bivio

Di Giovanni Rossi.

Pensavo, assistendo al convegno “lo psichiatra e il paziente in cura” (Mantova 12 dicembre) che gli psichiatri sono come iconducenti di autobus. Ci sono quelli che se gli chiedi una indicazione ti mostrano il cartello con su scritto “vietato parlare al conducente” e ci sono quelli che ti aiutano dandoti indicazioni.

I primi si difendono dietro al cartello di divieto, i secondi aggiungono qualcosa al servizio di trasporto pubblico : le loro indicazioni ci accompagnano anche una volta scesi dall’autobus nel tratto di strada che faremo da soli. Da una parte la psichiatria difensivadall’altra quella di iniziativa.

Il confronto tra giuristi e psichiatri è ruotato attorno al tema dei “doveri” di chi opera in psichiatria.

E’ stato chiamato a coordinare il confronto Stefano Canestrari (Consiglio nazionale di bioetica, Università di Bologna) che immediatamente ha escluso che il ricorso alla contenzione meccanica debba essere incluso tra questi “doveri”. Si tratta, secondo Canestrari, di un tipico esempio di medicina difensiva.

Con la differenza, non irrilevante, che, se in altre discipline mediche essa comporta un surplus di Tac, in psichiatria determina la privazione della libertà personale.

Cioè di un diritto inviolabile, costituzionalmente definito (Dodaro, Università di Milano – Bicocca). Rappresentano violazioni di tale diritto le porte chiuse, le contenzioni meccaniche, le perquisizioni o la negazione dei colloqui. Purtroppo la diffusione di tale pratica nei servizi psichiatrici dimostra come non vi trovi ospitalità il senso civico che distingue una regola generale (la inviolabilità della libertà personale) con l’eccezione. Grazie a questa inversione di senso lo stato di necessità (e non il sequestro di persona) viene postulato per ogni persona legata. Dodaro sostiene che uno dei doveri fondamentali del medico sia quello di farsi promotore dei diritti fondamentali. La dignità, la libertà, la cura. Occore che gli operatori siano formati ad assolvere questo dovere.

Cornacchia (Università del Salento) ha chiarito che la cosidetta posizione di garanzia va collocata all’interno della legge 180, che ha separato la cura dalla custodia.

Per questo la posizione di garanzia si estrinseca nella presa in carico, escludendo compiti di ordine pubblico. Essa può anche essere definita come “doveri di sicurezza organizzativa nei luoghi di ricovero”, con ciò individuando un limite temporo-spaziale al suo esercizio durante il ricovero e la presa in carico.

Si è così arrivati alla questione centrale. L’organizzazione dei dipartimenti di salute mentale come principale fattore protettivo. In sostanza la buona organizzazione e la messa in atto delle buone pratiche nella dimensione giuridica assume la caratteristica di “comportamento lecito alternativo”. Alternativo a cosa? Evidentemente al dover commettere un reato costretti dallo stato di necessità. Con tutta evidenza tale “comportamento lecito alternativo” assolve pienamente al dovere di protezione proprio della posizione di garanza e nel contempo garantisce la libertà personale del “paziente in cura”.

Un repertorio di buone pratiche organizzative è stato proposto dai direttori di DSM. D’Anza (Pistoia), De Giorgi (Lecce), Fioritti(oggi direttore sanitario, Bologna). Quest’ultimo ha proposto cinque motivi professionali per non contenere che vorrei citare :

1 la contenzione è degradante per la persona che la subisce, ma anche per tutti gli altri che vi partecipano;

2 la salute fisica può subire danni, anche mortali

3 possono manifestarsi vere e proprie sindromi post traumatiche da stress

4 aumentano la violenza e gli incidenti nei reparti

5 compromette, a volte anche in maniera irreversibile, la relazione futura con il paziente.

Dal punto di vista professionale Fioritti sostiene che se è vero che vi è una relazione intrinseca tra psichiatria e coercizione è altrettanto vero che del tutto differente è legare una persona o farle percepire una certa obbligatorietà di quanto prescrittole.

Come direbbe un nostro ex paziente un conto è essere chiusi in reparto ed un conto è andare al bar “accompagnati da soli”, o come dicevamo nell’SPDC di Mantova meglio legami che legamenti.

Aggiungo io che il punto dirimente è costituito dal diritto di parola, di potere contrattuale che si riconosce all’altro.

Fioritti ha anche introdotto la questione del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari attraverso le residenze provvisorie per l’esecuzione della misura di sicurezza (rems) e non solo.

Nel caso emiliano la maggior parte degli accolti nelle strutture provvisorie di Bologna e Parma ha evidenziato modalità di relazione con gli operatori del tutto analoghe a quelle degli ospiti delle normali residenza psichiariche. Solo in tre casi si sono evidenziate situazioni problematiche, le stesse che sembrano mandare in crisi gli SPDC. Persone che presentano disabilità intellettive gravi o altre con intossicazione da sostanze.

Dunque, secondo Fioritti, l’inserimento nei DSM delle persone provenienti dall’OPG non sembra aver aggiunto problemi di natura differente a quelli proposti dalle situazioni complesse che già sono presenti.

A questo proposito D’Anza si è chiesto se non sia oramai maturo il superamento del doppio binario imputabilità/non imputabilitàe, dunque si debba mettere mano ad una riforma del codice penale per quanto riguarda la imputabilità, la pericolsità sociale, la misura di sicurezza.

Ma non esiste solo il codice penale.

In ambito civilistico c’è la necessità di rivedere l’art. 2047 che disciplina la responsabilità del danno causato da persona incapace di intendere e volere (Ferracuti).

Merita di essere ampliato l’istituto dell’amministratore di sostegno, come strumento più idoneo a graduare la cogenza del contratto di cura rispetto a quanto nn lo sia il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) (Fioritti).

Il tribunale civile è, infine, la sede presso cui chiedere di essere risarciti dalle organizzazioni sanitarie per i danni da contenzione (Dodaro).

Dunque se come afferma Canestrari “l’obbligo di cura rappresenta il primo dovere” e se il secondo è quello di essere promotore dei diritti fondamentali, come proposto da Dodaro, è sufficiente che il nostro psichiatra/conducente di autobus guidi la vettura, e faccia rispettare il divieto di parlargli, o gli si chiede qualcosa di più?

La risposta è venuta dal dibattito finale. Un cittadino, bizzarro nel suo eloquio. Una familiare che sa leggere le carte e va in giro a vedere i servizi che funzionano. La rappresentante delle Rete Utenti Lombardi (RUL) hanno ben chiarito quale sia la differenza ed il potenziale di efficacia che intercorre tra una psichiatria autoreferenziale, nostalgica del suo potere perduto, ed una che dà valore all’interlocuzione con quanti hanno esperienza e possono offrire indicazioni preziose circa i bisogni e l’organizzazione dei servizi.

Il convegno di Mantova ha rappresentato una buona tappa sulla via della campagna nazionale per l’abolizione della contenzione.

Ci ha detto che c’è una gerarchia tra i diritti, in cima ci sono la dignità, la libertà, la cura della persona.

C’è una gerarchia nei doveri degli operatori, al primo posto c’è il dovere di curare.

C’è una causa prevalente, che determina il ricorso alla contenzione fisica, spaziale, farmacologica. Essa risiede nella cultura/formazione/organizzazione dei servizi.

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