parole21 marzo, ventunesimo giorno

Cosa ne faremo di tanta Bellezza? La formazione  alla  Salute mentale .

di Gennaro Pisano.

Ho partecipato, per la prima volta, all’incontro del Gennaio scorso del Forum Salute Mentale che si è tenuto a Firenze con la partecipazione di una nutrita rappresentanza del comitato Stop OPG, della C.G.L.I FP e di associazioni e gruppi di cittadini e familiari coinvolti nel multiforme mondo della salute mentale e di quella “malattia”, che Basaglia ci ha insegnato a mettere “ tra parentesi”.L’ho fatto per l’affinità e la simpatia per le battaglie portate avanti da quei signori seduti in cerchio in quel dopolavoro ferroviario, e perché non ne potevo più di partecipare ad asfittici simposi correlati agli ECM, su farmaci e nuovi mirabolanti ritrovati, sponsorizzati dalla major farmaceutica di turno, con tanto di guest star, magari della Scuola Pisana, di cui non finiremmo mai di dire bene. L’ho fatto per sentirmi meno solo e per respirare un’aria familiare, semplice e rilassata e ho partecipato con grandi aspettative ed emozioni: non sono stato deluso. Conoscevo molti dei partecipanti solo “virtualmente” dai social network. Ho immediatamente apprezzato l’intervento di Luigi Benevelli per la sua capacità di sollevare un problema centrale per il futuro del Forum. Dopo la lotta per la chiusura reale e non “ gattopardesca” degli O.P.G, sarà infatti vitale il tema dell’univocità e della condivisione del significato delle parole della Salute Mentale.  Le parole più interessanti che Luigi ha speso sono state appunto quelle sulla Formazione alla Salute Mentale. Mi sembra di aver compreso che egli proponesse un’offerta formativa nuova e alternativa ma sicuramente minoritaria rispetto all’inarrestabile deriva scientista e riduzionista delle Accademie. E qui mi è venuto in mente il brano di Palombella Rossa in cui Nanni Moretti grida a una sprovveduta giornalista : “ Ma come parla??? Come Parla?! Le parole sono importanti; chi parla male, pensa male e vive male.” E poi, nella medesima scena, caccia la malcapitata, con comica veemenza. “Le parole sono importanti”. Occorre ridare un significato univoco alle espressioni che si usano, un significato che viene da lontano, dalle lotte di Gorizia e poi di Trieste di Franco Basaglia, di Perugia e Colorno, di Nocera nel sud amato e martoriato di Sergio Piro. Occorre che i giovani, di cui sempre sentiamo parlare, prendano il testimone di Luigi, di Peppe, di Giovanna e di tanti amici e compagni che hanno contribuito a realizzare quella che Norberto Bobbio definì l’unica riforma italiana. La riforma dell’assistenza psichiatrica e successivamente di quella sanitaria, dando pieno compimento al dettato Costituzionale dell’articolo 32. Occorre che questi giovani, sia perché lo sono dal punto di vista anagrafico, sia perché sono impegnati da poco nei Dipartimenti, nei Centri di salute mentale o nei Servizi di diagnosi e cura o, semplicemente, perché si sentono giovani nello spirito e sentono il bisogno di confrontarsi, siano in grado di riconoscersi intorno alle stesse parole. Parole preziose, di una vera e propria grande Bellezza, che rappresentano un’eredità da non dimenticare e da far fruttare. Parole che vanno insegnate, vanno spiegate, vanno trasmesse. Gli aridi percorsi accademici della Medicina, della Psicologia, delle Scienze del Servizio Sociale, della Formazione e Infermieristiche tendono, nella migliore delle ipotesi, ad alterare, a falsificare, a scimiottare, a nasconderle o peggio a negarle nel loro valore scientifico, culturale, operativo. Il senso di quelle parole deve essere recuperato. Salute mentale non è Psichiatria, non è biologia, genetica, psicofarmacologia. O meglio non è solo questo. Salute mentale non è solo un test ben fatto e sempre più sofisticato o una tecnica riabilitativa moderna e testata con i migliori strumenti statistici. Salute mentale è contaminazione continua tra i saperi, è dubbio, è ricerca quotidiana della singolarità e della relazione, è rifiuto delle psichiatrie che vedono la malattia e mai la persona;  è un incrocio colorato e bellissimo di culture, di ricerche, di differentissimi contributi professionali; è l’impegno costante a comunicare, a impegnarsi per abbattere i muri del pregiudizio, del pessimismo secolare delle prospettive neopositiviste, dei poteri paludosi delle cattedre e delle poltrone. Dobbiamo riscoprire e insegnare parole come emancipazione, come rimonta, come guarigione. Agire per il reale godimento del diritto al lavoro, alla casa, alla sessualità e alla libera espressione delle idee e del dissenso. Dobbiamo dire che riabilitazione non è intrattenimento, non è abbandono, non è infantilizzazione; dobbiamo ritornare all’etica del rispetto e della disobbedienza: non possiamo più continuare a permettere che le persone che entrano in un S.P.D.C si ritrovino  in un girone infernale dove si viene perquisiti all’ingresso e si rischia di essere legati per giorni al letto di contenzione. Dove si è costretti ad essere sorvegliati dalle telecamere in nome di una sicurezza paranoica.

