicazione, la costruzione di un nuovo significato di malattia e un nuovo percorso di cura.
Allo stesso modo anche la psicoanalisi attraverso i gruppi di multi-familiari (GPMF), descritta nel capitolo 4, rappresenta la metodologia d’elezione per il trattamento delle patologie psicotiche, in qualunque fase di malattia. Anche in questo caso il contesto familiare è concepito quale luogo elettivo che permette di realizzare il processo di recovery.
Nel capitolo 5 vengono delineati i principi della comunità terapeutica democratica ispirata alla metodologia del Living Learning Experience (LLE). Nella comunità terapeutica democratica tutti i componenti della comunità, sia operatori sia utenti, danno il loro contributo nei processi decisionali, con dei confini gerarchici più sfumati e una maggiore informalità nelle relazioni. I punti di forza di tale impostazione è proprio quello di permettere un maggiore accettazione della propria condizione, una comunicazione più aperta e condivisa e un maggiore senso di responsabilità personale. La narrazione dell’esperienza è improntata a principi generali dell’antropologia culturale. Una metodologia sviluppata soprattutto nei paesi anglosassoni (ambito globale) e applicata in ambito locale, tenendo conto dei vincoli culturali e delle reti di connessione che unisce le persone nei luoghi di vita.
Queste metodologie vengono applicate nella pratica clinica e nei luoghi di cura in modo trasversale e parallelo: i capitoli 6 e 7 raccontano le esperienze realizzate dagli autori, all’interno del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) dell’azienda provinciale sanitaria di Catania e all’interno delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) di Caltagirone.
Entrambi i capitoli sono organizzati in modo da fornire una descrizione iniziale sulle caratteristiche generiche e specifiche del tipo di struttura, per poi dare ampio spazio alla narrazione delle esperienze cliniche realizzate negli anni.
Nella terza parte del volume “L’arte di far parte: inclusione sociale, lavoro e partecipazione”2, costituita interamente dal capitolo 8, vengono descritte le strategie utilizzate al fine di “riabilitare alla vita” la persona che ha affrontato la grave patologia mentale e reinserirla nel proprio contesto sociale. Attraverso la costruzione di uno spazio, denominato SILS (servizio di inclusione lavorativa e sociale) gli utenti hanno la possibilità di reinserirsi nel mercato del lavoro, tornare ad essere produttivi ed utilizzare la loro esperienza di “pazienti” per aiutare altre persone che stanno affrontando nel presente quello che questi “ex-pazienti” hanno affrontato prima. Queste persone vengono nominati “facilitatori sociali” e svolgono un ruolo fondamentale nel percorso di cura attraverso percorsi peer-to-peer. Inoltre vengono descritte altre metodologie utilizzate, tra cui: green care fattorie sociali, cooperative tipo b, budget di salute e progetti terapeutici individualizzati.
L’ultima parte, la quarta, intitolata “dalla formazione e ricerca alla progettualità innovativa” è costituita dai capitoli 9 e 10. Viene dato risalto al percorso formativo, sia degli operatori del settore sia degli utenti, come base per concepire e realizzare il percorso di trasformazione e la riconcettualizzazione dei nuovi servizi per la salute mentale.
Nell’ultimo capitolo vengono analizzati e commentati i dati raccolti attraverso la realizzazione di tutti gli interventi descritti in questo volume, con l’obiettivo di evidenziare i risultati raggiunti nell’ottica dell’efficacia basata sull’evidenza scientifica.
1 Comment
Pingback: Benessere mentale di comunità. Teorie e pratiche dialogiche e democratiche