di Peppe Dell’Acqua
Era il 6 settembre del 1971, mi ero laureato in giugno a Napoli, sono partito per Parma dove, nell’ospedale psichiatrico di Colorno, avrei incontrato Franco Basaglia.
L’ospedale psichiatrico di Colorno era tutto dentro il palazzo ducale di Maria Luigia di Borbone. I reparti uno dentro l’altro: veramente orrendo. Per andare da un posto all’altro bisognava farsi aprire e chiudere un numero smisurato di cancelli e porte. Sezione maschile e femminile e poi al solito tranquilli, agitati, osservazione. Il grande e bellissimo parco della duchessa era occupato in buona misura da un ippodromo. Alte reti dividevano un pezzetto di prato prospiciente i reparti del piano terra dal resto. In questo pezzo di prato le infermiere del reparto Chiarugi – tranquille donne avevano organizzato una bella colazione sull’erba invitando uomini e donne dagli altri reparti.
Franco Rotelli, uno dei giovani psichiatri del gruppo, si occupava di quel reparto. Di poco più vecchio di me, aveva già lavorato nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Era a Colorno, da poco meno di un anno. È arrivata una signora sui cinquant’anni, alta, robusta, una faccia larga da contadina, credo si chiamasse Attilia. Si è avvicinata a Rotelli e ha tirato fuori da un tascone della giacca una mezza stecca di Nazionali esportazioni lunghe con filtro, malamente incartate in un foglio di giornale. Silenziosa, imbarazzata, impacciatissima con le sue mani grandi ha cercato di posare il regalo nelle mani del dottore del suo reparto. Rotelli ha sorriso altrettanto impacciato, senza dire una parola ha preso le sigarette e le ha tenuto per un po’ le mani tra le sue. Poi ha continuato a stare vicino alla signora Attilia senza dire niente. Ancora un attimo e la signora ha raggiunto le altre.
Un altro mondo!
Mi resi conto della stupida e violenta gratuità che avevo vissuto nella clinica universitaria di Napoli. I corpi violati, esposti allo sguardo del professore. Mi resi conto del paternalismo, della supponenza e delle istrionerie dei medici e degli infermieri. Rotelli semplicemente manifestando la sua difficoltà dava valore al dono e al gesto di Attilia. Capisci in quei momenti qualcosa che ha a che fare con quello che stai cercando. Di sicuro avevo capito che in clinica non sarei più tornato.
Non posso parlare di Franco senza che queste immagini mi ritornino, come sempre è accaduto in questi cinquant’anni di lavoro. Non era facile lavorare con lui, visionario e inquieto ti costringeva ogni giorno a interrogarti. Non bisognava innamorarsi delle cose pure belle che facevamo. L’urgenza del cambiamento lo feriva fino a fargli male. Basaglia ci aveva lasciato. Immediatamente tutto il lavoro degli anni settanta si è rivelato come una profonda fortissima premessa. Un pensiero con radici robuste, visioni che riuscivamo appena a intravedere. Franco, temerario, ha accettato la scommessa. Bisognava rendere carne, quotidianità, quelle parole che di giorno in giorno dovevano diventare centri di salute mentale, cooperative sociali, associazioni, teatri, campi di calcio, aggregazioni di ogni genere e libertà palpabile per i malati prigionieri e per i prigionieri infermieri. Avere il coraggio di esplorare l’incognito. Nessuna esperienza al mondo ci sapeva indicare la strada. Franco, come nell’incontro con Attilia, ha sempre lavorato perchè tutti avessimo bene in mente la prepotenza e il potere che è nel mestiere delle psichiatrie, con gli psichiatri sempre più stupidamente gentili e inconsapevoli.
Una per tutte. Immaginare di restituire il parco di San Giovanni alla città. Sembrava ad alcuni amministratori che lasciare nell’abbandono il parco potesse significare la cancellazione di quanto in quel luogo era accaduto e che intanto viaggiava in ogni parte del mondo. E’ stato un percorso lungo e paziente mettere insieme il comune, l’università, l’azienda sanitaria, con la sola alleanza, in quel momento, della presidente della provincia.
San Giovanni ora è quello che chiamiamo impresa di salute mentale collettiva e di comunità. Riesco a trovare poche esperienze simili e durature come questa in giro per il mondo.