di Giovanni Rossi.
Mariano Comense (Marian in dialetto brianzolo, pronuncia fonetica IPA: /maˈrjaaŋ/), è una città di 23.680 abitanti della provincia di Como in Lombardia. Importante centro industriale brianzolo, sorge al limite tra l’alta pianura e la collina comasca, tra il torrente Seveso e il fiume Lambro, a metà strada tra Como e Milano e nella parte settentrionale della Brianza, ed ha una superficie territoriale con un’altimetria che varia dai 252 m s.l.m. ai 331 m s.l.m.
Nel 1945 si svolse nei boschi tra Mariano Comense e Lentate sul Seveso la prima Festa de l’Unità, organizzata dal partito comunista italiano per finanziare il suo organo di stampa. A quella festa parteciparono 500.000 persone. Potete vedere la riproduzione di una copia del biglietto di partecipazione.
Ho tratto queste informazioni da wikipedia.
Perché mi interessa Mariano Comense?
Perché è notizia di qualche giorno fa (Il Giorno – vedi articolo) che in quella cittadina c’è grande allarme per l’arrivo nel locale ospedale di un “carcere psichiatrico”.
Scrive il cronista : ”con il centro città a un tiro di schioppo e la stazione ferroviaria a neppure duecento metri di distanza mette i brividi l’ipotesi, per ora solo ventilata, di realizzare una struttura riabilitativa psichiatrica giudiziaria all’interno del Felice Villa.
A difesa la proprietaria della struttura ovvero l’azienda ospedaliera S.Anna ribatte : “Dalla Regione ci hanno chiesto una disponibilità e noi abbiamo avanzato un’ipotesi….. Da escludere qualsiasi pericolo visto che la struttura sarebbe assolutamente chiusa».
Facciamo un passo indietro.
C’era una volta la commissione di indagine sul servizio sanitario nazionale, presieduta dal senatore Ignazio Marino. Andarono nei manicomi giudiziari, portandosi dietro una telecamera, e ne documentarono la schifezza. Ne sortì, all’unanimità, una legge che ne decretava la chiusura, affidando alle singole regioni la cura dei propri cittadini internati. Venivano prospettate due modalità. Per la stragrande maggioranza, non più pericolosi, andava organizzata la presa in carico da parte dei servizi sociali e sanitari di residenza. Per gli altri andavano costruite delle piccole residenze, massimo di 20 posti letto, con tutti i caratteri propri di una struttura riabilitativa, anche se dovevano essere garantite adeguate misure di sicurezza. Dato che le persone ivi accolte erano comunque in condizione detentiva.
Poi, con molti ritardi, e con il severo monito del Presidente Giorgio Napolitano, il progetto venne finanziato : 174 milioni di euro per gli anni 2012 e 2013 -di cui 32 milioni alla Regione Lombardia – per gli interventi strutturali e per la gestione. In deroga al blocco le Regioni vennero autorizzate ad assumere nuovi operatori. Un tesoretto, tutt’altro che insignificante, coi tempi che corrono per la sanità.
Un’occasione, in particolare, per quei piccoli ospedali che non avrebbero più ragione di restare aperti, ma che sono così cari alle popolazioni, perché significano, come i campanili per le chiese, la presenza di un luogo di cura. In particolare ne vanno fiere quelle popolazioni che sono state abituate a considerare come equivalenti sanità ed ospedale. In questo da sempre la Lombardia è stata maestra. In Lombardia non c’è e non viene percepita la sanità del territorio, solo ospedale, ospedale, ospedale.
Logico che le aziende ospedaliere – a proposito a quando una proposta di legge per deaziendalizzare la sanità pubblica? – ne approfittino per riconvertire strutture.
Il senatore Marino diceva a ciascuna ASL : “riprendetevi ed occupativi di quelle 2,3,5 persone, vostri concittadini, che sono nei manicomi giudiziari senza essere più pericolosi” e diceva alle Regioni :” realizzate una residenza che curi e riabiliti, da 20 letti al massimo, perché come sappiamo nella riabilitazione sono le piccole dimensioni a garantire la qualità delle relazioni ed a fare l’efficacia; se siete Regioni molto grandi fatene una per ogni area vasta”.
La regione Lombardia, ma non è l’unica, dice :”aziende ospedaliere, qui ci sono soldi freschi per strutture e personale, chi li vuole?” E così i muri tornano a farla da padroni. Muri invalicabili, sicurissimi. Struttura assolutamente chiusa. La popolazione deve essere rassicurata.
Ma come la legge non parla di strutture riabilitative? E non sanno i gestori di quella azienda sanitaria che non è possibile la riabilitazione in strutture assolutamente chiuse? Persino nell’ultimo ospedale psichiatrico giudiziario d’Italia, quello di Castiglione delle Stiviere hanno dovuto aprire una comunità per facilitare il reinserimento sociale degli internati. Perché è questo che la legge per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari si propone. Negli ultimi due anni da Castiglione delle Stiviere sono state dimesse circa 250 persone, molti lombardi. Dove sono? Chi se ne occupa?
Oggi il senatore Marino è diventato sindaco della capitale d’Italia, perché non si mette alla testa dei sindaci e va a vedere, glielo chiedo con sincera fiducia, dove sono i suoi concittadini dimessi dagli ospedali giudiziari? E perché non chiede che il tesoretto di cui sopra venga attribuito alle persone internate ed ai servizi sanitari e sociali delle città in cui risiedono? Sarebbero più di 150.000 euro per ogni internato in “carcere psichiatrico” come chiama “Il Giorno” la struttura che allarma Mariano Comense. Un bel tesoretto.
La parola di oggi è carcere psichiatrico
1 Comment
sono felice di sapere che il dott Rossi abbia avuto la forza di denunciare questo fenomeno, cosi frequente in lombardia, che vede la nascita di piccole strutture ghettizzanti nel territorio. grazie