E’ necessario parlare di economia nella Salute Mentale, di budget di salute personalizzato, di C.S.M. aperti nelle 24 ore, di avviamento a lavori che abbiano una retribuzione non meramente simbolica ma che permettano un reale recupero della cittadinanza.

Tutto questo deve essere insegnato dai più anziani, da quelli delle lotte per la 180, da quelli che hanno negli occhi le immagini dei manicomi e nelle narici l’odore nauseabondo dei cameroni del manicomio.

L’altro intervento, conseguente completamento alle parole di Luigi Benevelli, è stato quello di Fabrizio Starace. Il prof. (perché ha insegnato nella mia Scuola di Specializzazione), ha avanzato l’ipotesi di creare percorsi formativi post-doc; giornate periodiche di aggiornamento in cui questi temi vengano affrontati, discussi e diffusi, anche con la possibilità di attribuire degli ECM facilitandone la frequenza per le varie figure “ psi”. Ho apprezzando anche l’ipotesi di un Master in Salute Mentale da svolgersi in affiancamento e/o dopo le Scuole di Specializzazione.

Il tema della Formazione può apparire lontano dalla tensione della lotta per la chiusura degli O.P.G.,  ma anche quando il primo aprile, tutti saranno affidati ai servizi o lasciati liberi, o quando saranno pronti quei minimanicomi criminali, architettonicamente perfetti magari con i fiori sui balconi e con qualche bagno più pulito, la cultura della pericolosità sociale continuerà ad agire e a dettare i comportamenti di magistrati di sorveglianza e psichiatri organici. Anche quando la legge 81/2014 comincerà a fare i suoi primi passi l’idea difficile da sradicare del nesso inscindibile tra follia e crimine, durerà nelle menti delle persone alimentato da illustri accademici e giornalisti dell’orrore. In una società in cui sempre di più si mettono in atto meccanismi di esclusione nei confronti di tutto ciò che è diverso, giocando sulle paure più ataviche, in una società dove i migranti possono morire a migliaia nel mare di Lampedusa, in questa babele di grida e di assenza di pensiero critico dove le etichette valgono più dell’umanità, la vera terza rivoluzione, auspicata da Eugenio Borgna, sta in gran parte nella Formazione di nuove leve che da una posizione minoritaria ma ardente, combattano per le buone pratiche, contro la disumanità della contenzione meccanica e chimica, contro il pessimismo della Clinica, contro il Potere autoreferenziale. Io non digiuno solo per la chiusura degli O.P.G., ma anche perché  Marco Cavallo si goda il meritato riposo nel parco di S. Giovanni di Trieste, magari ascoltando radio Fragola; io digiuno per il ritorno di parole importanti che facciano risuonare l’eco  di Franco Basaglia; io digiuno perché il Forum sia tutto questo, e lo ripeterò a Pistoia. Io digiuno perché la lotta non finisca il 31 marzo ma perché, follemente, credo che si possa far vivere le culture, le pratiche e la tensione ideale degli anni dell’inizio.  Io digiuno per togliermi il peso del pessimismo di una psichiatria che non sopporto più. Io digiuno pecche’ se non possiamo pensare diversamente , je so’ pazzo.

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