Cresce il numero di internati all’interno dei sei Ospedali psichiatrici giudiziari: dai 1.272 internati presenti nel novembre 2007 si è passati ai 1.460 del maggio 2010 fino ai 1.550 dell’aprile 2011. I dati sono stati forniti all’agenzia Redattore sociale dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Il numero di internati è aumentato malgrado un anno e mezzo fa sia stato assunto l’impegno da parte delle Regioni di dimettere circa 300 soggetti ritenuti non più “socialmente pericolosi”. “Le dimissioni dagli ospedali psichiatrici giudiziari sono aumentate, ma continuano ad entrare nuovi pazienti dall’esterno -conferma Antonino Calogero, direttore dell’opg di Castiglione delle Stiviere (Mantova)-. E’ come lavorare in un sistema idraulico in cui l’afflusso di acqua è superiore al deflusso”.

“A fine 2009 è stato fatto un elenco numerico di 300 pazienti dimissibili. Il nostro obiettivo era che le Regioni li dimettessero entro l’inizio del 2011 – spiega Santi Consolo, vice capo dipartimento del Dap -. Abbiamo chiesto ripetutamente alle Regioni i dati: li hanno promessi entro fine aprile”. L’obiettivo è quello si superare gli Ospedali psichiatrici giudiziari, così come sono oggi: “Sanitarizzare le strutture, per garantire un adeguato livello di cure agli internati – spiega Consolo -. E allo stesso tempo sostenere i progetti di dimissione validi che ci vengono presentati: stiamo lavorando con le Regioni affinché attuino strutture esterne di accoglienza per gli internati”.

Uno dei progetti più importanti finanziati dal Dipartimento (con i fondi della Cassa delle ammende) è “Luce e libertà”, che coinvolge una sessantina di internati dell’opg di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), uno degli istituti con maggiori presenze del Paese. “C’è uno stanziamento di quattro milioni di euro -spiega Consolo-. Fondi che permetteranno di accompagnare nella fase iniziale il progetto di dimissione di queste persone”. Gli ex internati, infatti, verranno progressivamente inseriti nel settore degli impianti fotovoltaici: attraverso il loro lavoro si garantiranno la possibilità di una vita autonoma nel proprio territorio d’origine.

(da Affaritaliani.it)

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