[articolo uscito su HuffPost]
Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), quello a cui in altri, ma soprattutto in questo momento, stiamo tutti dicendo grazie, quello che sta assicurando salute e coesione nazionale oggi come sempre, ma oggi con maggiori evidenze, nasce nel 1978.
Reca la firma di una donna: la ministra Tina Anselmi. Fu un dibattito importante, quello per l’istituzione del SSN, seguito da una legge fondamentale per lo sviluppo umano, sociale e civile del nostro Paese. E il perché lo stiamo vedendo in questi giorni. Dobbiamo dire grazie a quanti si stanno adoperando negli ospedali e dobbiamo essere meno grati a coloro che negli ultimi anni hanno messo questa priorità della Repubblica (come anche quella della Scuola) un po’ in ombra, a favore di politiche di basso cabotaggio, inseguendo con quelle politiche un consenso illusorio per pressioni sociali particolari e di breve periodo. E allora cerchiamo di ricordare figure della nostra vita politica che sicuramente non hanno anteposto contrattazioni di parte e di breve periodo all’interesse generale. Una di queste è Tina Anselmi, alla quale nessuno di noi dovrebbe dimenticare di dire grazie.
L’attività di ministro di Tina Anselmi, già staffetta partigiana con il nome di Gabriella, è legata all’approvazione di alcune tra le più significative e importanti leggi sui temi che più hanno caratterizzato non solo la sua attività politica ma la storia del Paese, cioè questione sociale, salute, lavoro e questione femminile, e che ancora oggi sono argomento del dibattito pubblico.
Durante il suo ministero alla Sanità (1978-1979), vengono approvate tre leggi pilastro della nostra storia civile e collettiva, oltre la legge che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale (legge 833 del 1978), la riforma dell’assistenza psichiatrica (legge 180 del 1978, la Legge Basaglia) e la sua firma è presente sulla legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza del 1978 (Tina Anselmi, cattolicissima, appone la sua firma come ministro alla legge 194 sull’aborto, nonostante non l’avesse votata in Parlamento, per rimarcare il suo senso delle istituzioni e il rispetto della laicità dello Stato. Avercene). Certo vi era un clima sociale e politico favorevole, ma l’azione di Tina Anselmi fu decisiva in ciascuna di queste leggi.
Anselmi lavora molto durante tutta la sua vita per la questione femminile, molti lo dimenticano: nel 1975 presiede la delegazione italiana alla World Conference on Women promossa dall’ONU a Città del Messico e partecipa anche a quelle di Nairobi nel 1985 e di Pechino nel 1995. Libertà, diritti e uguaglianza sono i valori che Tina Anselmi persegue negli ambiti della società che più l’hanno vista in campo cioè lavoro e sociale. Queste lotte hanno tutte un denominatore comune, uno sfondo in cui si inseriscono: la questione femminile. A inizio 1977 Anselmi propone una legge poco nota ai più che si occupa degli ambiti della società per cui si è più impegnata nel corso della sua esperienza di vita, cioè condizione femminile e lavoro.
La legge 903/1977 sulla parità di trattamento del lavoro femminile e maschile viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 1977. La legge si propone attraverso delle indicazioni concrete e specifiche rimuovere gli ostacoli concreti che sbarrano la strada alla parità di trattamento: il costo maggiore del lavoro femminile che grava sui datori di lavoro – fatto che non può essere sconosciuto a chi, come lei, viene dal mondo del sindacato e si occupa di lavoro in parlamento – o l’idea per cui i compiti della donna e dell’uomo nella famiglia vadano distintamente ripartiti – questione in cui si imbatte chi riflette sul tema della famiglia. Una legge e un dibattito da ripercorrere e studiare ancora oggi, visto che tanta strada è ancora da percorrere.
Cattolica, democristiana, definita dai compagni di partito la Tina vagante per la sua indipendenza e imprevedibilità, Tina Anselmi ha sempre agito non secondo interesse di parte ma secondo le idee e il bene collettivo, secondo i principi di umanità, di libertà, di autodeterminazione, di salute di tutti e di diritti da allargare. Specie quelli delle donne.
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