unnameddi Lorenza Magliano

Nonostante le evidenze scientifiche dimostrino che le persone con schizofrenia abbiano spesso una storia di vita  densa di eventi traumatici e di avversità, le loro richieste di un sostegno psicologico – che le aiuti a dare un senso alla loro esperienza e a superarla – restano per lo più lettera morta.

La scarsa disponibilità di interventi non farmacologici per le persone con schizofrenia nei servizi di salute mentale, in Italia come  a livello internazionale, è in parte anche dovuta  alle convinzioni degli operatori riguardo alle persone con questi disturbi.

Imprevedibili, pericolose, affette da una malattia incurabile…sono i più comuni pregiudizi nei confronti di chi riceve una diagnosi di schizofrenia, nella gente comune come tra gli operatori della salute.

Convinzioni e pregiudizi che, associati a un’interpretazione della schizofrenia come una malattia su base quasi esclusivamente ereditaria, portano a discriminazioni nella vita affettiva sociale e lavorativa di queste persone.

In ambito sanitario, queste convinzioni portano a  centrare le cure sul controllo farmacologico di presunti comportamenti aggressivi – considerati alla stregua di una caratteristica della patologia – e su una quasi completa assenza di interventi psicologici di provata efficacia.

Come futuri operatori sanitari, gli studenti di psicologia rappresentano un gruppo importante sul quale lavorare con l’obiettivo di incrementare la disponibilità di interventi psicologici nei servizi di salute mentale.

Con lo scopo di ridurre nei futuri psicologi i pregiudizi relativi all’incurabilità e alla pericolosità attribuita alle persone con schizofrenia, nell’ambito del corso di Psichiatria per gli studenti delle  lauree magistrali di Psicologia Clinica e di Psicologia dei Contesti Istituzionali dell’Università degli studi della Campania (ex Seconda Università degli studi di Napoli, SUN), è stato attivato un intervento educativo sullo stigma e ne è stato misurato l’impatto sugli studenti.

L’intervento, inizialmente sviluppato da un gruppo di lavoro costituito da studenti di Medicina e Psicologia  coordinati da una docente, ha visto la partecipazione anche di persone che hanno attraversato o ancora attraversano l’esperienza del disturbo mentale  (per una descrizione dell’intervento iniziale si veda sul forum “storia confusa di una lezione” https://www.news-forumsalutementale.it/?s=storia+confusa+di+una+lezione ), in forma di audio e video testimonianza.

Per dimostrare l’efficacia dell’intervento e decidere se integrarlo pienamente nella formazione “di routine”, gli studenti di psicologia sono stati assegnati con procedura randomizzata a un gruppo sperimentale – che ha partecipato all’intervento educativo  –  o a un gruppo di controllo. Tutti i partecipanti sono stati valutati con un questionario al tempo zero e rivalutati un mese e mezzo dopo.

Rispetto alla valutazione iniziale, alla rivalutazione i 76 studenti che avevano seguito l’intervento educativo, consideravano con maggiore attenzione i fattori psicosociali tra le cause alla base dello sviluppo della schizofrenia e raccomandavano più spesso il coinvolgimento dello psicologo nell’equipe curante.

Inoltre, alla rivalutazione, questi studenti sono risultati più ottimisti rispetto alla possibilità di guarigione dalla schizofrenia, hanno dato più rilevanza alle cure psicologiche e farmacologiche in questo disturbo, e si sono detti meno convinti dell’imprevedibilità e pericolosità comunemente attribuita alle persone con questa diagnosi.

Nel gruppo di controllo, cioè negli studenti che non hanno ricevuto l’intervento educativo nel periodo dello studio, non si sono osservate differenze sostanziali tra la valutazione al tempo zero e la rivalutazione a un mese e mezzo.

Questo studio, pubblicato in un articolo sull’American Journal of Orthopsychiatry   (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26963178 )  conferma i risultati di un’esperienza analoga condotta con studenti di Medicina e Psicologia nel 2011 e 2012 e descritta in un articolo pubblicato su Psychiatry Research ( https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25004873 )

Queste esperienze – diventate parte integrante del corso di psichiatria per i nostri studenti di psicologia – dimostrano come sia possibile modificare le convinzioni dei futuri operatori sanitari sulla schizofrenia agendo sui percorsi di formazione universitaria. In particolare, mettendo insieme i risultati delle evidenze scientifiche e l’esperienza delle persone con disturbi mentali, si può contribuire alla crescita culturale di una generazione futura di operatori sanitari che, senza negare l’utilità degli interventi farmacologici, sappia sostenere i processi di guarigione anche utilizzando competenze psicologiche.

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