antonio_fortarezzaAl Presidente della Regione Puglia, All’assessore alla Salute e al Welfare, Al Direttore Generale dell’asl Fg, Alle associazioni per la tutela della salute mentale della Regione Puglia, Agli operatori dei servizi per la salute mentale della Regione Puglia, al Comitato consultivo misto

Il convegno “Guarire si può Il mondo della salute mentale: famiglie operatori e servizi a confronto”, tenutosi il 28 e 29 gennaio scorsi a cura di questa Consulta presso l’auditorium dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Foggia, costituisce un momento di verifica estremamente importante sullo stato dell’arte della tutela della salute mentale nella nostra provincia.

Sono intervenuti esperti nazionali e rappresentanti locali: tra i primi Beppe Dell’Acqua, collaboratore di Franco Basaglia, già direttore del DSM di Trieste, che ci ha illustrato come sia attuabile ovunque un’assistenza attenta ai bisogni delle persone e rispettosa della loro dignità; Angelo Righetti, esperto in salute mentale della OMS, che ha indicato nel Budget di salute individuale lo strumento cardine per far recuperare alla persona con disturbo psichico i suoi diritti di cittadinanza, una forma di investimento economico finalizzato al reinserimento socio-lavorativo della persona che porta a un “arricchimento” , non solo economico, dell’interessato, della sua famiglia e della comunità, non più gravate dal carico assistenziale.

A testimoniare dell’importanza dell’evento il numero dei partecipanti, circa trecento, ben oltre la capienza dell’auditorium, tra utenti, familiari, operatori sanitari e sociali, associazioni, “semplici” cittadini sensibili ai temi trattati.

Nel corso delle due giornate sono state raccolte anche firme a sostegno del ripristino delle somme regionali dedicate ad assegni di integrazione sociale (aveva ragione l’assessore Gentile, nel suo intervento, a ricusare il termine di sussidio): hanno firmato in 228 partecipanti all’evento.

Cosa ancora più importante, il convegno è servito a definire con precisione quali sono i nodi problematici che rischiano di affossare una tutela della salute mentale che voglia porsi in linea con tutti gli atti innovativi europei, nazionali e regionali emanati nell’ultimo decennio, che la facciano retrocedere nella nostra Regione addirittura a situazioni assistenziali pre-180.

Intanto l’esigenza ormai indifferibile di superare il modello ambulatoriale del CSM per arrivare a servizi aperti e funzionanti appieno per le 12 ore diurne e con risposta pronta alle emergenze notturne, finanziando la DGR n. 916 del 25 marzo 2010 per un effettivo loro potenziamento in termini di operatori delle diverse professionalità (non con i soli vigilantes, come dopo l’uccisione della dottoressa Labriola) e di risorse strutturali ed economiche.

Ciò non può non passare che attraverso una piena corrispondenza del territorio di riferimento del CSM con quello del Distretto Socio-sanitario: solo così sarà possibile – tra l’altro – superare la forte criticità operativa, ammessa anche dalla stessa Regione, conseguente alla carente integrazione tra sanitario e sociale.

Un indicatore diretto di questa disfunzione è rappresentato dal mancato utilizzo, nella nostra provincia quasi del tutto, dei fondi previsti nei piani sociali triennali per la salute mentale: è sembrato a tutti naturale concordare nella richiesta di un loro utilizzo, sperimentale per la nostra regione, per realizzare anche da noi il modello assistenziale centrato sul budget di salute.

È stato sollevato anche il problema dell’organizzazione della rete riabilitativa, nella nostra ASL tutta spostata verso le residenze h24 e con un carico della spesa (più dei 2/3 del totale) caratteristica dell’assistenza psichiatrica ai tempi del manicomio: l’esigenza emersa è quella di una residenzialità più leggera, di un circuito riabilitativo completo (comunità h24, comunità h12, gruppi appartamento, case per la vita invece che RSSA, queste ultime da monitorare come le altre per evitare forme nuove e subdole di istituzionalizzazione, centri diurni, percorsi di formazione e avviamento al lavoro tramite cooperative sociali di tipo B), con una visione comune polarizzata verso un reale percorso di guarigione.

Per quanto riguarda, più nello specifico, i centri diurni, vista l’esperienza di cogestione tra CSM e associazioni di familiari e utenti e cooperative sociali di tipo B già avviata a Manfredonia e a San Severo e in previsione di un’esperienza analoga che potrebbe essere avviata a breve anche nel capoluogo, è stata ravvisata la necessità di una regolamentazione di queste realtà e, soprattutto, di garantire loro risorse certe come per le altre strutture riabilitative gestite dal privato imprenditoriale.

A questo punto diventa necessaria anche una riformulazione del regolamento del DSM , peraltro rimasto finora in larga parte inattuato, in direzione di una partnership “istituzionale” DSM – Realtà associative no-profit a vari livelli: dalla concertazione sulle strategie dei piani triennali e quelli attuativi annuali alla valutazione della qualità dell’assistenza tramite équipe integrate presenti presso ogni struttura operativa, alla cogestione di attività come nelle citate esperienze di Manfredonia e San Severo, alla regolamentazione di una effettiva integrazione delle strutture riabilitative gestite dal privato imprenditoriale all’interno della programmazione e del controllo dipartimentale.

Ancora la necessità di stendere e rendere effettivamente operativi quei protocolli intradipartimentali e tra DSM e altri servizi sanitari e sociali ( protocolli CSM – SPDC, CSM – SNPIA, CSM – SPC, DSM – DDP, DSM servizi distrettuali, DSM – servizi ospedalieri, DSM – Servizi sociali comunali), peraltro già previsti dal Regolamento del DSM attualmente vigente (?), allo scopo di rendere i rapporti tra i vari servizi sollecitamente operativi nelle situazioni che prevedono necessariamente una collaborazione tra essi in favore dell’utente.

Va ribadita un’assistenza che si dichiari esplicitamente contro le varie forme di coercizione e di contenzione, fenomeni che evidenziano vuoti assistenziali non dovuti necessariamente a carenza di risorse, semmai di attenzione nei confronti della persona, presenti non solo in alcuni SPDC, ma anche nelle Geriatrie, nelle RSA e nelle RSSA (da cui il monitoraggio invocato prima).

Infine la richiesta delle famiglie di essere sollevate , anche attraverso l’adozione delle misure evidenziate in precedenza, almeno in parte, dalla gravosità assistenziale ai propri familiari portatori di disturbo psichico, nella fase attuale assunta da esse quasi per intero.

La richiesta di questa consulta è che la Regione Puglia avvii una riflessione sui nodi emersi nel corso del convegno e sui suggerimenti arrivati dalle diverse parti per un loro superamento e faccia un sforzo per formulare una nuova visione della tutela della salute mentale, dichiarandoci a disposizione per questo lavoro.

L’occasione anche per inviare copia delle firme della petizione sugli assegni di integrazione sociale e, limitatamente all’ASL FG, una proposta di modifica del Regolamento del DSM coerente con le considerazioni espresse in questa nota .

Foggia, 21 febbraio 2014

Claudia Cignarella

Presidente Della Consulta Salute Mentale Provincia Di Foggia

Via Leone XIII N. 181 – 71100 Foggia

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