FRA I TANTI e sacrosanti attestati di solidarietà a Silvio Berlusconi nel suo letto di dolore, non ho visto neppure una nota compassionevole nei confronti della famiglia di Massimo Tartaglia, lo psicolabile che qualcuno ha già ribattezzato il «tentato killer della Madonnina». Rimedio oggi alla lacuna perché comprendo perfettamente l’angoscia e lo smarrimento del padre e della madre di Cesano Boscone che, da tanto tempo, sono costretti a fronteggiare, pressoché soli, la gravissima malattia del figlio e che, una domenica qualunque, davanti alla televisione scoprono che la loro tragedia privata ha sconvolto un Paese che mi ostino a credere migliore di quello che appare. Persone come tante, spesso anziane, che in solitudine, tra le mura domestiche, assistono, curano, arginano le difficoltà di figli sfortunati colpiti da un disagio psichico senza risposte e senza soluzioni: i familiari cercano di contenere le imprevedibili azioni che una mente sconvolta può improvvisamente attuare a rischio della loro stessa incolumità. Genitori che sono, molte volte, abbandonati da tutti gli altri: dalle strutture pubbliche spesso inesistenti e inefficienti, così come da amici e parenti che non riescono a convivere con la «diversità» o a comprenderla.

C’è una frase della signora Rosa, la zia di Tartaglia, che è un inequivocabile atto d’accusa a proposito del livello delle cure psichiatriche nel nostro Paese e delle carenze della sanità pubblica. La zia racconta che Massimo ha avvertito i primi sintomi a 18 anni e che, da allora, è sempre stato in cura. Per dieci anni è stato assistito da uno specialista privato, poi — mancando i soldi, perché c’era da pagare il mutuo per l’acquisto di un trilocale —, era stato seguito dall’Asl, salvo tornare, da qualche tempo, alle cure di una dottoressa in ambulatorio per una ragione molto semplice: era stato estinto il vecchio mutuo per la casa e la famiglia poteva sobbarcarsi di nuovo le spese mediche.

LA TRISTE storia di Massimo Tartaglia e dei suoi genitori è identica a quella di tante famiglie italiane che, spesso e volentieri, possono fare affidamento solo su servizi sanitari psichiatrici da Terzo Mondo perché lo Stato, da quando è entrata in vigore la legge Basaglia, ha finito per abbandonare al loro destino i malati e le loro famiglie. Uno Stato colpevole, perché non ha previsto efficienti strutture alternative o adeguate cure domiciliari: o hai la possibilità di farti assistere privatamente da persone disponibili ad affrontare le emergenze più imprevedibili, o ti affidi alla buona stella di qualche santo in paradiso.

Come succede solo in Italia, si costruiscono tante cattedrali nel deserto: si portano avanti giuste battaglie in difesa del malato (e, su questo fronte, a parole, solo a parole, la sinistra è sempre stata in prima linea), ma poi non si prevede l’assistenza adeguata per affrontare la nuova realtà. La domanda che oggi tutti si pongono è: quanti Tartaglia circolano per le strade e per le piazze d’Italia?

di Giancarlo Mazzuca

tratto da: http://quotidianonet.ilsole24ore.com/politica/2009/12/16/271711-quei_malati_mente_lasciati_troppo_soli.shtml

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