Il 13 e il 14 maggio si è svolto a Palazzo Valentini, nella sede della Provincia di Roma, il Congresso di Psichiatria Democratica. C’erano Padre Zanotelli, Staino, Maurizio Costanzo, Rosy Bindi, Niki Vendola. C’erano pazienti, come sempre nei Congressi di Psichiatria democratica e c’erano parenti, c’erano operatori di tutte le taglie e misure, in una simpatica confusione nata con Basaglia e mai più sepolta, per fortuna.

In questa colorata commistione annunciano l’intervento di Rosy Bindi, poi no. Capirà, lei, che deve aspettare, la presidenza del congresso si fida che capirà che prima parla la rappresentante della scuola, poi quella dei parenti. La Bindi aspetta, capisce. Quando prende la parola prima di tutto si rivolge ai presenti. “Io vi ringrazio per aver tenuto la posizione in questi anni, in modo eccellente”. La sala la ascolta in silenzio. La psichiatria democratica nata con Basaglia, quella che ha trasformato i malati di mente in compagni di viaggio per tutti noi, tiene una trincea sempre a rischio.

La Bindi ricorda come sia stato più facile chiudere i manicomi che creare strutture di assistenza territoriale per aiutare le famiglie e i malati stessi. Si domanda come abbia potuto, lo Stato, non obbligare le regioni a creare quelle strutture che dovevano consentire una vita civile ai malati di mente. Ricorda che il suo partito è sempre stato dalla parte della psichiatria democratica.

Ci ricorda come in questo momento, in cui il diverso è visto come una minaccia, anche la condivisione con i malati di mente è messa in forse da una legge presentata in Parlamento che vorrebbe ripristinare vecchi concetti di assistenza. L’Onorevole Bindi afferma che forse non ci sarà la forza politica per fermarla, ma che probabilmente non si troveranno i fondi, essendo una legge costosa, che prevede l’apertura di strutture di ricovero dei malati cronici, e quindi non sarà approvata.

Poi comincia a parlare di politica, la sua passione. “Niki ha ragione, dice, abbiamo perso, non dobbiamo avere paura di dirlo”. “Abbiamo perso e siamo diventati una minoranza”. Gli altri sono riusciti a chiudere questo paese in un manicomio fatto di paura, dove il diverso non è più una risorsa ma un pericolo continuo. Hanno parlato di sicurezza, come se il diverso fosse una minaccia da rinchiudere, da eliminare, da cacciare. Noi siamo una minoranza, ma resta il fatto, che dobbiamo sentire tutti che abbiamo ragione.

I valori che portiamo sono quelli della condivisione, della solidarietà, non dobbiamo temere di dire che abbiamo ragione, anche se siamo una minoranza. Dobbiamo opporci, ripete più volte, a questo manicomio della paura.

Una minoranza, però, se non entra in contatto con il mondo esterno, rischia di sparire. Dobbiamo muoverci, quindi, e parlare con gli altri, con chi può essere raggiunto da quello che diciamo.

La accoglie un applauso importante. Il discordo dell’Onorevole Bindi è piaciuto a molti, piace anche a me. Io credo che abbiamo bisogno dei nostri valori. Abbiamo bisogno di ricordarci chi siamo, della nostra capacità di stare dalla parte delle persone, dalla parte della giustizia, dalla parte della legalità (che non vuol dire che visto che dev’essere qualcun altro a occuparsi di un poveraccio, io lo lascio dov’è, perchè tutto deve funzionare, non ci posso mettere le pezze io).

Abbiamo perso, onorevole Bindi, è vero, ma non abbiamo perso noi stessi. Per perderci ci vuole altro. Ci perdiamo quando ci prendiamo gioco della donna straniera imbranata o sfrontata, quando ridiamo del bambino bocciato perchè “tanto non va da nessuna parte”, quando siamo cinici, bacchettoni, moralisti, privi di tensione ideale. Quando ci viene anche a noi da dire “tanto lo fanno tutti”. Quando non denunciamo per non perdere la faccia, per continuare a far parte del ‘gruppo’.

Quando dimentichiamo che il nostro ‘gruppo’ è il mondo intero. Quando ci dimentichiamo che un tempo un comunista, o anche un cattolico, visto che stiamo insieme e che ci chiamiamo amici, si riconoscevano da lontano. Qualcuno che arriva presto la mattina, che non si tira indietro di fronte al lavoro e di fronte alla solidarietà, qualcuno che ti è vicino nella lotta, ma anche nella fatica di tutti i giorni.

Qualcuno che non ha paura di perdere la faccia, o anche la vita, per quello in cui crede (Guido Rossa, Peppino Impastato, diverse lotte, diverse denunce).

Allora proviamo a raccontare agli altri perchè la paura è un manicomio, con sbarre e cancelli, che chiude fuori gli altri e dentro noi. Grazie, di questo paragone così importante e di averci ricordato che abbiamo ragione, Onorevole Bindi. Ne abbiamo tanto bisogno.

Grazie, Onorevole Bindi per averci ricordato che anche quando perdiamo, abbiamo ragione

(di Elisabetta Canitano per Vita di Donna)

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